Alberto Pizzi, in arte Messia, classe 1991, nasce e cresce a Bologna, dove all’età di 16 anni si avvicina al mondo dell’hiphop. Si fa spazio nella scena locale e non solo, distinguendosi nei live in apertura a esponenti di spicco del rap italiano, e nei principali contest di freestyle nazionali.
Negli anni dell’università, l’incontro con l’associazione poetica Zoopalco e con il produttore Turo (al secolo Andrea Turone) lo portano ad avvicinarsi a sonorità elettroniche e a mescolare le metriche del rap con la cifra comunicativa dei poetry slam.
A marzo 2019 pubblica il primo singolo, si intitola “Matondo” ed è il primo capitolo del progetto discografico che si svilupperà lungo tutto il 2019.
Capiamoci. Io non penso di essere il Messia. Per me è solo un nome d’arte, lo vedo come qualcosa di simile al titolo di un libro. E proprio come nel caso di un libro, o di un film, il titolo può veicolare significati aggiuntivi, creare delle aspettative, offrire delle chiavi di lettura. L’identità artistica è parte della performance. Ciò per me comporta la ricerca di soluzioni creative anche nella scelta di quale maschera indossare, e del modo in cui rapportarsi con essa
Matondo è un brano che ho scritto per farmi forza in un momento di difficoltà. Nasce dal desiderio di ritrovare fiducia, in se stessi e negli altri. È un brano personale, ma allo stesso tempo politico: credo infatti che anche noi, come nazione, si stia attraversando un periodo di bassa autostima, di depressione
Il videoclip che vi presentiamo in anteprima è un road movie, resoconto del viaggio in Tunisia che Messia ha fatto in compagnia dell’amico e regista Rodolfo Lissia, partendo da Bologna passando per Tunisi fino al Deserto del Sahara. Il montaggio e le animazioni sono di Mattia Camangi.
È un video meticcio: attualmente Rodolfo lavora a Tunisi mentre Messia e Mattia vivono a Bologna, anche in post-produzione hanno lavorato a distanza, con idee e bozze che viaggiavano tra Europa e Africa.
Guarda qui il videoclip di Matondo, il nuovo singolo di Messia
Messia, hai scelto un nome d’arte non proprio “leggero” da indossare. Raccontaci come ti è venuta questa pazza idea…
L’ho scelto perché mi piaceva, suonava potente, poi col passare del tempo è diventato un contenitore di idee, quasi una linea di ricerca. Diventa più leggero se non lo si prende troppo sul serio, se si pensa all’identità artistica come a una maschera, sempre costruita e comunque inevitabile.
“Matondo” è il tuo primo singolo. Quale storia racconta?
Direi una storia di scoperta, nel senso che a volte pensi che le cose stiano in un certo modo e poi capisci che non è così. Un po’ come la Terra che a un primo sguardo si direbbe piatta, con il Sole a girarle attorno, ma poi gli esperti e le foto satellitari offrono un punto di vista differente. Insomma, andare oltre le apparenze non sempre è un male.
Come nasce la tua passione per la musica e quando hai capito che volevi fare sul serio?
Quando ho capito di essere timido e che questo era il solo modo per coltivare la speranza di riprodurmi.
Il video di “Matondo”, che presentiamo oggi in anteprima per Le rane, è stato girato nel deserto del Sahara. Raccontaci qualche aneddoto di quei giorni…
Il video racconta di un viaggio che ho fatto in compagnia di Rodolfo Lissia, amico e regista, che attualmente risiede e lavora a Tunisi. Da Bologna l’ho raggiunto e insieme ci siamo recati nel deserto del Sahara dove abbiamo trascorso tre notti, accompagnati da due guide, dormendo in tenda e camminando durante il giorno, con le provviste trasportate dai cammelli. È stata un’esperienza intensa, il deserto concede spazio e tempo per meditare, per ritornare all’essenziale. Il video ha poi preso forma qui in Italia, con Mattia Camangi che si è occupato del montaggio e delle animazioni.
Parliamo del concetto di “viaggio” che possiamo spoilerare (ma si dai), tornerà a farci compagnia anche nei prossimi singoli che usciranno…
Il tema del viaggio mi è molto caro, e nel caso di “Matondo” penso che questo road movie colga perfettamente l’essenza del brano. Vorrei sperimentare ancora in questo senso, e direi che siamo sulla giusta strada.
Sei nato e cresciuto nella provincia bolognese e hai fatto un po’ di scuola in giro per i palchi di questa città, parlaci dell’esperienza con il collettivo di Zoopalco…
Zoopalco è un’associazione che si occupa di poesia orale, multimediale e performativa. È un gruppo di amici con cui ho collaborato molto in questi anni, partecipando ai loro eventi di slam poetry sia come performer che come spettatore. È un ambiente molto stimolante per chi come me si interessa all’uso della parola, in tutte le sue forme.
Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi?
Ho pronti altri brani nuovi, che usciranno presto, in cui ci saranno ancora le produzioni di Turo e altri interventi di PLATÓ. Con loro ho lavorato a stretto contatto in studio per più di un anno, a partire da alcune bozze che avevo accumulato durante gli anni dell’università. Ora sono pronto per liberare queste creazioni e lasciare che vadano per il mondo.
Giulia Perna
Meglio conosciuta come @machitelhachiesto. Salernitana di nascita e bolognese per amore di questa città. Ha conseguito il titolo di Laurea specialistica in Comunicazione pubblica e d'impresa presso l'Università di Bologna. Si definisce "malinconica per vocazione". Da grande vorrebbe osservare le stelle. Crede nella forza delle parole, nella bellezza che spacca il cuore e nella gentilezza rivoluzionaria. Le piace andare ai concerti, mischiarsi tra la gente, sentire il profumo del mare e camminare sotto i portici.