Quando sono arrivato al Bologna per il GoGoBo pensavo di avere già vissuto il meglio di questa settimana di musica live con il concerto di Florence + The Machine a Milano, tenutosi giusto due giorni prima all’Ippodromo di San Siro. Certo, la line up della due giorni al Baraccano lasciava presagire che ci saremmo divertiti, e così è stato. Anzi, direi di più: direi che ci siamo anche emozionati.
Quello che racconterò, come già si potrebbe intuire da queste prime righe, non sarà il neutro resoconto di un festival ben organizzato, ma la narrazione di un’esperienza personale. Utilizzerò comunque il “noi” per comprendere e coinvolgere il mio fidato accompagnatore Ludovico e voi lettori.
Arriviamo al Baraccano il 24 pomeriggio, appena in tempo per l’esibizione dei Parbleu, gruppo dalle chiare sonorità funk e disco con echi caraibici, della bossa nova e dell’afrobeat.
Sonorità che negli ultimi anni sembrano essere tornate alla ribalta anche in Italia, sempre più presenti nelle colonne sonore dei festival e vicine ad un sound di più grandi orizzonti ed ampie latitudini, a differenza del resto di molta musica made in Italy. Non è un caso che gli stessi Parbleu cantino nella stessa lingua del sempre verde arab-pop: il francese.
Nel frattempo, le ore avanzano e anche l’aria rinfresca. A tenere comunque alta la temperatura ci penserà subito una in formissima Whitemary con un live di alto livello. Le hit del nuovo album funzionano, le basi in cassa dritta ci fanno saltare e l’uso dei synth è la prova di un’ottima sinergia con i suoi due compagni di squadra. Il repertorio in scaletta è completo: i successi di Alter Boy!!! fanno cantare e ballare il pubblico, mentre i brani di Radio Whitemary ci mostrano una prospettiva più tridimensionale ed introspettiva dell’artista in guanti e calzini fluo. Sarò sincero, conoscevo Whitemary ma non benissimo; sentirla live è stata una straordinaria sorpresa. Chiunque fosse lì penso possa confermare che questo, per lei, è solo l’inizio.
La serata intanto incalza e, dopo una breve pausa inframezzata dal dj set di Fabio Nirta, è il turno di Nosaj Thing.
Il compositore e produttore statunitense porta con sé un’ottima scelta di brani funk e della scena hip-hop anni ’90 rivisitati con la sua elettronica, assieme ad un’immancabile presenza di techno ed house. Veniamo così inoltrati in un’atmosfera più rarefatta e dai richiami clubber. L’ora e mezza scorre con piacere, così che ci siamo chiesti se il finale con l’improvvisa chiusura in climax fosse stato voluto o dovuto.
Un breve, intenso momento di silenzio per iniziare, poi le note di Flores no Mar: è arrivato Populous. Con la simpatia e l’eccentricità che lo contraddistinguono, il nostro dj salentino porta la tempesta nel prato del Baraccano. Suona di tutto e si diverte, inserisce persino brani commerciali ed abusati negli ultimi tempi come Free from desire miscelandoli con basi samba, rumba e con la tipica cumbia di Azulejos, album capolavoro del 2017.
Solo applausi finali e tanta, tanta euforia per un artista che ormai sa come divorare il palco. Bisognerebbe instaurare una normativa che preveda la presenza di un Populous ad ogni festival.
A chiudere la prima giornata ci pensa Clap! Clap!
Anche qui, poco da sottolineare: ha fatto ballare chiunque. La serata, già ben avviata dagli ottimi colleghi precedenti, raggiunge con lui l’apice dell’esasperazione, sia emotiva che dal punto di vista dei bpm. Chi conosce Clap! Clap! probabilmente sapeva già cosa aspettarsi; eppure è riuscito a spiazzare anche i suoi più fedeli con assurdi momenti in cui la sua electro-house miscidata alla world music e incalzata dai ritmi tribali che lo contraddistinguono lascia spazio a casuali e folli momenti di non-sense, specialmente sul finire.
Basti pensare al folle campionamento di Rap Das Armas del duo Cidinho e Doca, per noi comuni mortali conosciuta come Parapapapa e probabilmente ascoltata per diverse estati in ogni radio, spiaggia o in qualsiasi grest o villaggio turistico. Luci, visuals ed effetti sonori rendono il prato del giardino del Baraccano un tripudio di energia.
Ed ecco che dopo il barbuto producer fiorentino può ritenersi chiusa questa prima giornata. O meglio, potrebbe.
Dal secondo palco posto in uno spazio più laterale rispetto al primo, arriva infatti la proposta di proseguire la festa: prima con un dj-set al Baraccano fino all’una di notte; poi, approfittando dell’evenienza sabatina e d’inizio estate, presso il locale dello Studio 54 in via San Felice 6, a circa venti minuti dal luogo del festival. Qui la serata si sarebbe protratta fino alle cinque del mattino, per chi avesse desiderato il pacchetto completo. Noi, ovvero il sottoscritto e il mio già nominato Sancho Panza aka Ludovico, abbiamo retto fino alle 3:30 circa, per poi dirigerci verso un kebab.
Il secondo giorno si prospetta indubbiamente più tranquillo.
Arriviamo con il live di Angelica. Il look è quello di una giovanissima Donatella Rettore, con quella magica chioma d’oro che anima uno stile perfettamente inquadrato per il suo progetto. Ci presenta Milano mediterranee, singolo uscito giusto un mese fa, e ci delizia con la sua voce. Da lodare sono anche il fervore e la non curanza, in senso positivo, di cui si è dotata per sopportare il caldo, l’emozione e qualche problema tecnico. Dal pubblico possiamo rassicurare che è andato tutto bene. Continua così!
Da una nuova leva a una colonna portante della canzone indipendente italiana.
È infatti il turno di Dente. Occorre fare una premessa, adesso. Ovvero che, probabilmente, di tutta la line-up dei due giorni di GoGoBo se ci fosse stato un artista per cui avrei a prescindere preso i biglietti per il festival, quell’artista sarebbe stato proprio Dente. Questioni di cuore, probabilmente. D’altronde, non sarei qui a scrivere se non fosse stato per la sua musica, certo assieme a qualche altra fortunata influenza di quel di quegli anni post-duemilaotto. Di quei cazzo di anni zero, per intenderci con una parafrasi.
Appurata dunque la personale faziosità, non posso non esimermi da reputare obiettivamente il live di Giuseppe Peveri in arte Dente come l’esito di una maturazione più che decennale da parte dell’autore.
Se il nostro autore voleva comunicarci con il nuovo Hotel souvenir la malinconia o, meglio, l’Allegria del tempo che passa, potremmo definire riuscito l’esito anche per merito della sua trasposizione dal vivo.
Come un’installazione tridimensionale, infatti, il concerto di Dente al GoGoBo diventa una celebrazione collettiva di ricordi e di emozioni da parte di un pubblico ormai consolidato con la sua musica, al contempo in grado di lasciare spazio anche alle nuove più flebili e giovani voci teen che probabilmente cantano e ricordano meglio le più recenti Adieu o Discoteca solitudine, piuttosto che per Vieni a vivere o Voce piccolina. Per concludere, è stata una scaletta davvero ben strutturata e sempre scandita dai suoi interventi autoironici. Ancora una volta, grazie, Giuseppe.
Andando oltre il momento diaristico, la narrazione del festival continua.
Dopo Dente è infatti il turno dei Bud Spencer Blues Explosion. Il duo celebre nella scena alternative rock italiana porta con sé una performance in sostanza perfetta. Le immagini nello schermo, tra l’altro, sono meravigliose. Sono le stesse con cui hanno presentato i due nuovi singoli, Stranidei e Vandali, e ci trascinano, attraverso le distorsioni sonore della chitarra elettrica, in una realtà parallela. D’altronde è anche questo uno degli obiettivi del progressive rock a cui si ispirano, no?
Ci sono momenti di puro stravolgimento: gli assoli interminabili di Adriano Viterbini, sempre scanditi dall’irruenta forza di Cesare Petulicchio alla batteria, trattengono la nostra energia fino a rilasciarla in ogni breve ed apparente momento di stasi. L’esibizione dei BSBE non è soltanto una riproposizione di brani suonati dal vivo, ma un’infinita colonna sonora da cui non riusciamo ad uscire fuori.
L’ultimo live del festival è quello di Pop X.
Porta al GoGoBo l’intera riproduzione dell’album Anal House, pubblicato proprio nel maggio di quest’anno. La poliedricità del progetto di Pop X, che potremmo anche ritenere collettivo, è un segno inscindibile della sua stessa poetica, sempre improntata ad una fluidità di pensiero ed estetica: una fluidità dinamica che si riversa nella compresenza di più proposte in termini di generi musicali. Li abbiamo conosciuti nel formato indie-pop, ma non hanno tralasciato sonorità più tropicali e funky come dimostrano le tracce dell’album Antille del 2020. Stavolta hanno deciso di puntare sulle sonorità dell’acid-house e lo hanno fatto attraverso un particolare procedimento.
Così, infatti, recita il comunicato stampa di Bomba Dischi: “II disco raccoglie una selezione di sessioni di improvvisazione eseguite da Pop X con una patch, da lui realizzata [Davide Panizza, ndr], di composizione algoritmica, generativa e procedurale realizzata con il software Max/msp”.
Il progetto è stato accolto con entusiasmo proprio per la sua forte vena sperimentale.
In questi anni, comunque, Pop X è stata la svolta sonora e perfino estetica per una nuova generazione di ascoltatori, sempre pronta alle novità e alle metamorfosi proposte dall’artista/collettivo. Non è un caso, infatti, che di magliette targate Pop X, come l’iconica Phroci con sottostante il logo Nike, ne abbiamo viste parecchie: in molti erano venuti lì per loro.
Anche in questa seconda giornata non è mancata la musica durante gli intervalli tra un’esibizione e l’altra.
Stavolta, a Fabio Nirta nel secondo palco si aggiunge il dj-set di Denise D’Angelilli, conosciuta anche come Dueditanelcuore. E, non me ne voglia il primo, ma le coraggiose scelte di dj Duedita sembrano avvicinarsi maggiormente ai gusti del pubblico, ma non siamo qui per fare paragoni. Si tratta di un’osservazione, se non di un parere, puramente personale.
Detto questo, penso di essermi dilungato fin troppo su questo report.
Dunque, concludo sostenendo quello che spero sia trapelato da queste righe: il GoGoBo ha azzeccato tutto, dall’organizzazione del festival all’estetica, dalla scelta degli artisti alla disposizione della scaletta. Doveroso e toccante è stato il minuto di silenzio dedicato a Matteo Romagnoli, fondatore di Garrincha Dischi scomparso lo scorso 15 giugno.
Infine, credo di poter dire a nome di tutta la redazione de Le Rane che è stato ancora una volta un piacere aver collaborato come partner ufficiali dell’evento, quest’anno come nelle precedenti tre edizioni. Vi saluto dunque augurandoci e augurando a tutti gli appassionati e a tutti gli addetti ai lavori altri GoGoBo da vivere e raccontare assieme.
Alessandro Triolo
Nato e cresciuto a Messina, laureato in Culture moderne comparate a Torino, scrivo di musica e letteratura.