The next big thing… spoilerata!

Ci sono poche cose, nelle velleità di hipsterismo contemporaneo, che donano più gioia del poter rispondere, ad amici o conoscenti che ci porgono i loro consigli musicali, che “va beh, adesso tu ci arrivi, quando lo ascoltavo io, anni fa, eravamo in dieci“. Ci fa sentire dalla parte giusta della storia. L’avevamo capito subito, molto tempo prima, che quell’artista o quella band, scoperto grazie a qualche magia algoritmica, o magari in apertura a qualche concerto, era forte. Perché alla fine, che ci vuoi fare, noi ci arriviamo prima sulla next big thing. E ora tocca fare i conti con il dissidio interiore – tra la felicità per il meritato successo, e l’accettare che non saremo mai più in cinque sotto il palco a cantare tutti i pezzi a memoria. E non è mica facile, eh.

A metà tra l’altruismo e la volontà di proselitismo nell’hipsteria, abbiamo deciso di condividere sei nomi che, siamo pronti a scommetterci, daranno presto la possibilità di esperire la gioia di cui sopra.

Sei artisti che, fino a oggi, hanno rilasciato soltanto qualche singolo. Nessun EP, nessun album – solo qualche canzone, che è bastata a conquistarci. E che, al di là di quello che accadrà, e di quello che potremo dire o non dire agli amici, crediamo valga la pena ascoltare. Perché – e lo sappiamo bene – di brani, ne escono centinaia ogni settimana, e farsi strada in mezzo a questa moltitudine è un’opera complessa. E dunque, quando si riesce a trovare qualcosa di forte, bisogna tenerselo abbastanza stretto.

Sei artisti, dunque – tre scelti da Filippo Colombo, tre scelti da Francesco Pastore – che meritano attenzione e qualche ascolto.

Tutto Piange

Tutto Piange è in primo luogo il moniker di Virginia Tepatti, e in secondo luogo una dichiarazione di intenti. Nei tre singoli pubblicati finora, non c’è allegria o felicità. Invece, c’è una sottile ed elegante malinconia, che però non è mai fine a se stessa. È quel tipo di malinconia che fa piangere quel poco che basta a far schiarire il colore degli occhi e a renderli più belli, senza causare crisi senza fine. Quel tipo di malinconia a cui si è grati, perché invita all’introspezione e dà la possibilità di conoscersi più a fondo, e di crescere un po’ più inscalfibili. È esattamente quel tipo di malinconia di certe sere di metà estate, quando il pensiero della difficoltà di affrontare l’inverno sembra ridicolo.

I tre brani rilasciati – Non è divertente, Garageband, Bagno – possiedono delle ritmiche ipnotiche, ripetono spesso i versi, mostrano la persistenza necessaria per rompere le corazze e le armature. Nei mesi passati, Tutto Piange ha aperto qualche data di Any Other e di Dente, e continua, pezzo dopo pezzo, a dispiegare tutto il potere micidiale del cantautorato indie folk.

Il pezzo da ascoltare: Non è divertente

Tutto Piange – Non è divertente [Ascolta qui]

GIIN

Non so se qualcuno si è mai chiesto come sarebbe stata la musica dei Mazzy Star, se fossero esistiti nel 2024. Nel caso – la risposta è nelle canzoni di GIIN. Giovane cantautrice romana, all’attivo ha tre singoli. In tutti e tre i brani, l’intenzione è molto chiara: cercare un punto di incontro tra le distorsioni tipiche dell’alternative anni ’90 – i Mazzy Star, sì, ma anche gli Smashing Pumpkins o i Pavement – e il dream pop super contemporaneo dei Beach Bunny o di beabadoobee. La verità è che questi due universi hanno parecchi punti di contatto, e farli coesistere è una scelta intelligente. Se poi si riesce a farlo con un buon risultato, allora diventa anche interessante.

Su questo sound, GIIN cerca di trovare del buono all’interno di relazioni complicate, prendendo le parti dei sottoni o accettando pure di stare male, basta che non stia male da sola. Sonorità di questo tipo scarseggiano nel panorama italiano, ed è un peccato, perché molte volte bastano un basso e un riff di chitarra elettrica per liberare la mente dai brutti pensieri.

Il pezzo da ascoltare: Cuore di plastica

GIIN – Cuore di plastica [Ascolta qui]

georgia, georgia

georgia, georgia arriva da Verona, ma ha ben poco a che vedere con il venetocore delle zanzare e delle pianure nebbiose e sterminate. Invece, nasce dal folk oltreoceano, come tradisce il moniker, che deriva dall’omonima canzone di Phoebe Bridgers. georgia, georgia si muove con una maturità sorprendente nel territorio del soft folk, che prende ispirazione delle boygenious o dai Bon Iver di For Emma, forever ago. I brani rilasciati finora possiedono una produzione estremamente curata e allo stesso tempo poco invasiva, che lascia il ruolo da protagonista alla voce leggera e ricca di spleen dell’artista, creando un tessuto sicuro entro il quale può dispiegarsi.

Nei brani, racconta di relazioni che attraversano momenti di difficoltà, ma esplora anche tematiche di carattere sociale, come in comphet, che narra dell’imposizione dell’eterosessualità come punto di partenza per tutti gli individui. Il soft folk, lo spleen e la cura nei dettagli dell’arrangiamento sono tre elementi che, se padroneggiati, possono spalancare strade di grande successo. E georgia, georgia è proprio lì, su questa strada.

Il pezzo da ascoltare: runner up

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georgia, georgia – runner up [Ascolta qui]

Tancredi Bin

Tancredi Bin propone nei primi tre singoli (All’apice, Muta, Il pensiero come scoria – in rigoroso ordine di release) una sorta di coordinate poco geolocalizzate del suo “nuovo” (tutti i comunicati stampa copia-incolla ci tengono a precisare che era già noto nell’ambiente underground bolognese) percorso musicale e che saranno rachide del suo album d’esordio Mappa di ogni corpo (2025). Nell’ascolto impegnato dei tre singoli è sicuramente spiazzante la moltitudine di influenze e sovrastrutture musicali che compongono una proposta musicale colta e profonda: si passa senza soluzione di continuo da sonorità post-punk a eterei voli ambient, tra paludi shoegaze e riverberi cupi ed estetica elettronica raw, tra overdose di testi intimi e domande frutto di sanguinanti speculazioni metafisiche. Piatto ricco: l’artista come mattone fisico e respiri verso la dimensione oscura. A rush of (heavy) blood to the head.

Il pezzo da ascoltare: Muta

Tancredi Bin next big thing
Tancredi Bin – Muta [Ascolta qui]

Katana Koala Kiwi

Il quintetto di Trieste rappresenta la frontiera (geografica e non) di questi pre piccole bombe ad orologeria pronte ad invadere la pozzanghera indie italica. Non c’è nulla di più indie della sperimentazione di gruppo e del lavorare insieme, raffazzonando e ricucendo con filo spesso i confini musicali di cinque anime: una band, un ensemble che crea e sperimenta millefoglie musicali. Nascondini e Gagarin sono l’aperitivo lussuoso di una proposta che spazia dall’alternative #so90’s ad underground inglesi post-party condita da elettronica elegante e vagamente d’Oltralpe. Perché Trieste è città di confine ed anche di contrasti, di piazze enormi e venti che alterano le sonorità dei discorsi. Tutto è relativo nello spazio-tempo, tutto è sperimentale come il viaggio di Gagarin.

Il pezzo da ascoltare: Gagarin

Katana Koala Kiwi – Gagarin [Ascolta qui]

Velia

Il duo composto da Irene Cavallo e Matteo Giannaccini Gravante sceglie un nome per il loro progetto musicale dalla profonda natura duale. Una intima corazza nascosta in piena vista: i latini utilizzavano il termine per qualcosa di nascosto ma anche per i velieri che solcavano il mare. Quindi un velo che nasconde bellezza, un veliero che solca il mare profondo e misterioso alla ricerca di suoni e città armoniche lontane. Tre tracce (Scogli, Respirare ed Ansiasociale) che riflettono egregiamente queste breve introduzione: testi introspettivi ed ancorati alla realtà (meta)fisica, sonorità dagli echi lontani e che lasciano nostalgica salsedine sulla pelle, attitudine post-pop elegante e ben stratificata. Folklore nostrano.

Il pezzo da ascoltare: Scogli

Velia next big thing
Velia – Scogli [Ascolta qui]

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