Rugo e il suo “Affondo”: quando l’unica difesa è l’attacco
L’11 maggio 2021 esce “Affondo”: un vero e proprio incontro/scontro con Rugo. Un album che ha il sapore di un passo a due, in cui chi ascolta si muove sul tempo di chi canta e ne segue i passi, le pause e le rincorse verso una meta unica e al tempo stesso sempre diversa: un “tu”, una seconda persona singolare cangiante dietro il cui misterioso volto si nascondono le vicende più disparate.
Nell’album, Rugo assume contemporaneamente le vesti di narratore e protagonista: nel raccontare le sue storie, ogni volta torna ad immergersi all’interno di ogni singolo ricordo e intrattiene un dialogo a tu per tu con chi ha vissuto con lui quell’esperienza. Il risultato finale è un insieme di frammenti che, pur distanti nel tempo, si scoprono parte di un unico grande mosaico in cui appare chiaro e nitido il volto di Rugo: viaggiatore, combattente e, infine, cantante.
“Affondo” è una ventata di pop italiano che arriva al momento giusto, un album che sa di primavera e che sembra quasi riconciliare la durezza del periodo appena trascorso con la morbida vitalità che pian piano sta iniziando a farsi strada in questi mesi. Che storia c’è dietro i suoni del disco?
Non essendo un tecnico del suono ho sempre cercato di descriverlo, il suono, attraverso immagini reali o immaginarie. Si può dire che in studio applico il percorso inverso rispetto a quello che vorrei fosse il risultato: l’evocazione di immagini attraverso i suoni. Il sound del disco è stato lavorato da Andrea Pachetti al 360°MusicFactory. Alla mia volontà di esprimere leggerezza e al contempo creare muri di suono è stata aggiunto l’aspetto cristallino: suoni ben definiti e puliti si mescolano per creare atmosfere che riescono però a non allontanarsi dall’onestà di tutto l’album.
Il titolo dell’album rimanda alla disciplina della scherma, il cui nome deriva da Skirmjan che significa proteggere, coprire. Un’azione legata al concetto dell’uso della spada non come strumento per colpire, ma per difendersi. “Affondo” è un attacco o una difesa?
“Affondo” è entrambi. È attacco e al contempo una richiesta di aiuto. Volendo essere precisi non si parla mai di difesa ma solo di attaccare e subire un attacco esterno. Anche in scherma qualche volta quello che risulta una difesa in realtà fa parte dello studio dell’avversario: ricercare l’attacco esterno per capire come contrattaccare. Senza dubbio la difesa esiste, ma forse in “Affondo” l’unica difesa è l’attacco.
Un’azione che, in un caso o nell’altro, implica necessariamente una controparte. Ogni brano dell’album, infatti, è sempre una conversazione a due. Chi si nasconde dietro questi tanti “tu”?
Dietro ai “tu” di “Affondo” non si nasconde una persona unica. Anzi, certe volte non si nasconde nemmeno una persona reale, ma solo immaginata. Le situazioni descritte non sono sempre autobiografiche e spesso, quando lo sono, si presentano stravolte e non come sono realmente accadute. Alla fine quel “tu” potresti essere anche tu! Nella vita può succedere di tutto ma penso che alcune sensazioni, alcuni avvenimenti, ci possano accomunare.
Ogni interlocutore porta con sé anche tutta una storia. Ci racconti quella di “Formiche”?
“Formiche” è stata scritta per la persona che abitava prima di me nella casa in cui abito adesso. Prima di andarsene era stata additata come completamente pazza perché diceva di vedere formiche in tutta la casa: se le vedeva anche addosso e si strappava i vestiti. Appena mi sono trasferito qua, la prima cosa che ho dovuto affrontare è stata la quantità disumana di formiche nascoste dietro la cucina. “Formiche” quindi non è altro che il mio modo di chiedere scusa a questa persona per non averle creduto.
“Giada un po’”, invece, è una finestra sulla realtà di chi decide di trasferirsi in un’altra città per vivere una vita migliore. Ma migliore vuol dire anche più felice?
Sì, migliore vuol dire più felice, perché alla fine non importa cosa fai, l’importante è essere felici e soprattutto in pace con se stessi. Questo però non succede quasi mai. Siamo sempre alla ricerca di qualcosa che possa renderci felici e per questo ci spingiamo lontano, non solo con il corpo ma anche con la mente. Questo eterno girovagare può essere la felicità, sicuramente, ma certe volte riflette solo un male di vivere. È importante inseguire i propri sogni, ma lo è altrettanto pretendere di portarli a sé. E poi in tutto questo c’è da considerare il fatto che quello che per me è una priorità può non esserlo per le altre persone. Ci vuole molto coraggio.
A proposito delle seconde persone dell’album, c’è una canzone in cui più che a un altro parli a te stesso? O delle parole che avresti voluto sentirti dire piuttosto che rivolgerle a un’altra persona.
Avrei voluto sentirmi dire tante cose, ma non parlo agli altri per sentirmele dire. Quello che parte da una persona non dovrebbe essere la conseguenza di quello che ci sentiamo dire. È come un regalo: non si fa per riceverne un altro indietro ma solo perché si pensa che sia giusto regalarlo.
“Affondo” è anche il risultato di diversi anni di lavoro. Qual è stato il cambiamento più grande rispetto all’idea di partenza?
“Affondo” riassume anni pieni di cambiamenti, trasferimenti, amicizie, contatti. Tutti avvenuti però per piccoli passi. Alla fine del lavoro il cambiamento più grande è stata la modalità di espressione, forse più diretta e chiara rispetto a quella che era in partenza, ma non è stato certamente un cambio radicale.
E tu come sei cambiato?
Io sono sicuramente cambiato, non saprei dire se in meglio o in peggio. Non mi sono mai soffermato a pensarci ma ho preso tutto come un’urgenza momentanea di espressione. In un determinato momento penso una determinata cosa, esprimendola in un determinato modo, non torno indietro a rielaborare il concetto perché sarebbe come falsificare le carte in gioco. A cose fatte posso solo prendere atto di quello che è successo.
Foto in copertina Alice Lorenzi
Annachiara Piscitelli
Linguista creativa, danzatrice maldestra, viaggiatrice incallita alla costante ricerca della Bellezza. Sono devota all'antica arte del comunicare, etimologicamente "rendere comune", perché la voce di ognuno di noi risuona in un'eco più grande.