Tropico, nel primo album la musica e il rumore del mare vanno di pari passo
Se il suono della musica e il rumore del mare si fondono e diventano tutt’uno, non può che risultare armonia.
Il greco Euripide, nei propri scritti, sosteneva che il mare fosse un mezzo di talassoterapia per il benessere dell’anima. Seguendo la sua linea, c’è chi sostiene di sentirsi a casa in ogni mare, tant’è che l’ha scelto anche come luogo per la “première” del primo album, creando una commistione tra musicoterapia e talassoterapia. È nativo e innamorato di Napoli, si chiama Davide Petrella, ora in arte Tropico. Ha fatto ascoltare il suo primo album su un caicco in pieno mare giovedì 23 Settembre dove una grande luce rossa “Non esiste amore a Napoli” illuminava protagonista il Golfo di Napoli.
Non si tratta di Liberato, nemmeno di un trapper napoletano, ma di versi d’amore che raccontano sentimenti e hanno come sfondo la nota città partenopea per una musica preziosa.
Mi hanno detto che la bellezza non la puoi toccare/Certe volte sogno il mare e altre di volare
NEAAN = Non esiste amore a Napoli
NEAAN, che è l’acronimo del titolo nonché la seconda traccia del disco, è il primo album di Tropico (uscito il 24 settembre per Island Records insieme al singolo Geniale). Parole eleganti su una musica armoniosa, a tratti anche wavy che hanno lasciato spazio anche a collaborazioni con compagni come Calcutta, Franco126, Coez e Elisa. Questo non è però il primo lavoro musicale di Petrella.
Davide ha un passato da compositore, per dirne una “Logico” di Cremonini, “Fenomenale” di Gianna Nannini. Nella prima vita è stato invece un front man di una band ed è da lì che ha fatto subito capire di che pasta fosse fatto!
Quando Facebook era già diventato mainstream e Instagram ancora non troppo in voga, Twitter era la piazza per interagire con gente famosa. Io seguivo un sacco il profilo di Cesare Cremonini e un giorno mi fermai su un tweet che proponeva un gruppo di Napoli trovato su Myspace il cui leader sarebbe diventato il Tropico di NEAAN.
Si chiamavano Le Strisce: non erano conosciuti da tanti ma avevano dei bei pezzi che portarono anche all’Arteria di Bologna. Quella sera, in quel locale sotto ai portici, anche Cesare si presentò tra i fan e ne uscì un’invasione di campo meglio conosciuta come live featuring in “Ci pensi mai”, “Are You ok” e “Fare il cantante”.
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A me la figura “polimusicale” di Petrella ha sempre incuriosito, tant’è che appena è uscito l’album, ho colto la palla al balzo per farmi raccontare un po’ quest’ultimo progetto e cosa ha in mente.
Ciao Tropico, ci presenti un po’ il tuo nuovo progetto?
Certamente, la composizione di questo disco è durata 3 anni. Avevo bisogno di un’altra canzone e di scrivere per me stesso. È un album che parla di sentimenti, ma è un progetto più grande di un semplice disco; è un tutt’uno con le grafiche d’arte di Vittoria Piscitelli, anche i video saranno dei cortometraggi artistici. Insomma, sono maturato e so quello di cui voglio parlare. Ci vogliamo divertire. Ci siamo scelti e ci vogliamo confrontare con i grandi.
Nella copertina del tuo disco, ci sei tu e c’è una ragazza con gli occhi coperti, cosa rappresenta?
Sta a significare questa nuova ondata di canzoni: sulle relazioni, sull’amore e sul bisogno di empatia. La figura femminile la preferisco a tante altre simbologie. È una figura ricorrente nelle mie canzoni. Credo mi sia utile averla anche visivamente e penso che sia tutto inglobato con ciò che sto facendo, con i video d’arte per esempio. Tendo a preferire figure femminili varie e sfumate perché non voglio che ci sia un’unica protagonista del racconto, ma più di una, sulle quali si possa riconoscere chiunque.
Nel tuo disco parli della realtà libera e pura dei sentimenti e dici che ha attraversato 3 vite: fa riferimento ai 3 stadi della tua carriera “Le Strisce”, “Petrella” e “Tropico” oppure ti riferisci a qualcos’altro?
In realtà un po’ a quello, sì. Ho suonato prima in tante band, poi ero cantante nome e cognome, ora sono Tropico. In ogni disco c’è una vita e mezzo e vien da sé che la situazione e le circostanze siano diverse. Qua con Tropico sono a casa mia e posso fare la differenza, prima mi sentivo avere un campo più ristretto.
E il nome Tropico da dov’è che l’hai preso?
È il frutto di una gag della mia vita. Spesso mi capita di prendere decisioni per dei fatti accaduti. In questo caso fa riferimento al mio massimo musicale che è John Lennon. Mi è capitato di ascoltare canzoni di John Lennon in una situazione di vita strana, per esempio in un viaggio a Cuba. Stava passando in un momento improbabile e l’ho interpretato come un segno. C’erano dei “bancarielli”, come diciamo noi a Napoli, con il “Tropico del Cancro” uno dei miei libri preferiti e l’ho preso come un grande segnale, oltre alle tante simbologie napoletane ovviamente…
Nell’album ci sono molti featuring. L’Attribuzione delle canzoni è venuta casuale o c’è stato un motivo dietro la scelta del binomio canzone-artista?
No, non c’era alcun motivo. Io sono molto geloso delle canzoni. Ho molta difficoltà nel condividere i miei pezzi, ma il mio lavoro di autore mi ha aperto la testa. Diventa un momento speciale se c’è stima tra gli artisti. In questo caso, le canzoni erano mirate per farle ascoltare a quell’artista e chiedergli di fare un feat. Era il momento giusto per condividere canzoni in featuring.
Quanto alla collaborazione con Cesare, com’è nata?
È nato tutto molto tempo fa, siamo amici da prima di collaborare. Mi scrisse quando avevo Le Strisce, ci beccò su MySpace e ci disse che gli piacevano i pezzi . Ci venne a trovare a Milano dove registrammo il primo disco de Le Strisce. Quando suonò al citofono non mi aspettavo fosse lui. Da lì ci siamo presi bene, diventati amici a prescindere dalla collaborazione, andati ai suoi concerti e qualche anno dopo abbiamo intrapreso a collaborare.
Ci sono delle canzoni che avete scritto insieme a cui sei maggiormente attaccato?
“Logico”, perché è la prima. Ero a Bologna, mi fece sentire questo giro di piano e in un pomeriggio la scrivemmo. Ho inoltre “Poetica” a cui sono molto legato che è in effetti uno dei pezzi belli scritti insieme.
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Ci sono delle zone di Napoli che ti hanno ispirato maggiormente?
Io sono innamorato di Napoli, dal centro storico, ai quartieri di merda, ai posti turistici. Penso che Napoli sia il centro del mondo per tanti fattori che mi emozionano. È una città unica per chi vuole fare arte e musica.
Se devo dirti una situazione… scelgo il mare, non il mare di Napoli, ma il mare legato alla città, il mio mare, quello della costiera, quello dei napoletani. Da ragazzino a mare non ci andavo tanto, poi ho iniziato a fare una vita talmente incasinata, piena, con dei ritmi serrati che quando posso mi riconcilio al mare. È una condizione mentale; l’unica cosa che mi fa non scrivere e mi ricarica. Quanto alla follia della barca di Napoli, ho voluto farla perché volevo una cartolina per ricordarmi l’uscita de sto disco che per me son 3 anni di vita. In futuro sono sicuro che guarderò quell’angolo di mare e penserò che io ero lì a festeggiare.
C’è un Fil rouge tra NEAAN e Vieni a Vivere a Napoli?
No, in “Vieni a vivere a Napoli” ero un ragazzino e l’appiglio alla scrittura era totalmente diversa. NEAAN è un’altra storia. Non è che lo sfondo è lo stesso, in tante canzoni in cui non c’è nel titolo Napoli, per esempio, c’è comunque Napoli.
In che parte dell’universo musicale ti collochi?
Mmm… Sono annoiato dalla visione algoritmica della musica. Ora si ascolta la musica per esigenze, che sono due: o rap o indie. Io non credo appartenere ad alcuno dei due. Mi reputo uno che fa musica ed è avvilente per gli artisti essere catalogati in un genere piuttosto che un altro. Ce ne fossero 1000!?! Quanto al disco, non so cosa aspettarmi. Credo nella canzone, non nel genere. Spero almeno di avere il supporto e di essere libero di fare musica come mi pare il più tempo possibile. Poi sì, indubbiamente, spero che la gente apprezzi, per me la musica è della gente.
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Claudia Verini
Sinologa e Musicista. Made in Umbria, ma vivo altrove. Lavoro nella moda, ma solo con la radio in sottofondo. Devo avere ogni giorno qualcosa da raccontare, tant'è che mi piace viaggiare fisicamente e mentalmente. La Sinestesia è la mia figura retorica preferita.