Bruno Lauzi: “poeta fungaiolo” e artista anticonformista
All’età di 63 anni si definì “cantante, compositore, autore di testi, cabarettista, poeta e gran cercatore di funghi”. Bruno Lauzi fu tutto questo, ed altro ancora. Lui, la sua altezza, i baffi e la fedelissima chitarra classica.
Nacque nel 1937 in Eritrea e crebbe a Genova, città che amò e alla quale dedicò parole bellissime.
Laureando in Giurisprudenza, fu folgorato dagli chansonnier francesi che tracciarono la strada al suo stile artistico. Tra i suoi poeti preferiti c’erano Ezra Pound e Federico Garcìa Lorca. Partecipò una sola volta a Sanremo, nel 1965, ma senza riscontri. Disse poi: «Il successo è meritarsi un Oscar senza neanche fare l’attore cinematografico».
Ritenuto tra i fondatori della “scuola genovese”, precisò: «La cosiddetta “scuola genovese” dei cantautori non esiste né è mai esistita. Una scuola prevede maestri e allievi, e nessuno di noi fece da maestro né fu allievo. Anzi, raramente si trovò un tale gruppo di vicini di casa più diversi tra loro: anche se tutti inconsciamente tesi, all’insaputa l’uno dell’altro, a dare una spallata alle belle certezze degli autori delle canzoni allora di moda, confondendo le idee che già erano poche e confuse, ai discografici».
A tal proposito, bisogna ricordare il concerto memorabile – inserito ne “I lunedì del Sistina”, a Roma, organizzati dal 1969 per dieci anni grazie all’impresario Franco Fontana – intitolato L’unica volta insieme, che lo vide sul palcoscenico, nel maggio del ’78, assieme agli amici Umberto Bindi, Gino Paoli, Sergio Endrigo.
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Scrisse moltissimo: poesie, prose e canzoni.
Incise, dal 1965 al 1992, quasi un album all’anno. Successivamente, sino alla sua morte, avvenuta nel 2006, pubblicò altri lavori re-incidendo vecchi successi. Tra questi si ricordano Il manuale del piccolo esploratore e Nostaljazz con musicisti d’eccezione provenienti dal mondo del jazz – sua grande passione, oltre al cinema, che coltivò sin dall’adolescenza assieme a Luigi Tenco, compagno di banco al ginnasio. Omaggiò il jazz con il disco Back to Jazz del 1986.
Tra le sue canzoni più belle ci sono: Il poeta, Ritornerai, Se tu sapessi, Amore caro, amore bello, Vicoli, Canzone d’amore, Gente, L’ufficio in riva al mare, I due amanti in automobile, e quelle per i bambini, musicate da Pippo Caruso, come le celebri La tartaruga e Johnny Bassotto. Disse: «Le mie canzoni sono tristi, portano al suicidio. Nei miei spettacoli dico sempre che scrivo canzoni tristi, perché quando sono allegro, esco».
Artista controcorrente, politicamente liberale, “di centro”, dichiarò: «Gli artisti, nella maggior parte dei casi, sono dei servi. Credono di essere liberi, ma non sono abbastanza furbi da mettersi sempre con il vento in poppa, d’altra parte hanno bisogno del mecenate». Lauzi rifiutò un’esibizione alla Festa de l’Unità chiedendo all’organizzatore della serata di occuparsi prima della liberazione dai gulag degli artisti sovietici lì imprigionati; inoltre, scrisse Arrivano i cinesi, canzone ironica su Mao Zedong e nel 1977 incise Io canterò politico, un’invettiva contro i cantautori politicizzati di sinistra definiti “I miei finti colleghi che fan rivoluzioni seduti sopra a pacchi di autentici milioni”.
Ebbe come amici, tra gli altri, Enzo Tortora e Franco Battiato; riscosse apprezzamenti anche da Gabriel Garcìa Marquez.
All’inizio della carriera, tra Milano e Varese, conobbe i Gufi, Jannacci, gli amici del “Derby” e avviò una collaborazione letteraria con lo scrittore Piero Chiara. Fondò anche una casa discografica, la “Pincopallo”. Trascorse la sua vita sentimentale a fianco di Giovanna Coprani che sposò nel ’68 e con la quale ebbe un figlio, Maurizio.
Lauzi scrisse importanti canzoni per altri artisti come: Piccolo uomo e Almeno tu nell’universo per Mia Martini, Dettagli e L’appuntamento per Ornella Vanoni, Io e la musica con l’amico Bindi, e altre canzoni (con e) per Mina, Marcella Bella, Orietta Berti, Anna Identici, Mino Reitano, Pino Donaggio, I Nomadi, Viola Valentino, Bennato, Gaber, Reverberi, Calabrese.
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Pur essendo un grande autore, non disdegnò mai di interpretare brani scritti da altri, incidendone personali versioni: Onda su onda e Genova per noi di Paolo Conte, E penso a te, Amore caro amore bello e L’aquila di Battisti-Mogol, Naviganti di Ivano Fossati, Angeli di Lucio Dalla.
Ma oggi cosa manca alla società di un artista come Bruno Lauzi? Tutto. L’umiltà, la capacità di mettersi in gioco, l’ironia, l’anticonformismo, la passione, la cultura, la lungimiranza, la poesia, lo stile. Disse: «Il problema di un artista non è essere moderno, ma essere eterno». Lui ci è riuscito alla grande e noi gliene saremo per sempre grati.
Francesco Saverio Mongelli
Classe 1997. Autore di canzoni, poesie, saggi, articoli e racconti. Musicista e scacchista, appassionato anche di antimafia, attualità, giornalismo, arte e cinema.