Oggi abbiamo il piacere di presentarvi in anteprima il videoclip di Unità, nuovo singolo di Cardo per la label Dischi Rurarli. Unità è una canzone che parla di unione, di un concetto di unità perduta che tra due persone può estendersi a tutti e paradossalmente alla situazione globale che stiamo vivendo. Più attuale che mai quindi, la canzone è un inno all’unità, la forza delle canzoni di Cardo si racchiude spesso in un inno emblematico e significativo del brano. Così anche in questo.
Cardo lo conosciamo bene, abbiamo lanciato il video del suo primo singolo “Portami al mare” quasi due anni fa, ma al di là di questo abbiamo seguito il suo percorso sin dagli anni dei Botanici. Siamo amici e dato che qualche giorno fa chiacchierando in direct sono venuti fuori un po’ di argomenti interessanti, ho deciso di sfruttare l’occasione di questa anteprima per fare con lui un po’ di considerazioni su alcuni temi particolari oltre che parlare del suo nuovo singolo.
Mirko raccontaci “Unità”, come nasce il brano e il video che oggi presentiamo in anteprima?
Unità nasce come un un inno all’unità. Riflettevo su quanto oggi fosse difficile riuscire a mantenere un legame di qualsiasi tipo, amore, amicizia e quanto l’unione tra le persone sia spesso labile, “ci si dimentica in fretta” come dicevo in “Dammi da bere“. Il brano nasce quindi su questa riflessione, nel mentre pensavo ad una festa dell’unità alla quale partecipai qualche anno fa e da qui ho costruito questa sorta di metafora, un gioco di immagini e di parole che poi è l’inno del brano stesso e il ritornello: “i più uniti alla festa dell’unità eravamo io e te, che più uniti di così non si può, come ci siamo persi”. Unità quindi è un inno all’Unità.
Il video invece nasce in questo periodo. Siamo in quarantena quindi i mezzi a disposizione sono pochi, idem per le location accessibili, ma alla fine la cosa che più conta è l’idea. Volevo un video diretto, che arrivasse direttamente all’ascoltatore e spettatore, non a caso guardo in camera per quasi tutta la durata del video. Si tratta di un video cult nel significato e nell’estetica, quello stile cult di cui ne ho fatto un marchio di fabbrica. Ricorda un po’ i videoclip dei primi anni ’90 inglesi, la camera molto dinamica e quasi mai ferma, che avanza, indietreggia, scruta, scappa. Nulla di improvvisato, ho studiato, appreso da vecchi film e videoclip, mi sono appuntato tutte le inquadrature prima di girare il video, mio fratello riprendeva e nel mentre facevo la regia. Sono soddisfatto del risultato.
Guarda in anteprima il video di Unità, nuovo singolo di Cardo
Che ne pensi di questi palliativi che sono i live sulle dirette social? Ne hai fatte o ti hanno chiesto di farne?
I live in diretta social li vedo come una buona occasione per mantenere un contatto con il proprio pubblico in questo periodo particolare. Sicuramente vanno presi con molta leggerezza, sono più un’occasione per stare insieme, un momento di condivisione, un momento dove l’artista in mancanza del live vero può comunque stabilire un contatto (virtuale) con il proprio pubblico. Non devono durare tanto e preservare la propria leggerezza. Ne ho fatto qualcuno e credo anche non debbano essere troppo preparati, nel senso che devono essere interattivi senza seguire troppo un canovaccio.
Ecco, credo sia importante che ci sia una maggiore interazione in questo senso, è un momento di leggerezza dove a volte faccio anche qualche cover oltre ai miei brani, un momento che deve coinvolgere e divertire l’artista e i fan. Certo non possiamo parlare di sostituire il live vero e proprio per questo credo sia anche sciocco provare a riproporre uno spettacolo partendo da questa pretesa, è una diretta social e come tale ha bisogno della sua interazione e del suo modo di comunicare. Per il resto speriamo tutti di tornare presto ai live dal vivo.
Hai letto? Pare si vogliano fare dei concerti Drive-in. Che ne pensi?
I concerti drive-in li vedo un po’ una stronzata passatemi il termine, un’idea di qualche addetto ai lavori un po’ fantascientifica a mio avviso. Capisco comunque il momento difficile quindi la comprendo. La vedo una cosa molto difficile da applicare nella realtà. Un’artista che fa i palazzetti lo facciamo a Imola? al Mugello? Non so, non siamo in America quindi credo che siano anche pochissimi gli spazi così grandi. In quanti poi pagherebbero un biglietto per assistere ad un concerto chiusi in auto? Probabilmente io non ci andrei neanche gratis. Il live è condivisione, è un momento di partecipazione collettiva, ai live si va non solo per vedere l’artista ma anche per stare con le persone e condividere un’esperienza collettiva che abbraccia tutti i sensi, non solo la vista e l’udito, un’esperienza che emoziona, totalizzante e coinvolgente. Senza queste cose non possiamo parlare di live.
Un’esperienza live in formato drive-in non regala nulla di tutto ciò. Poi è importante mettersi anche nei panni dell’artista che si trova a suonare davanti un a un distesa di auto. Io onestamente rabbrividisco soltanto all’idea, poi se qualcuno pensa possa essere la salvezza per l’economia dei live lo faccia pure ma non credo sia la soluzione. Gli artisti entusiasti di questa cosa li comprendo poco. Piuttosto pensiamo a soluzioni che garantiscano maggiore sicurezza, soluzioni con eventi a ingressi limitati e di facile gestione, soluzioni adatte anche ai piccoli live e ai piccoli artisti che comunque costituiscono una buona parte del circuito dei live. Personalmente posso andare a vedere un film con il drive-in ma estendere questo format ai concerti è una grande forzatura che molto probabilmente sarà un flop. Mi stupisce che molti la prendano seriamente in considerazione. Scendiamo sulla Terra, please.
In direct parlavamo della saturazione del mercato musicale e della mancanza di un circuito nuovo che supporti musica autentica. Dal punto di vista di un musicista, cos’è successo esattamente secondo te negli ultimi 5 anni?
Negli ultimi anni è successo che quella scena indipendente che esplose cinque anni fa, oggi è diventata una sezione abbastanza grande del pop e nello stesso momento si è creata la famosa carovana di quegli artisti che ancora giocano a fare il pop imitando i predecessori di successo, pensando di arrivare così per imitazione al successo. Il presupposto è: se la formula per avere successo è questa la uso anch’io ed è fatta. Purtroppo non funziona così. Si è creato quindi un esercito di cloni senza personalità e contenuti, artisti comunque sostenuti e finanziati dalle etichette e da tutto il circuito per lo stesso principio di cui sopra. Ma questo è il male minore.
Non vi è stato poi il ricambio di un circuito che tornasse a supportare la scena indipendente. Questo è il punto cruciale. Quindi diciamo che questa situazione generale ha creato un vuoto verso quella parte di musica indipendente autentica, quella fatta di artisti che non hanno seguito la moda, artisti che con passione e amore per la musica sudano i tour, lottano per conquistarsi qualche fan, quegli artisti che portano avanti le proprie idee e un contenuto e che mettono avanti la propria musica. Mi spiace dirlo ma questa categoria di artisti riceve sempre meno appoggio dai promoter e dagli addetti ai lavori come se fossero tutti accecati da questa chimera del successo ad ogni costo, secondo un principio che si basa quasi esclusivamente sui numeri di Spotify, i follower, numeri che non sono quasi mai lo specchio della realtà nei live.
Personalmente spero che si ricostituisca una bella scena indipendente, di artisti e promoter che guardino prima di tutto all’offerta artistica come si faceva qualche anno fa. Fino al 2016-2017 ancora mi divertivo ai concerti, a vivere la scena musicale e ad essere io stesso anche fruitore. Oggi no, abbiamo fatto la stessa fine del calcio che ho smesso di seguire a ventidue anni per lo stesso motivo. Dobbiamo ridimensionarci un po’ tutti e riappropriarci di alcuni valori perduti.
Spesso qualche artista ci chiede se abbiamo dei “pacchetti promozionali”. Che ne pensi di queste dinamiche e delle playlist a pagamento? Ti hanno mai chiesto soldi in cambio di articoli, post o inserimenti in playlist?
Anche qui tocchiamo un tasto altrettanto dolente. Ogni tanto mi capitano queste proposte, mi faccio una risata ed evito di rispondere. A volte queste proposte arrivano anche da community, fanzine o playlist piccolissime appena nate, quindi realtà che dovrebbero pensare a tutto purché ai soldi. Mi è capitato di ricevere questo tipo di proposte anche da realtà più grandi. Torniamo al discorso di prima e alla priorità che oggi viene data al denaro. Io non credo che Le Rane siano nate con questa idea dieci anni fa (auguri per il recentissimo compleanno), credo siano nate con l’idea di supportare la musica indipendente in maniera genuina, vi conosco da anni e ancora oggi siete tra i pochi a fare questo mestiere con passione e amore per la musica.
Oggi un po’ perché è esplosa la bolla, c’è questa malsana tendenza a voler lucrare sugli artisti indipendenti, artisti che già fanno una gran fatica per produrre i dischi, fare i live e poi si trovano davanti a scenari di questo tipo, in alcuni casi avvilenti. Per fortuna c’è ancora chi lo fa con passione e ci sono ancora realtà come voi che propongono nuova musica con lo spirito giusto, quindi davvero grazie a Le Rane e a chi supporta la buona musica indipendente. Spero di aver parlato a nome ti tanti altri artisti come me.
Lasciamoci con qualcosa di positivo. Consigliaci 3 dischi italiani sconosciuti che dovremmo scoprire.
Direi proprio di sì, sconosciuti o poco conosciuti, che meritano di essere ascoltati dato che non sempre i numeri rendono giustizia alla qualità di un disco.
Per gusto personale mi sento di consigliare:
- Ingrediente novus – Moltheni (2009)
- 100 giorni da oggi – Amour Fou (2012)
- Tutto finirà bene – Blastema (2015)
Raffaele Nembo Annunziata
Sono Raffaele Nembo Annunziata, direttore e fondatore de Le Rane, spero che sia stato di tuo gradimento ciò che hai trovato da queste parti. Torna presto!