Grandi speranze, occhi aperti, cuore socchiuso: arrivederci Vasco Brondi
Molti di noi, leggendo dell’addio di Vasco Brondi al progetto “Le luci della centrale elettrica”, non hanno potuto fare a meno di pensare che questo evento rappresenti la fine di un periodo estremamente significativo della propria vita. Siamo gli stessi che anni fa andavano in giro con le frasi dei suoi pezzi scritte con l’uniposca sull’eastpak e che nel tragitto scuola-casa ascoltavano “Per combattere l’acne”.
“È arrivato il momento di alleggerirsi, di ripartire in altre direzioni e di farlo senza questo nome“, ha dichiarato Vasco Brondi, instaurando un senso di tristezza ai più affezionati ma, allo stesso tempo, una forte curiosità per ciò che avverrà da questo momento in poi. Perché sarà anche la fine de Le Luci, ma il cantautore non sembra avere intenzione di fermarsi. Altri progetti, altre parole, altri concerti, altra musica: ci aspetta sicuramente una piacevole sorpresa.
In questi dieci anni abbiamo visto diverse evoluzioni fino ad arrivare a Terra, album uscito nel 2017, in cui abbiamo trovato un Vasco nuovo, cambiato, cresciuto. C’è chi ha apprezzato questo cambiamento, chi con nostalgia ha continuato a guardare al passato, chi invece considera Costellazioni il suo album migliore. In ogni caso, oggi, siamo tutti accomunati dallo stesso senso di malinconia mentre ci affrettiamo ad acquistare i biglietti per l’ultimo tour de Le luci della centrale elettrica.
Come perderlo, d’altronde? I live di Vasco Brondi sono sempre stati caratterizzati da un elemento che non si può sottovalutare, la sua capacità di rendere il tutto estremamente intimo anche con un locale completamente pieno. Siamo curiosi, frementi, perché stavolta sarà speciale. Una sorta di addio, che però addio non è, perché aspettiamo con ansia i risvolti che avrà questa decisione sulla sua carriera.
Con questo ultimo disco, 2008-2018: Tra la via Emilia e la Via Lattea, Vasco ha deciso di lasciarci un regalo.
Si tratta infatti di un doppio album che contiene i pezzi migliori, quelli che non riuscivamo a smettere di ascoltare, che ci sono rimasti più impressi, gli stessi che ancora oggi ci suscitano emozioni inconfondibili. Cara catastrofe, Macbeth nella nebbia, Piromani, fino a brani come Ti vendi bene e Chakra. E’ un best of che contiene anche due inediti, Mistica e Libera, più un live in studio.
Grandi speranze /
Occhi aperti, cuore socchiuso /
Mentre cerchi parcheggio /
Mentre cerchi un destino /
Un lavoro un’altra vita /
Stavolta a Torino /
Io verrei ma non posso /
C’è il mare mosso /
Verrei ma non posso /
C’è il mare mosso
È un brano che abbiamo apprezzato perché in parte ci ricorda il passato. Come lui stesso ha dichiarato potremmo pensare che la ragazza di “mistica” sia la stessa di “piromani”, semplicemente perché le sue canzoni vanno interiorizzate ed interpretate, hanno questa grande capacità di lasciarci immergere totalmente in una storia altrui per poi vederci dentro la propria, magari a tratti, magari interamente, non importa. Nel profondo veneto, ad esempio, potrebbe raccontare la paura di un’intera generazione: quella di credere di aver fallito, di tornare a casa sì, ma sconfitti e contenti. E ancora, con la stessa Mistica: quanti “verrei ma non posso” ci siamo detti in questi anni? Quanti mari mossi ci hanno fermato? E potremmo continuare per pagine e pagine.
Dietro di te le macerie, le false speranze /
Le case in cui avresti voluto vivere /
I ritmi per realizzare l’impossibile /
Adesso puoi non pensare alla tua immagine /
Essere più trasparente /
Ritornare sconfitta e contenta /
Facendo finta di niente
Effettivamente chi lo ha seguito in questi anni è cresciuto insieme a lui e a tutte le sue evoluzioni, perdendosi e ritrovandosi nei suoi pezzi.
Forse Vasco Brondi ha davvero raccontato una generazione, o semplicemente si tratta di un uomo che ha parlato di sé portando i suoi pezzi fuori dalla camera, lasciandosi ascoltare. E poi è successo quello che succede sempre quando qualcosa ci emoziona: li abbiamo fatti nostri, ascoltandoli e riascoltandoli, tra appartamenti subaffittati e brutti film in cui la gente si rincorre, macchine parcheggiate male, stelle sui viali e quattro-cinque amici in un bar.
“Mi sono accorto che parlando di quel che conosci bene riesci a essere universale. È stata una scoperta notevole. È stato incredibile andare in posti di cui neanche sospettavo l’esistenza e trovare ragazzi che cantavano canzoni che mai pensavo avrebbero varcato la soglia della mia camera”, ha dichiarato durante una recente intervista, a questo proposito.
La scrittura di Vasco Brondi, spesso non capita e criticata, d’impatto perché fatta di immagini spesso discusse, definite “senza senso”, è in realtà un modo di scrivere che appartiene alla poesia più che alla prosa.
Le poesie sono costruite attraverso giochi retorici, immagini non sempre chiare, riferimenti. Ciò che vive dentro l’animo umano non è semplice, è confuso e raramente immediato. La sua scrittura è questo, un lungo raccontare il suo mondo interiore e dare, senza volerlo, agli altri la possibilità di ritrovarsi nelle sue parole.
Probabilmente non poteva chiudere questi dieci anni in un modo migliore, salutandoci in giro per i teatri italiani, raccogliendo i momenti più belli della sua crescita musicale, lasciando allo stesso tempo una porta aperta, quella per un nuovo progetto in vista. E noi, sicuramente, saremo qui ad aspettare questo nuovo Vasco, con tutti i cambiamenti che comporterà la sua scelta, ma sempre con la stessa incredibile capacità di coinvolgerci, stupirci, commuoverci e farci sorridere.
Addio fottiti, ma aspettami.