La verità è che Sanremo Giovani non offre alcuna possibilità agli emergenti
Tra i punti di rottura con il quadriennio Amadeus, Carlo Conti ha deciso di reinstaurare la gara di Sanremo Giovani, in parallelo rispetto a quella dei Big all’Ariston. Una scelta che per definizione obbliga a fare i conti con quesiti esistenziali quali “perché Sarah Toscano è tra i Big, mentre *inserisci nome qualunque* è in gara tra i giovani?”. Visti i risultati delle ultime edizioni, però, la scelta alla fine è comprensibile.
Ad eccezione di Mahmood, i Giovani entrati in gara tra i Big non hanno goduto di un grande successo in classifica, e spesso sono stati oscurati dalla folla. Rischio che quest’anno sarebbe cresciuto, se si pensa che i Big saranno trenta. Tananai nel 2022 è arrivato ultimo. Nel 2023, quando i Giovani tra i Big furono ben sei, i miglior piazzati, i Colla Zio, furono ventesimi. Lo scorso anno, la miglior performance è arrivata da parte dei Santi Francesi, diciottesimi. Per molti di loro, Sanremo è stato un punto di partenza per una carriera di successo – Tananai, appunto, ma anche Clara. Ma alla fine, se si tratta di esposizione, anche Sanremo Giovani può darla. Evitando piazzamenti di bassa classifica, ché poi tocca sempre scomodare Vita Spericolata, come se fosse la regola e non un’eccezione.
Carlo Conti, di Sanremo Giovani, ben se ne intende.
Riproporrà fino alla tomba l’aneddoto su Sanremo 2014, dove nella gara cadetta selezionò Irama, Francesco Gabbani, Ermal Meta, Mahmood – ma pure Miele e Chiara Dello Iacovo. Quest’anno ha optato per una strategia molto chiara. Tanti Big, tantissimi, troppi, e quindi per i Giovani non c’è poi tanto spazio all’Ariston. Almeno, se si vuole evitare che il Dopofestival diventi non Uno Mattina, ma direttamente La Prova del Cuoco. E quindi, ne passeranno solo quattro. Ma niente paura, c’è una soluzione.
I 564 candidati sono diventati, tramite una prima scrematura, 46, e infine 24. Da qui, è partito un meccanismo alla talent show, con l’obiettivo di dare a questi emergenti (ci torniamo tra poco, niente paura) una piattaforma per farsi ascoltare e conoscere. Quattro serate, in onda da novembre a dicembre, in cui sei artisti si sono sfidati in uno contro uno, per decretare dodici semifinalisti. Che sono diventati poi sei finalisti, a cui si sono aggiunti i due vincitori di Area Sanremo. E che si sfideranno di nuovo per accaparrarsi i quattro posti in palio nella gara di febbraio.
Non eufemisticamente, non c’è una sola cosa di questo meccanismo che abbia giovato o portato beneficio alla scena musicale emergente.
In primis, l’orario. Tutte le puntate sono andate in onda in seconda serata, con inizio non prima delle 23.30. Di martedì sera. E certo, ci sono le repliche, c’è RaiPlay. Il punto però è che, tra la collocazione nel palinsesto e la campagna marketing non proprio penetrante, il pubblico generalista non si è accorto di Sanremo Giovani. Con il risultato che è rimasto un programma destinato a una nicchia di addetti ai lavori, con meccanismi e regole da reality show pensati per un’utenza molto diversa da quella reale.
In secondo luogo, i talent funzionano più o meno per due motivi. O perché, come ad X Factor, il pubblico può votare e indignarsi per i propri voti come a una qualunque elezione. O perché, come ad Amici o a The Voice, la durata è sufficiente per affezionarsi ai concorrenti, conoscere le loro storie e iniziare a creare una fanbase. Un talent show dove i concorrenti compaiono per quindici minuti, cantano una canzone, e le cui sorti vengono arbitrariamente decise da un gotha composto da Ema Stokholma, Daniele Battaglia, Manola Moslehi e qualche altro rappresentante del mainstream discografico, è difficile che appassioni.
Però, il vero motivo per cui Sanremo Giovani è stato un completo disastro ha a che fare con le canzoni e con i semifinalisti selezionati.
Gli otto fortunati che combatteranno fino all’ultima nota per guadagnare uno dei quattro posti in riviera a febbraio sono Angelica Bove, mew, SETTEMBRE, SELMI, Vale LP & Lil Jolie, Alex Wyse, Maria Tomba, Etra. Nell’ordine: X Factor 2023, Amici 2023, X Factor 2023, X Factor 2023, Amici 2023 e Sanremo Giovani 2023, Amici 2021, X Factor 2023, nulla di tutto questo ma una agghiacciante cover in italiano di Dragostea Din Tei che forse preferivamo The Voice.
Come ci ha insegnato Elodie, qua le cose sono due.
O i talent show degli ultimi anni sono stati una micidiale fucina di artisti dal potenziale smisurato, o Sanremo Giovani altro non è che l’ultimo disperato tentativo delle major discografiche di piazzare dei talenti che non riescono a sfondare, malgrado gli investimenti e tra lo sgomento di Rudy Zerbi e Fedez. Escludendo per ovvi motivi la prima, tocca pensare alla seconda. E viene dunque da chiedersi che senso abbia mettere in piedi un cinema del genere. Per gli spettatori, che vedono arrivare in finale i nomi già noti, con una casa discografica forte alle spalle. Per gli artisti selezionati, che prima ancora di iniziare la carriera sono già diventati un “usato facile”. E anche per gli artisti esclusi, che sanno perfettamente che le speranze di arrivare in finale sono nulle – ma almeno hanno potuto suonare il pezzo davanti a quindici spettatori insonni, mica male dai.
Carlo Conti è un uomo molto intelligente.
Nel 2017, chiamò sul palco del Festival Amara e Paolo Vallesi a cantare Pace, pezzo che lui escluse. “È sempre una scelta difficile” – disse – “e volevo dare un’opportunità a questa canzone che ho scartato a malincuore”. L’esibizione fu tremenda al punto che per anni la gente smise di pensare che i pezzi esclusi dal Festival fossero belle canzoni. Carlo Conti è anche un uomo fortunato. Qualche giorno fa, in una trasmissione TV, è andato in onda l’harakiri di una sdegnata Viola Valentino, che ha suonato il suo pezzo dance escluso dal cattivo Carlo, di nuovo a reiterare involontariamente il messaggio che se il brano non è rientrato tra i trenta selezionati, forse una hit mondiale non lo era mica.
In questo caso, però, le canzoni non sono state diffuse con il lanternino da Carlo Conti, ma sono disponibili per tutti. Martina Attili, per esempio, aveva proposto Eva e Adamo, un brano che tratta di violenza sessuale perpetuata tra le mura domestiche ai danni di una bambina, una canzone enorme che però nel festival del “micromondo” non ci poteva certo stare (e infatti non è nemmeno arrivata tra i primi 24). Tornare al mare di GIIN, eliminata negli scontri diretti, è un ottimo brano rock, che in un contesto in cui si giudicano i pezzi davvero sarebbe impensabile lasciare fuori.
E proprio di canzoni, alla fine, dobbiamo parlare.
Perché Sanremo, vuoi o non vuoi, è il Festival della Canzone Italiana. E una volta esauriti i meme, i conteggi del Fantasanremo e depurato il trash, le canzoni sono quello che rimane. E purtroppo, tra gli otto brani arrivati arrivati in finale, meno del 2% del totale, sono pochi quelli che viene voglia di riascoltare. Oh my god di mew, malgrado un drop un po’ scontato, è un buon uptempo con qualche spunto lirico interessante. La nostra malinconia di Angelica Bove, superato un inizio testuale discutibile, si sviluppa bene intorno al timbro vocale indubbiamente raro e speciale. Spazio (tra le dita) di Etra è una ballata in chiave contemporanea, tutto sommato, sopportabile. Il resto oscilla tra potenziali buone intenzioni eseguite in modo banale e approssimativo, e ballate antiche o troppo simili a certi brani in circolazione.
La musica emergente italiana sta bene, benissimo, ma sta anche molto lontana dalla finale di Sanremo Giovani.
Ed è un peccato, perché le premesse erano ottime, e si poteva davvero creare uno spazio di talent scouting prezioso e arricchente. Per l’anno prossimo, facciamo così. Diamo l’accesso al roster dei Big a tutti gli ex partecipanti ai talent show, ché tanto se vale Sarah Toscano vale tutto. Così almeno, salveremo questi ragazzi dalle sorti di essere considerati un usato a buon mercato. Ma soprattutto, magari si riuscirà a far luce su una scena musicale prolifica e talentuosa. Ché non è che snobba il mainstream e si crogiola nella propria nicchia. Cerca soltanto di tenersi lontana da questi meccanismi guidati da logiche discografiche capitaliste. E vai a dargli torto.
Filippo Colombo
Predico bene razzolando insomma, mi piace mangiare la pizza a colazione, odio i concerti dove si sta seduti.