La siciliana (d’adozione) Roberta Arena aka Diana alla sua prima prova da solista. Un album immaginifico composto da storie di vita vissuta raccontate con uno stile sognante ed etereo. Si parla di sentimenti in tutte le sue forme, la musica “spiega” più delle parole l’evoluzione dell’amore e il rapporto dell’uomo con la natura.
“Diana nasce nel 2015 in una sera di novembre quando finalmente decisi di portare alla luce i miei pezzi, composti negli anni e riposti gelosamente nella mia mente e sul mio pc. L’esigenza di esprimerli era diventata più forte di quella di nasconderli. Diana nasce con una canzone, “And you can’t build the night”, quella notte, d’improvviso Lei si svegliò”.
Partiamo dal nome che hai scelto come nome d’arte, Diana. Perché non Roberta?
Diana è il mio secondo nome, l’altra parte di me. Mi piaceva l’idea di sdoppiare i due personaggi perché effettivamente sono due parti di me molto diverse, ma non soffro di bipolarismo tranquilli ahahah!
Quando ho scelto il nome Diana non ho pensato molto a quello poteva significare per gli altri, però devo dire che poi andando a ricercare le varie figure mitologiche e storiche, credo che questo nome mi calzi a pennello, non tanto perché dea della caccia, ma in quanto dea dei boschi e della Luna.
Sono un’anima notturna. Compongo spesso di notte. Credo che ognuno di noi abbia una doppia “anima”, Diana è sicuramente la parte di me che preferisco, che mi fa stare bene.
Iniziamo parlando del tuo rapporto con l’elettronica e di come è nato.
È quasi un rapporto di amore ed odio! Ho iniziato a suonare le tastiere con gli Orca/Biplob, band che avevo prima di iniziare il progetto solista. Nazario Di Liberto, uno dei componenti, mi insegnò un po’ di cose e da lì me ne sono innamorata! Devo dire che spesso chi si appassiona al mondo dei synth difficilmente ne esce vivo, è una vera e propria droga! Mi piace perché riesco a creare le atmosfere che voglio, a trasmettere dei sentimenti, a far immaginare qualcosa che non c’è, almeno spero! E poi è un mondo così affascinante ed infinito!
Il tuo album “And you can’t build the night” uscito lo scorso 28 Settembre parla di storie di vita vissuta. Raccontami un episodio della tua vita che è diventato una canzone.
Devo dire che quasi sempre preferisco non parlare dei miei sentimenti, mi piace tradurli in musica. Mi sento protetta dentro una canzone, dietro la musica. Dato che però me lo hai chiesto ti parlo di “Nostalgia di Saturno”.
Mentre ero al pc mi erano venuti in mente degli accordi corredati da arpeggiatore con una linea di basso molto profonda e massiccia. Mi ricordo che quella sera ho buttato giù la strofa e uno special. Durante il giorno successivo passeggiavo per il corridoio di casa e pensavo al pezzo composto la sera precedente e mi era venuta in mente una melodia per la voce. Quando capita di comporre qualcosa ma non di finirla, spesso passi il giorno successivo a sentirla dentro, ad immaginarla. Nel 90% dei casi non hai il tempo di finire il pezzo, quindi mentre il tuo corpo si comporta normalmente svolgendo le normali attività della giornata, la tua mente pensa solo al pezzo e immagina.
Finalmente era sera e avevo la possibilità di risentire quello che avevo fatto, dovevo capire se era come lo ricordavo e se quello che avevo immaginato di mettere ci poteva stare.
In quel periodo pensavo all’amore, ma non in maniera triste. Pensavo all’amore che supera ogni ostacolo, a quell’amore che supera la crisi. Ad un certo punto mi siedo per continuare il brano e mi accorgo che tra vari synth che avevo inserito ce n’era uno che si chiamava Saturn lead. Lì mi è scattata l’idea, tutti miei sentimenti di quel momento, tutto quello che stavo vivendo nella storia d’amore, poteva avere delle analogie con la “storia” di Saturno. Ho ricordato quello che avevo letto su Saturno e ho iniziato a buttare giù il testo.
In Nostalgia di Saturno parlo di un momento di crisi, dove si scava dentro se stessi e si capisce che l’amore non è finito e che dobbiamo ricordarci sempre di quello che si è vissuto, di quello che si è provato. In un attimo di sconforto si è nostalgici, si spera che ritornino i momenti felici, si spera di superare qualsiasi avversità. Ribellarsi ad un destino già segnato e lottare contro tutto e tutti perché questo non avvenga.
Mi incuriosisce la scelta di cantare in italiano e in inglese all’interno dello stesso album. In base a cosa scegli di scrivere in una lingua piuttosto che nell’altra?
Non ho una regola, devo dire che vado molto a pelle, a sentimento. Credo che mi faccia influenzare dalla musica se compongo prima quella e poi le parole o da quello che sto vivendo in quel momento.
Parlami un po’ del video di “He Was Angry” per la regia di Giuseppe Lanno. Come è nata l’idea?
Io e Giuseppe siamo amici, ed è un’amicizia poco “parlata”. Di quelle che ti capisci a gesti o con una canzone. Ho veramente bisogno di dire poche cose con lui. Ormai è il mio Regista di fiducia! La nostra amicizia nasce per caso e si coltiva nel tempo. Dividemmo una serata in un locale palermitano (perché lui è anche un bravissimo musicista, Lucio, di cui sentirete parlare) ma proprio quella sera scambiammo giusto due parole.
Fu per il video di Ottanta che nacque tutto. Mi sono affidata a lui, ed è stato proprio quel percorso a segnare il nostro rapporto, fatto di stima e affetto sincero. Prima di fare un video lui vuole sapere tutto, io al solito non mi apro completamente ma magicamente lui capisce sempre il senso delle cose e mi stupisce proprio per questo. He was Angry nasce da una visione. Immaginavo questa storia di violenza, che in parte ho vissuto, ma l’ho enfatizzata, come succede da piccoli e l’ho immaginata come nei film americani, la ragazza che scappa dalla contea X per rifarsi una vita e iniziare a vivere. Una storia alla Susanne Vega come dico sempre io. D’altronde i miei ascolti sono stati anche quelli. La fuga e l’attrazione per ciò che ci fa male e non riusciamo a espellere sono alcune delle cose che sorreggono il video e questa storia.
Sono previste delle date che ti porteranno in tour con il tuo nuovo album?
Ci stiamo lavorando, dovrei iniziare presto a suonare in giro per l’Italia! Probabilmente partirò dalla Sicilia per poi spostarmi nella penisola!
Un saluto per i lettori di Le Rane…
Un grande saluto ai lettori de Le Rane! Ci vediamo in giro, e prima su tutte le piattaforme digitali!
Giulia Perna
Meglio conosciuta come @machitelhachiesto. Salernitana di nascita e bolognese per amore di questa città. Ha conseguito il titolo di Laurea specialistica in Comunicazione pubblica e d'impresa presso l'Università di Bologna. Si definisce "malinconica per vocazione". Da grande vorrebbe osservare le stelle. Crede nella forza delle parole, nella bellezza che spacca il cuore e nella gentilezza rivoluzionaria. Le piace andare ai concerti, mischiarsi tra la gente, sentire il profumo del mare e camminare sotto i portici.