“Sassi” di Maria Antonietta 10 anni dopo: è tempo di raccoglierli?
Sono passati dieci anni da quando è nato Sassi, il terzo album di Maria Antonietta. Potremmo chiamare questo articolo un amarcord. Un testo di passaggio che vuole raccontare l’eredità di un album nel giorno del suo anniversario. È andata così: ho riascoltato Sassi nelle severe notti di marzo. Mi sono chiesta dove siamo adesso, dove eravamo dieci anni fa e perché questo album si chiama proprio così.
Di cosa ci parlano i Sassi di Maria Antonietta? Partiamo da qui.
C’è un tempo per lanciare i sassi?
In questo disco sì, ma anche nella Bibbia. Dove c’è un tempo per tutto, per ogni attimo di vita che ci sfugge. Così come ci sfugge la nascita e la morte, il controllo sugli eventi. Ed è da questi versi del Qoèlet che nasce il titolo dell’album. Da questi sassi biblici, inseriti in un lirico gioco di opposti appesi allo stesso filo:
Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo.
(Qo 3,1–5)
C’è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sradicare quel che si è piantato.
Un tempo per uccidere e un tempo per curare,
un tempo per demolire e un tempo per costruire.
Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per fare lutto e un tempo per danzare.
Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli,
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
Versi che sono una meditazione sul tempo e sulla vita. Sul moto armonico e indisturbato di ogni materia esistente, che riecheggia nei testi del disco, in brani come Galassie e Sassi.
“L’erba cresce molto bene sopra alle sepolture, cresce bene e non chiede alcuna spiegazione. Come crescono le radici delle piante, come crescono tutte le galassie.”
Galassie
In una trasformazione perenne
Dove tutto ciò che è familiare potrebbe svanire lasciando spazio al nuovo:
“Come cambiano le convinzioni, come cambiano i sistemi, come cambiano le facce che vedi, le vedi per anni poi non le vedi più.”
Abbracci
L’ambientazione filosofico-spirituale di questo album è un’ode al restare nel presente e all’accettare il flusso della vita, senza opporsi alla realtà ma aprendo il cuore per abbracciare il momento e le sue esigenze. Non possiamo controllare l’esistenza, ma possiamo ascoltare. Anche quando il mondo è così piccolo e vorremmo ci fossero milioni di chilometri tra noi e tutte le cose.
Un tempo per l’amarcord: cosa accadeva nel 2014?
Beh, molte cose. Il Belgio diventava il primo Stato al mondo a legalizzare l’eutanasia senza alcun limite d’età, la Russia invadeva e annetteva la Crimea, Gaza veniva regolarmente bombarbata, come oggi. Io fingevo di studiare rune antiche al corso di filologia germanica. L’album Museica ancora brillava e Caparezza non aveva l’acufene. O forse sì, ma non ce lo aveva ancora confessato. Vasco Brondi dava vita a Costellazioni, album che ho sentito live con persone che amerò per tutta la vita. Fabri Silvestri e Gazzè decostruivano l’immaginario collettivo sulle relazioni con L’amore non esiste. Noi esistevamo, in un momento in cui molte e molti lanciavano sassi con rabbia. Contro gli altri, contro la politica italiana, contro i propri genitori, contro la morte, contro un mondo che ci voleva tutti sempre più produttivi. E soprattutto contro noi stessi.
Maria Antonietta lo racconta così:
“Per una vita intera ho lanciato sassi, anche molto malamente. Ora è arrivato il momento di raccoglierli per costruirci la mia casa, il mio amore e la mia felicità. Finalmente so perché voglio essere qui e non altrove e proprio con queste persone. (…) Questo disco parla di una specie di consapevolezza che ti è venuta perché ti hanno rotto le ossa migliaia di volte, adesso però non le possono spezzare più.”
Letizia Cesarini
E oggi, anche se scheggiati, i nostri corpi sono pronti a concedersi la felicità. A perdonarsi e a perdonare, ad andare oltre le ossa rotte del passato:
“Ti vorrei prendere a calci fino a farti molto male tanto non sviluppo sentimenti come dicevi tu. Ma Dio ha creato l’Universo infinito dev’essere che calcolava anche lo spazio che serve a quelli come te, e se Cristo è così buono anche io avrò pietà sono una che perdona dev’essere la mia età. E che sono bella, sono anche intelligente: io sono le ossa che non puoi spezzare più, io sono le ossa.”
Ossa
Nella voce di Letizia, nel suo progetto un po’ minimale, nei suoi suoni noize poi pop poi folk poi pseudo-rap poi beat-punk, arrangiati con Giovanni e Marco Imparato, si racchiude la chiave di una riflessione su una nuova fase della vita: quello che viene dopo anni di tempesta, quando hai fatto pace con la realtà e con il passato che porti dentro.
“Sdraiata sulla moquette sbiadita di una camera d’albergo, stanotte io ti ho visto anche se non c’eri. Volevi riempirmi di schiaffi quasi come se ancora avessi quindici anni, è la mia testa che non fa i compromessi con la realtà in tutte le sue parti.”
Ombra
E un tempo per raccoglierli
Ma cosa vuol dire lanciare i sassi? A distanza di dieci anni, è arrivato il tempo di raccoglierli? E perché questo versetto è legato a doppio filo con il tempo per gli abbracci? Me lo sono chiesta per giorni. Ho anche scritto al mio amico Luca, che studia le vite dei santi. Lapidazioni, pietre d’inciampo, fionde contro i giganti: un’arte dello scagliare. Del gettare lontano da sé per ferire, per colpire, per fare rumore. Per vincere, anche per fare giustizia e dare voce alla rivoluzione.
C’è un tempo per lanciare i sassi e c’è un tempo per raccoglierli, per costruire, per restare al riparo nella felicità. Ed è a questo doppio movimento che è dedicato il terzo album di Maria Antonietta. Al fermarsi e prendere tra le mani gli stessi sassi che avremmo buttato altrove per rabbia e tenerli qui con noi. Perché proprio come noi sono al posto giusto. A Firenze c’è un detto popolare molto buffo, che sancisce i grandi eventi. Quando qualcosa sta per succedere si dice “essere alle porte co i’ sassi”. Quelle pietre servivano per avvisare le guardie di non chiudere le porte della città muraria, per avere la speranza di passare. Lanciarli significava avere una voce, a volte ottenere la sopravvivenza.
Un’ombra lunga
I sassi di questo album non sono più urla. Sono accolti, abbracciati. Hanno una funzione nuova: creare un rifugio sicuro, lasciarci esistere nella felicità. Anche se è difficile deporre le armi, gestire la gioia, bilanciare la luminosità della pace e gli abissi interiori:
“Ed io vorrei congelarci, per un milione di anni. La felicità proietta sempre un’ombra lunga. E molto spesso io tutti quelli che amo, io li rimprovero e poi li castigo solo per verificare se mi amano abbastanza da rimanere.”
Ombra
La felicità proietta sempre un’ombra lunga.
È l’oscurità contenuta dalla luce.
Il disco, uscito l’11 marzo 2014, sarà celebrato il prossimo 13 aprile 2024 al “Regina Fumetti Festival” attraverso un showcase in cui Alessandro Baronciani presenterà un libro in tiratura limitata in cui sono disegnate tutte le canzoni dell’album e Maria Antonietta si esibirà in un breve live acustico.