Va ai concerti, fotografa gli artisti e viene pagata per farlo: no, non è una favola, è Chiara Mirelli e fa uno dei lavori più belli di sempre.
Classe ‘76, vive e si forma intorno a Milano, dove capisce che la sua strada è fotografare la musica.
La sua particolarità? Decide di voler ritrarre le persone che rendono vivo un concerto.
Se non bastasse, di certo non si tira indietro quando c’è da fotografare attori o personaggi dello sport, tanto da collaborare con riviste come Sportweek, Vanity Fair, Glamour – per citarne alcune.
Qualcuno forse la segue già su Instagram, qualcun altro potrebbe aver visto qualche suo scatto nelle pagine social di artisti come Ministri, Subsonica, Lorenzo Fragola.
Io ho avuto l’opportunità di farci una chiacchierata, tra un racconto dei suoi inizi e qualche aneddoto sulle personalità che ha avuto modo di raccontare, e voglio rendervi partecipi.
Sei una fotografa in ambito musicale, che è tipo la cosa più figa del mondo. Domanda banale, ma devo: come hai capito che ce l’avresti fatta? (Se l’hai capito, ma io penso che tu ce l’abbia fatta)
Ogni tanto penso a quanto durerà, nel senso che è stato faticoso iniziare e mantenersi. Cioè, è il mio lavoro! E non sono ricca di famiglia, quindi devo sempre avere l’ansia del fine mese.
Prima che fotografa di musica sono un’ascoltatrice; quando ho iniziato, 15 anni fa, facevo l’assistente di studio di moda e ho capito che non ero interessata, volevo fare le foto a quello che viveva intorno ai live.
Ho inizato a chiedere cose come “posso venire a casa tua mentre fai il caffè?” o “stai registrando il disco, posso venire a farti le foto?”. Molti dicono sia sbagliato non farsi pagare, però se non hai un portfolio, all’inizio, come fai?
È difficile, non sai mai cosa ne sarà di te, speri sempre nelle uscite di dischi nuovi soprattutto degli artisti con cui hai un rapporto, finché non si stufano e non vogliono cambiare mano. Però è faticoso perché siamo tanti.
A volte fotografi anche altri personaggi, prendo come esempio Chef Rubio per gusto personale. Noti differenze o per te è uguale perché in ogni caso stai raccontando qualcuno?
Per me è uguale. Per dirti, mi piace tantissimo anche lavorare per Sportweek. Mi fa fotografare gli sportivi, ma che sia il campione del mondo di scii o che sia il super calciatore, è indifferente. Sono persone, se posso rappresentarle un po’ come piace a me può essere anche il portinaio.
È brutto quando devo fare delle foto che non mi rappresentano, capita anche con la musica. Sono più in difficoltà a fare una cosa che non mi rappresenta che a fotografare il “baskettaro” o il calciatore a modo mio. È per quello che nella musica non mi piace il sottopalco, perché nel sottopalco tu non hai il contatto con la persona, chi è sul palco quasi non ti vede neanche. A me piace fare il resto. Che sia il musicista, il calciatore, Chef Rubio poco importa.
Infatti leggevo che una volta hai fatto delle foto a Salmo. Eri a casa sua e avete ordinato la pizza ed è uscita una foto bellissima. Ma ti capita spesso una cosa del genere?
No, dipende. Lì è venuto figo perché eravamo da lui ché aveva lo spazio per montare il set e soprattutto ci siamo dovuti ritagliare il tardo pomeriggio. E’ arrivata l’ora di cena e abbiamo ordinato due pizze e una pasta. Abbiamo mangiato – veramente, non era una gag per fare la foto! – io avevo lì la macchina, ho scattato e siamo andati avanti a mangiare. Poi ci siam tenuti la foto. Succede se la persona che hai davanti permette di entrare in confidenza o di uscire dal prestabilito.
A proposito di “chi hai davanti”, tu sei nata e ti sei formata a Milano. Credi che questo abbia influito?
Ti dirò, abito in un paesino di campagna in mezzo alle risaie, però sono lì tutti i giorni. La fortuna è che a Milano se vuoi puoi andare ogni sera a un concerto, che sia una roba gigante o un piccolo clubettino.
Era perfetto per allenarsi, il mio portfolio iniziale era di amici che suonavano non dico negli oratori, ma quasi.
Ovviamente se vivi in un posto piccolino in cui succede poco lo fai con quello che trovi lì, può essere il palchetto del clubettino o dell’osteria. Ovvio che per lavorare è un po’ più facile se sei vicino alle discografiche. È solo una questione di opportunità, a Milano ne hai di più, banalmente.
Seguendo fotografi musicali anche meno affermati, mi è capitato di leggere di problemi con chi non rispettava il copyright. Ti è mai capitato? Come l’hai affrontato?
Succede perché è cattivo uso che succeda. Io metto le foto online, tu te la scarichi o semplicemente fai lo screen e poi lo reposti, sta alla tua onestà dire che la foto è “rubata” (ovviamente quando succede senza autorizzazione). Se te la vuoi stampare e mettere in cameretta io non lo saprò mai, però se tu giornale online lo fai e lo copi lo sai perfettamente che stai commettendo un reato.
A me su un giornale non è successo, ma è successo che l’abbiano presa i fan per delle pagine. Sai già che se la metti sul social c’è quello che te la re-posta, che la mette sul fanclub o come immagine del profilo. E’ un po’ il gioco dei social. Sta un po’ nell’intelligenza di chi lo usa. Se dovessi scoprire un giornale cartaceo oppure un sito, beh sì, farei qualcosa, ma i grossi dovrebbero essere intelligenti e non farlo.
Hai qualche ricordo di quelli che ci pensi e dici “menomale che faccio questo lavoro” oppure “oddio quella volta è successa questa cosa, è andata male, me ne ricorderò”?
Le cose brutte non te le posso dire, ché non è carino, ma ce ne sono un sacco! Invece è bello quando ormai sei talmente tanto in confidenza con la persona.
Per esempio, è da sette anni che faccio le foto ai Ministri, con loro non mi sembra neanche di lavorare, è come prendere un caffè con un amico.
Abbiamo fatto le foto per l’ultimo video, Fidatevi, che era di notte e faceva un freddo becco. Sarebbe bastata mezz’ora, ma era talmente carino andare in giro di notte sul furgone, sai il thermos col the caldo, quelle cose un po’ così… Ho mollato alle 6 del mattino perché il giorno avevo un altro lavoro. Quando è talmente piacevole la compagnia pensi “Sto lavorando, però che fortuna, sono tutte persone molto piacevoli e in più sono pagata per fare una cosa bella”.
Capita a volte anche con uno che hai conosciuto la mattina, ti ci presenti, cominci a scattare, e capisici che è super disponibile, si fida di te e osi fare delle cose che magari non avresti messo in preventivo.
Un consiglio per qualcuno che magari voglia intraprendere questa strada?
Di scattare. Nessuno ti viene a cercare, se stai a casa e ti lamenti nessuno lo può sapere. Anche quando non hai voglia però c’è l’occasione… scattare, tutti i giorni. Io non scatto tutti i giorni per lavoro, se ho una serata libera ne approfitto e scrivo a qualcuno che fa un concerto… magari, ti dico, anche avendo già il biglietto eh!
Sabato sono andata dai Coma Cose che non conoscevo ma di cui ero fan. Volevo fare loro una foto dopo il live tutti sudati, come faccio sempre. Ho scritto e hanno accettato. Quando sono arrivata lì la pigrizia mi ha fatto pensare “sarei stata sul divano a 40 km da qui” e invece il concerto fighissimo, loro due persone squisite e abbiamo fatto delle foto fighissime. Sono tornata stanca morta alle 3 di notte ma ero veramente felice. E non era un lavoro commissionato, era un mio desiderio di far loro le foto.
Se uno sta a casa nessuno lo trova e nessuno lo cerca, soprattutto.
Foto di Federico Ciamei