Quest’anno, la tre giorni del Poplar Festival sembrava proprio non essere partita sotto i migliori auspici. L’inclemente maltempo di giovedì 16 settembre ha infatti costretto gli organizzatori a sospendere per poi annullare definitivamente la prima serata. Quella che, fra gli altri, avrebbe visto calcare il palco gli attesissimi Iosonouncane e Tutti Fenomeni.
Questo primo, grande momento difficile non ha di certo gettato la famiglia del festival nello sconforto. Trovare la motivazione nella sfida e oltre la sfida è stato per Poplar, anche in quest’occasione, un punto di forza. Forza che, di fatto, la sottoscritta è stata costretta a fare propria: una seria slogatura alla caviglia rischiava infatti di impedire non soltanto la mia presenza al festival ma anche l’uscita di questo pezzo, che vi avevamo promesso.
Messa in archivio la serata di giovedì, la bomba tanto auspicata si è infine accesa venerdì.
La polvere da sparo dei Toolbar, la miccia di Memento e la deflagrazione di Emma Nolde hanno infatti aperto la strada al vortice di Ginevra e al dolce e sognante spettacolo de La Rappresentante di Lista. Senza dimenticare tutto il programma culturale pomeridiano: un mix incredibile di socialità curiosa, scambio intellettuale e nuovi legami. Quest’anno il focus si è incentrato non soltanto sulle più attuali questioni socio-politiche (Afghanistan in primis) ma anche sulla parità di genere e sulla sostenibilità ambientale, con ospiti legati anche al mondo della musica (Giovanni Truppi, Maurizio Carucci), in un clima di profonda commistione di linguaggi.
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Nella serata sold-out di sabato, infine, Deepho e La Famille hanno preparato terreno fertile al gran ritorno di una ruggente Margherita Vicario, preceduta dalla purezza futurista dei BNKR44. Un futuro che si respirava anche durante tutta la performance dell’ultimo artista per ordine di esibizione: Venerus e quella sua “Magica musica” che meglio di tutte poteva chiudere la tre giorni di “Meraviglioso rumore” che è stato Poplar.
Proprio con Venerus siamo riusciti a scambiare due chiacchiere: ecco che cosa ci ha raccontato.
Partiamo dal tuo ultimo album. “Magica musica” richiama un po’ già dal titolo “Magical Mystery Tour” dei Beatles e le atmosfere sicuramente psichedeliche di quel lavoro e del precedente, “Sgt. Pepper’s”. Quanto i Beatles stessi e parte di quella psichedelia ha influenzato il tuo disco.
I Beatles a mio avviso sono un punto di non ritorno nella storia della musica (e non solo, forse della cultura in generale). Non essere influenzati da loro è praticamente impossibile. Il titolo delinea più un mio percorso personale invece.
Prendendo una canzone, “Brazil“, anche qui il titolo è rivelatore e ci desta una curiosità: c’è qualche collegamento all’omonimo film di Terry Gilliam (1985)?
Sì, il titolo di questo brano richiama esplicitamente il film di Gilliam, ma anche la mia passione sfrenata per la musica brasiliana.
La musica che fai è incredibilmente fluida e questo ti ha permesso di portare avanti le collaborazioni più svariate: puoi dirci il nome di tre artisti del passato con cui ti sarebbe piaciuto collaborare?
Frank Zappa, Archie Shepp, George Harrison.
Se il tuo disco fosse uno stato d’animo quale sarebbe?
Il trasporto, inteso anche come sospensione del dovere.
Lo slogan di Poplar quest’anno è “Meraviglioso rumore”, qual è allora il rumore più meraviglioso della tua vita?
Il feedback della mia chitarra. E poi i suoni cangianti del mondo, che ci girano attorno inarrestabili.
Immagine in copertina di: Alessandra Mangia
Monica Malfatti
Beatlemaniac di nascita e deandreiana d'adozione, osservo le cose e amo le parole: scritte, dette, cantate. Laureata in Filosofia e linguaggi della modernità a Trento, ho spaziato nell'incredibile mondo del lavoro precario per alcuni anni: da commessa di libreria a maestra elementare, passando per il magico impiego di segretaria presso un'agenzia di voli in parapendio (sport che ho pure praticato, fino alla rottura del crociato). Ora scrivo a tempo pieno, ma anche a tempo perso.