Any Other e l’importanza di custodire i ricordi
Adele Altro apre il suo 2024 nel modo migliore per chi plasma musica: chiudendo il cerchio attorno a brani inediti per finalizzare un nuovo disco. Si intitola stillness, stop: you have a right to remember il terzo studio album a firma Any Other, licenziato lo scorso 26 gennaio da 42 Records.
Otto canzoni, altrettanti frammenti di vissuto che, dalla prospettiva strettamente personale, allargano la visione per risultare condivisi, in un processo di empatia partecipata, di accordo fra chi ha creato e chi ha il compito di fruirne. I contorni sfumati fanno da contrappunto al rigore del bianco e nero in copertina, finendo per riempire di grigi le increspature delle composizioni, mai allineate a uno stile artistico ortodosso ma aperte, espanse.
Nel nuovo lavoro di Any Other, infatti, è possibile rintracciare echi di alternative rock di stampo internazionale, oltre a ricami barocchi e un approccio pop che impatta ad effetto immediato i timpani dell’ascoltatore. I testi, tutti in lingua inglese, permeano nel vissuto di ogni persona per richiamare qualcosa di sepolto, ricordi reconditi che fanno fatica a emergere. Adele canta, interpreta, rende vive e vivide le parole che rincorrono le note, che sono a loro volta sostenute da orchestrazioni mai invasive nella loro molteplicità, nella miscela eterogenea e sempre diversa di strumentazioni analogiche e digitali. L’apertura alla condivisione genera il valore aggiunto: gli arrangiamenti e la fase di produzione hanno giovato della presenza di Marco Giudici, il cui lavoro ha reso ancora più concreta quella sensazione di eterea incisività che caratterizza il progetto Any Other.
La mezz’ora in compagnia di stillness, stop: you have a right to remember è un invito a riappropriarsi dei tempi, rifiutando categoricamente questa narrazione per cui si possano recidere porzioni di vissuto al fine di anestetizzare ogni malessere. C’è diritto a ricordare, e queste sensazioni di riappropriazione collettiva sono anche il motore dell’attività live, che nelle recenti settimane ha portato Any Other in giro per l’Italia prima di vederla, in primavera, impegnata nella leg europea del suo tour.
Di musica dal vivo, del presente con tutte le sue sfumature e delle scelte attorno al nuovo disco ne abbiamo parlato direttamente con Adele Altro.
Ciao Adele, come stai? Come stanno andando queste prime settimane di vita del tuo nuovo disco?
Ciao, grazie per averlo chiesto! Io sto bene, sto ricevendo tanto amore per questo disco e non voglio darlo per scontato per niente. Sono contenta che stia andando così.
Il nuovo album arriva sei anni dopo “Two, Geography“; un periodo abbastanza lungo, forse anni anche amplificati da quanto accaduto in questo lasso di tempo. Hai scelto di condividere la responsabilità musicale con Marco Giudici, che è una cosa diversa nel tuo consueto modus operandi per plasmare un disco. Hai fatto anche altre scelte nuove? Cosa senti, invece, immutato nel tuo modo di fare musica?
La scelta di condividere la produzione con un’altra persona è sicuramente la differenza più evidente rispetto agli altri dischi, ma l’averlo fatto con Marco la rende anche la cosa più naturale che potessi scegliere di fare. Le persone coinvolte per suonare poi sono tuttx amicx, quindi anche questo direi che è stato un elemento di continuità con il mio modo solito di lavorare.
L’ascolto delle otto tracce porta suggestioni cangianti, a seconda dei contesti e dei momenti della giornata queste canzoni portano ai timpani dei colori diversi, inaspettati. L’artwork di copertina è in bianco e nero, puoi raccontarci qualcosa di più? Come hai maturato questa scelta visiva?
Volevo distaccarmi dalle copertine degli altri due dischi di Any Other: entrambe consistevano in una mia foto senza scritte di alcun tipo. Stavolta volevo andare invece solo di lettering ed evitare foto mie, e volevo che ci fosse quasi assenza di palette nella copertina. Nel formato del vinile, però, c’è una differenza. Quando si apre il gatefold (come se fosse un libro), all’interno c’è una mia foto super colorata che si prende tutto lo spazio. Volevo che ci fosse questo elemento di “reveal” nella versione fisica del disco.
Sul versante strumentale, la sensazione è atemporale; brani che sanno di analogico ma non sono mai riconducibili a un singolo decennio, o a qualche ben precisa soluzione espressiva. Come hai elaborato questa miscela? Ci sono degli ascolti, o altre opere creative, che nel periodo di produzione ti hanno influenzato maggiormente?
La miscela è stata un risultato molto spontaneo, non c’è stata la volontà di far suonare il disco in un modo specifico a priori. In generale quando lavoro alla musica (che sia mia o di altre persone) cerco sempre di essere “in ascolto”, perché sono convinta che gli elementi che servono a un pezzo siano già nel pezzo stesso, poi si tratta solo di farli uscire fuori. Poi devo dire che in quanto a opere artistiche di cui fruisco sono abbastanza caotica… ascolto cose molto diverse, da Sakamoto a Tierra Whack, quindi inevitabilmente ho tante informazioni diverse che mi saltano in testa. Poi mi piace molto il mezzo “colonna sonora” come musica a servizio di qualcosa, che sia un film o un videogioco, per dire. Per esempio Joe Hisaishi mi piace tantissimo.
Il songwriting è agile, restituisce qualcosa di etereo su tematiche di introspezione e di ricerca della propria persona, come per esempio in “Need of affirmation”. Senti la scrittura in inglese come una comfort zone? Oppure è per te la via più spontanea e istintiva per mettere su carta (e in musica) ciò che hai dentro?
Spontaneo e istintivo.
C’è del materiale che hai sacrificato lasciando fuori dalla tracklist o c’erano idee già ben definite dall’inizio e hai lavorato su questo lotto di tracce? C’è stato un processo di scelta tortuoso?
Un po’ e un po’. Durante l’estate 2022 mi sono messa a sistemare tutto il materiale che avevo abbozzato e alla fine giusto qualcosa è rimasto fuori perché non riuscivo a venirne a capo (e personalmente non mi va mai di forzare l’espressività). L’ultimo pezzo che ho scritto è stato Awful Thread, e l’ho scritto mentre stavo facendo le preproduzioni del disco, un mese prima di andare a registrare. Poi mi sono fermata perché mi sembrava di aver buttato fuori tutto quello che mi serviva.
Sei attualmente in tour con una band di cinque elementi, come sta andando? Le canzoni nuove hanno molti strati di suono, che scelte hai fatto per proporle live? Sono più allineate al disco o ci sono arrangiamenti ad hoc?
Siamo in cinque, sì! Sono molto contenta perché sono quattro persone e artistx che stimo molto – Marco Giudici, Arianna Pasini, Giulio Stermieri e Nicholas Remondino. Hanno tuttx progetti personali e vi consiglio di darci un ascolto perché meritano molto. Comunque, penso che in cinque sia più facile rimanere fedeli agli arrangiamenti del disco registrato, e infatti di base siamo rimasti lì. Allo stesso tempo c’è anche una parte consistente di riadattamento, dovuta al fatto che molti strumenti (come fiati ed archi) vanno replicati in un altro modo, soprattutto perché non usiamo sequenze. Però penso che abbiamo fatto un buon lavoro.
Hai sempre collaborato con diverse artiste e artisti, alternando stagioni di fitta attività live e momenti dove ti concentravi sul tuo percorso artistico. Come riesci a far coesistere tutto? A livello mentale scatta un click oppure c’è una continua contaminazione fra il lavorare con gli altri e il focalizzarti sulle tue canzoni?
La contaminazione con gli altri c’è sempre, a volte umana e altre volte anche artistica. Penso per esempio collaborare con Alessandro Cau (che suona la batteria sui miei dischi dal 2018) mi ha fatto imparare un modo nuovo di vedere e fare musica. Altre volte magari ci sono meno scambi artistici espliciti, ma sicuramente c’è sempre una connessione. Detto questo, per me è anche importante essere in grado di “tornare” a me stessa perché si tratta anche un po’ di fare il punto con chi sono, sia umanamente che artisticamente.
Dopo i concerti in Italia, in primavera è prevista anche una leg europea: il tuo 2024 sarà fortemente caratterizzato da chilometri da percorrere?
Spero proprio di sì! A breve verranno annunciate nuove date all’estero e sono molto contenta di questo. Anche perché per me suonare dal vivo è la cosa più importante di tutte, ecco.
Quanto è importante (ma anche difficile) custodire i ricordi e fare in modo di creare momenti significativi che possano diventarli?
Beh, direi che è tanto importante quanto difficile, soprattutto perché c’è sempre una grossa fetta di chaos che non possiamo controllare. Ma credo che il bello stia anche qui dentro.
Any Other Live 2024
- 09 MAR 2024 – Verona – Colorificio Kroen
- 10 MAR 2024 – Cesena – Spazio Marte
- 12 APR 2024 – München (Germany) – Heppel & Ettlich
- 13 APR 2024 – Darmstadt (Germany) – Bedroomdisco Kirchenkonzert
- 14 APR 2024 – Köln (Germany) – Bumann & SOHN
- 15 APR 2024 – Berlin (Germany) – Kantine am Berghain
- 16 APR 2024 – Hamburg (Germany) – Die Hebebühne
- 18 APR 2024 – Hannover (Germany) – Feinkostlampe
- 20 APR 2024 – Nyon (CH) – Bar-Laparenthese
- 21 APR 2024 – Paris (FR) – Supersonic Records
- 24 APR 2024 – London (UK) – The Grace
- 25 APR 2024 – Brussels (BE) – Piola Libri