“Romantica”: non è banale l’amore nel nuovo album di Mèsa
Uno spazio vuoto, uno spazio bianco. Questo è quello che resta quando una storia ti attraversa e poi racconta un finale diverso da quello che ti aspettavi. Romantica è il nuovo album di Mèsa, cantautrice romana che, sin dal primo ascolto, fa della narrazione qualcosa di diretto, pieno. Otto tracce che parlano d’amore. Di nuovo l’amore nel pop? Sì, ma stavolta c’è qualcosa di più.
La malinconia ha una vestibilità dolcissima, è versatile e si adatta a tutti i cuori.
Mèsa prende la malinconia e la canta, romantica, in otto diversi brani che raccontano un amore come un prisma. Hai mille spigoli, facce da cui sentirlo dentro. Il cantautorato pop non è nuovo all’amore, ma l’amore diventa nuovo nel pop di questa cantautrice: una donna si riprende la narrazione e la scompone, la ricompone, le dà un immaginario diverso. Una notte in cui tutt* fuori dormono, le coperte arrivano fino ai capelli e i ricordi si mischiano.
Mèsa, in Romantica, racconta d’amore senza lasciare indietro nessuna ferita, ma non distrugge le emozioni. Lei le amplifica e le modella, in maniera da rendere l’ascolto un po’ meno un lamento, un po’ più coscienza che parla. Arrabbiata, poi stanca, sofferente, poi arrabbiata di nuovo. Banale mai.
Ci sono brani più ritmati, in cui i riff rimandano a immaginari onirici; escono fuori anche brani molto più pop, con un ritornello conturbante che ti ritrovi a cantare sotto la doccia per tutta la settimana. “Quindi adesso comportati bene, non mi scrivere su whatsapp”: ecco l’esempio, dritto dal brano Romantica, che dà il nome all’album.
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Continuando tra le tracce, sono tutti diversi i colori della malinconia: c’è la certezza di rivedersi e di perdersi, ancora, tra le parole di Irene. C’è la distanza, quella che rende gli amori impossibili agli occhi di tutti, eppure “quanto ci metto a fare un biglietto e volare da te?”(800 km).
Ma l’amore è anche confusione, pensieri contorti, “una giungla dentro la testa” come Mèsa canta in Animale. Dalla testa la confusione arriva sempre allo Stomaco, quello stomaco che “ti vede sempre, prima dei miei occhi”.
L’amore che canta Mèsa in Romantica non finisce soltanto con il racconto delle emozioni di pancia, ma anche delle emozioni che digerisci dopo, che ritrovi nel ricordo di quello che è stato. Allora ti chiedi: c’ero solo io o c’eri anche tu (o voi)? “Io me ne accorgo, tu no”, canta Mèsa in Luccica.
Se un amore finisce, Mèsa non può che cantarne anche la fine vista da lontano.
“Ti guardo negli occhi dal mio cellulare”, perché Un posto esiste ma non è nella vita di chi c’era prima. Così tutto si chiude con la coscienza di dover lasciar andare, buttare via “anche il mio cuore” come ascoltiamo in In greco antico.
Non bastano mai le parole sommarie a dare l’idea di cosa un disco esprima, non bastano i caratteri che ho a disposizione per rendere giustizia a questo disco. Mèsa è una cantautrice realista, una voce che rimanda a sfumature estatiche (un po’ come quando premiamo play sui Baustelle o Erica Mou) senza scadere in racconti già sentiti. Perché è una donna e di donne che raccontano i sentimenti nelle canzoni, nelle poesie, nell’arte tutta ne abbiamo sempre più bisogno. Non per parità, non per distinzione, ma per rappresentazione.
La rappresentazione di Mèsa è diretta e cupa: cupa come quando spegni le luci artificiali, ti metti a letto e decidi di lasciarti andare a chi magari ha cantato anche qualcosa di te.
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Virginia Ciambriello
24 anni, nella vita mi perdo tra le strade di Bologna e scrivo tutto il giorno. "Chitarra e voce" sono le mie parole preferite.