Dedalo e Icaro, come narra Ovidio nelle sue “Metamorfosi” (I sec. d.C), costruirono ali di cera per volare, ma pagarono con la vita l’aver preteso di superare i limiti umani. L’infallibilità è, infatti, una concretezza difficile da accettare, non solo nella mitologia ma anche nella realtà. Mobrici ci ricorda però che “Anche le scimmie cadono dagli alberi” (Maciste Dischi) e l’imperfezione umana non è poi così male.
Matteo è un cantautore lombardo di quelli veri e propri, quelli che cantano le proprie canzoni suggerendo emozioni e stati d’animo che nascono dalla propria dimensione che sia reale o onirica, come nel brano Anna Meraviglia. Ha da poco intrapreso un nuovo percorso da solista e “Anche le scimmie cadono dagli alberi”, massima presa in prestito dalla cultura giapponese, dà il titolo al suo primo album, uscito a Novembre. Lo ricorderete sicuramente: stiamo parlando dell’ex front man dei Canova, gruppo indie pop italiano attivo fino al 2020.
Io sono un cantautore /
Vivo nel dolore, ai margini della città
Mobrici è un cantastorie, nel senso più etimologico del termine.
Osserva ai margini della città e descrive ciò che vede, mette a nudo i propri sentimenti e ci parla di ciò che vive, in totale stile pop. Non è facile riuscirci così bene in un paese come il nostro in cui la definizione di cantautore porta spesso dietro il peso dei grandi del passato. Infatti, essere associati al cantautorato vuol dire sempre fare ricorso a una tradizione ben precisa. È vero, il confronto è inevitabile e spesso perderlo è facile, ma Mobrici ha colto bene la lezione dei predecessori avvicinandosi all’identikit di artista “avant” e poète maudit. Sono per questo convinta che se anche voi del “Non è più la musica di una volta” ascoltaste i brani del suo album, includereste anche lui nella vostra intoccabile playlist denominata Cantautorato Italiano.
Un mesetto fa poco dopo l’uscita dell’album, c’ho fatto una chiacchierata da cui poi ne è nata un’intervista che racchiude quasi tutto quello che avrei voluto chiedergli. Prima di leggerla perdetevi però qualche minuto nelle note di Povero cuore e servitevene come cura per l’anima.
Ciao Mobrici, come stai? Dai tuoi primi live nel 2017 direi che è cambiato un bel po’. Che direzione vuoi dare a questo progetto?
Ciao a te, sto bene grazie e spero stia bene pure tu. Sono molto felice di questo album che è appena uscito, è il primo, cioè il nuovo primo.
Ha degli elementi che sanno proprio di primo disco, per esempio la varietà e diversità tra i brani. Ho iniziato a scrivere canzoni a 15 anni, e il mio primo live è stato a 12 suonando la batteria in una band. Poi di cose ne sono successe tante, quasi 10 anni con i Canova e adesso sono ritornato da solo, con le mie canzoni. La verità è che io penso solo a provare a scrivere bei brani, di tutto il contesto esterno mi preoccupo molto poco.
È il tuo primo album da solista, che inizia con la traccia Cantautore. Come ti sei avvicinato alla musica? Se non sbaglio volevi fare il calciatore… Poi boom, cambio. Hai avuto un’influenza specifica o un disco che ti ha fatto cambiare idea?
Si, verso gli 8/9 anni l’idea era di diventare un calciatore, forte ovviamente. Alex del Piero era il mio mito, quindi volevo arrivare a giocare con lui. Purtroppo mia madre mi concesse un solo allenamento in una scuola calcio, perché poi mi venne una brutta febbre e mi fece ritirare.
La mia carriera calcistica è durata un’ora e mezza. Dopodiché stando in casa la musica è venuta a cercarmi e mi ha trovato.
Quando ho scoperto Lucio Battisti e i Beatles non mi ci sono allontanato mai più. Avevo 10/11 anni ma avevo già capito, con l’arroganza di un bambino, che la musica avrebbe fatto seriamente parte della mia vita. Quindi ho iniziato a studiare batteria, poi mi regalarono una chitarra, ho iniziato a giocare con le parole, le melodie e sono nate le prime canzoni. E poi siamo arrivati qua a Mobrici.
Per te la musica è espressione del tuo io. Cosa intendi quando dici di portare la musica oltre gli stereotipi?
Un cantautore non è altro che uno che canta le canzoni che scrive. Non è per forza una figura del passato, avvolta dalla polvere e dagli strumenti “classici”. Mi sono interrogato su cosa debba fare un cantautore nel 2021, e come farlo specialmente. Che avrebbero fatto oggi i Battisti, Gaetano, De Andrè? Boh non lo sappiamo. Probabilmente avrebbero fatto comunque cose belle anche se in chiave diversa.
Nei tuoi pezzi, riporti momenti o sensazioni della tua vita. Dici che cerchi soluzioni e di capire la vita attraverso le canzoni. C’è una canzone, anche dei Canova, a cui sei legato perché ti è servita per rileggere la tua vita o la tua situazione in un modo migliore?
Ogni canzone mi ha aiutato. Probabilmente Vita Sociale è un pezzo che ha fatto svoltare tutto. Non tanto da un punto di vista pubblico, di quando uscì, ma quando l’ho scritta proprio, ho sentito di aver fatto un passo avanti come autore di canzoni. Mi sono lasciato andare, il “vorrei morire” non era semplice da scrivere e da far sentire ai tuoi amici. Mi ha sbloccato in un certo senso, da quel giorno avrei potuto scrivere di qualsiasi cosa e così è stato.
Non cerco le canzoni, sono loro che cercano me
Il cantautorato di cui parli, ritieni che sia totalmente diverso dai grandi o possa avvicinarcisi? Quale canzone dei grandi avresti voluto scrivere?
I cantautori di oggi hanno la fortuna di avere dei grandi maestri alle spalle. Sai, molti dicono “tutto è già stato detto” ma io non penso sia vero. Il punto di vista è un importante elemento da considerare. Come vedo io l’amore, la vita, la sofferenza, è personale e quindi è un nuovo punto di vista. Da quanti secoli si è scritto della vita, della morte, dell’amore ecc? Sono dei tempi troppi ampi, ognuno può dire la sua, a proprio modo, e tutto questo diventa nuovo. Canzoni di altri che avrei voluto scrivere, mmh tantissime ovviamente.
Oggi ti dico Mi sono innamorato di te di Luigi Tenco.
Parli quasi sempre di amore, ritieni che il cantautore possa avere anche una responsabilità sociale nell’influenzare su altri temi sociali? Di cosa tratteresti e come divulgheresti il tuo messaggio?
Io credo di scrivere della vita in generale, ovvio che l’amore sia un argomento abbastanza centrico, ma perché a me interessa capire.
Sulla tua domanda bisogna comprendere quello che ci importa fare, se l’influencer di politici o cosmetici oppure se provare a raccontare la vita così com’è, sorvolando in alto, come se non appartenessimo a nessuna epoca storica. Io quello che penso lo dico sempre quando c’è occasione e mi viene chiesto ma non mi aspetto di convincere nessuno. Cambiare idea poi è fondamentale per evolversi, quindi nell’esporsi a caso su certi temi, sarebbe facile cadere nell’incoerenza.
La title track è un antico proverbio giapponese. Che rapporto hai con la cultura asiatica?
Non la conosco così tanto in verità. Mi sta incuriosendo in questi ultimi mesi, ma non ho capito se mi interessa approfondire o no.
Per adesso gli ho solo fregato un buon proverbio per il titolo del disco.
Il significato del titolo può significare accettazione dei propri limiti sia in senso positivo e costruttivo che negativo. Tu che senso dai al non essere infallibili? Pensi che si possa sposare bene con la realtà social e con i modelli perfetti trasmessi dagli influencer?
Secondo me oggi viviamo un tempo in cui il nostro gusto è abbastanza veicolato da quello che vediamo sui nostri telefoni. I canoni di bellezza, i prototipi di vacanza, gli oggetti da acquistare, è tutta roba omologata se ci pensi. Una specie di globalizzazione del senso di bellezza in generale. Un monopolio del gusto. L’aspetto da valutare però è che siamo noi che abbiamo creato questi modelli, siamo noi che insegniamo all’algoritmo quello che ci piace, quindi forse ci rispecchiamo, e ci teniamo le cose così come sono.
Una volta l’anticonformista era una figura quasi rispettata perché apriva una nuova finestra sul mondo. Oggi se stai fuori da questi giochi sei eliminato proprio come in Squid Game. Sei fuori dai giri, non sei informato, passi da anticonformista ad emarginato totale e non conti assolutamente niente. Quindi anche a chi piace giocare da esterno in questo mondo, tipo me per esempio, ne è dentro comunque con tutte le scarpe. I favorevoli o contrari, positivi o negativi, fanno parte dello stesso gioco
Per le tue canzoni, c’è stata fino a ora una visione differente da parte del pubblico rispetto che avevi pensato di dare?
Ai concerti ci capirò molto di più, l’incontro con chi viene a sentire per me è fondamentale. Se non ci fosse questo incontro forse avrebbe poco senso tutto. Proprio ai live si chiude un po’ il cerchio di una canzone: scrittura, registrazione, pubblicazione e poi finalmente il vero riscontro col pubblico. Poi c’è anche un’altra fase in verità, quella finale, la più importante, che è la canzone nel futuro.
Non sai che strada potrà fare, se prenderà un senso per qualcuno un domani o se verrà dimenticata.
Sono rimasta ammaliata dai duetti che sono presenti nel tuo album. Me ne parli un po’? Con chi ti piacerebbe duettare in futuro?
Sono state delle collaborazioni diverse tra loro ma nate da una bella amicizia fondamentalmente: con Gazzelle in Scende e in Povero Cuore con Brunori Sas. Con Flavio siamo amici da un po’ di anni, ma amici veramente, ci vediamo spesso anche se io vivo a Milano e lui a Roma. Ci siamo chiesti “ma perché non facciamo qualcosa insieme?” E allora ci siamo messi lì con due chitarre e l’abbiamo fatto.
Con Dario invece situazione un po’ diversa perché avevo scritto il brano qualche giorno dopo capodanno 2021, e sentivo il bisogno, nella seconda strofa, di uno sguardo esterno all’interno della stessa canzone. Sentivo proprio lui, la sua voce e le sue parole. Allora l’ho chiamato, gli ho raccontato un po’, e fortunatamente ci avevo visto giusto!! Gli è piaciuta, ha scritto la sua parte e poi è così come l’avete sentita.
La situazione pandemica, non avendo dato la possibilità di fare grandi live, ha messo in risalto però sempre più delle piccole reunion, il format dei release party. Tu che ne ha fatti due, che significato ricoprono per te e qual è la caratteristica che differenza questo live dagli altri che farai? Cosa dobbiamo aspettarci dai tuoi concerti?
La differenza tra un live e un evento per pochi è che puoi avere un rapporto con questi “pochi”. Puoi parlarci dopo, conoscerli, farti dare il loro parere sulle canzoni e si crea un rapporto alla pari con chi ascolta. Ai live non è così facile incontrare proprio tutti.
I miei concerti saranno a marzo e aprile, ho fatto in modo di andare quasi in ogni regione d’Italia, sentivo il bisogno di vedere tutti.
Saranno dei concerti dove porterò le mie canzoni, quindi sia quelle di questo disco che quelle pubblicate con i Canova.
Scegliere i pezzi per la scaletta sarà abbastanza complesso, ma ce la farò.
Tracce consigliate:
se hai bisogno di autostima: Anna Meraviglia;
se ti va di sentire una ballata: Un bacio;
per essere rincuorati da una voce amica: Povero cuore;
quando hai un momento di misantropia: Tassisti della notte;
se ricordi con ironia e un po’ di nostalgia i momenti di quotidianità: Canale 5;
se sei già alla fase di razionalizzazione di un legame: Amici così.
Claudia Verini
Sinologa e Musicista. Made in Umbria, ma vivo altrove. Lavoro nella moda, ma solo con la radio in sottofondo. Devo avere ogni giorno qualcosa da raccontare, tant'è che mi piace viaggiare fisicamente e mentalmente. La Sinestesia è la mia figura retorica preferita.