U.Nico – Me ne sbatto [Anteprima Clip + Intervista]
Oggi vi presentiamo in anteprima il videoclip di “Me ne sbatto”, il nuovo singolo di U.Nico, uscito per Resilienza Records. Il brano sancisce l’inizio di una nuova fase per l’artista: da Amasterdam passando per la Puglia fino a Milano, U.Nico fa un viaggio attraverso se stesso spogliandosi degli orpelli perbenisti e standardizzati del rap game italiano, fuggendo le imposizioni semantiche e altresì estetiche, di costume, che serpeggiano nella scena trap e hip hop italiana e che rimandano ad una scala valoriale distante dalla sua personalità, per trovare finalmente il suo posto come artista e come individuo all’interno della società.
“Me ne sbatto” è un “manifesto”, come lo definisce lui stesso, per dire (e dirsi) che non esiste il concetto di giusto/sbagliato, soprattutto nell’arte. E che l’unica verità, quella che brilla di luce propria e che, alla fine, è quella che conta, è la propria. Essere fedele al suo sentire, al suo sentirsi parte di un tutto e fregarsene di tumulti superficiali atti al nulla.
U.Nico è artefice, ovvero artista e maestro assieme, del suo destino. In questa breve ma intensa intervista ci apre le porte del suo mondo nuovo e ci racconta di come la via verso la consapevolezza, seppur costellata di ostacoli, sia l’unica possibile per far sì che la propria arte diventi sempre più identitaria e inclusiva.
Ciao U.Nico come stai? Oggi parliamo di “Me ne sbatto”, il tuo nuovo singolo uscito il 4 marzo per Resilienza Records e seguito dal videoclip che oggi presentiamo in anteprima. Raccontaci come nasce, di cosa parla il brano e perché l’uscita coincide con una data a te particolarmente cara.
In origine sono stato ispirato dalla base che mi è stata inviata da Pelvo (il produttore del brano) sulla quale ho sviluppato prima il ritornello e poi l’intero testo.
Il testo della canzone nasce da un riflesso emozionale sul mio percorso artistico, che mi ha portato alla realizzazione di “Me ne sbatto”, e che coincide con il periodo che seguì l’uscita del mio primo disco.
Ho iniziato a concentrarmi molto sulla musicalità, sul mio rap e sulla mia scrittura, interrogandomi spesso su quale fosse il modo migliore per farla comprendere alle persone. In quel periodo stavo cambiando io come persona e la mia arte con me. Mi sono sentito sempre un po’ fuori da un cerchio rap che è più convenzionale nella sua estetica più mascolina e da cui ho voluto staccarmi. Dire “me ne sbatto” vuol dire prendere le distanze da queste idee che non rispecchiano né me né il mio tipo di rap; vuol dire sentirmi libero di rappare vestito anni ’70.
Non solo.
Prima percepivo la mia scrittura come perbenista (nel senso che si conforma, per qualche strana ragione, destabilizzando l’artista stesso N.d.r.). Con “Me ne sbatto” mi autorizzo a non voler sembrare carino a tutti i costi; oggi sento che la mia arte può raccontare anche qualcosa in modo più duro, spigoloso, non necessariamente positivista.
Il singolo è uscito il 4 marzo, data in cui ricorre la nascita di Lucio Dalla che per me è stato una fonte di ispirazione sia dal punto di vista musicale che umano. Lui è stato uno dei primi a rompere il muro dell’orgoglio macho in un modo a cui non eravamo abituati, delicato e pieno di dolcezza. Far uscire il pezzo in questa data rappresenta un piccolo omaggio alle figure come Lucio che hanno rotto gli schemi di tutti i tipi, musicali, estetici e concettuali. Tanta roba, insomma!
Il video è stato girato nella natura grulla che costeggia il mare, sembra lei stessa dire “me ne sbatto”! Com’è nata l’idea e cosa rappresenta per te questo paesaggio?
In realtà è tutto molto più semplice di così, tant’è che non avevamo preparato uno script del video. Con Theo Amman (videomaker) e Alberto Conversano, un mio amico, siamo andati nella location che avevo già in mente. Un paesaggio vicino a Molfetta (BA), che è una spiaggia tra due lidi, non ha un nome né servizi di alcun tipo. Siamo andati lì e ci siamo guardati un po’ intorno, abbiamo iniziato a fare un po’ di riprese e ad un certo punto ho visto il muretto e ho pensato: “Uau mo’ vado sul muretto, vediamo che accade”!
Nessuna scelta concettuale è stata presa per il video, forse un’idea, oltre a quella di me in mezzo alla natura come base di partenza, era quella di riuscire a creare dei piccoli dipinti o immagini in grado di ricreare un’atmosfera senza tempo; unitamente alle scelte cromatiche, che lasciano al blu introspettivo e “jazzy” il compito di comunicare le profondità del pensiero.
A volte credo che certe cose siano già scritte senza che tu te ne accorga, è come se accadessero ma te ne rendi conto un attimo dopo; per esempio i testi che scrivo, mi succede che a distanza di anni ci trovo altri significati, sempre nuovi.
Guarda in anteprima il video di “Me Ne Sbatto”, nuovo singolo di U.Nico
Chi è invece U.Nico, fondatore di Resilienza Records, dj amarcord e giovane entusiasta della musica? Quali sono gli artisti a cui ti ispiri e che hanno segnato il tuo percorso artistico?
Ho scoperto l’hip hop in giovanissima età per mano di mio fratello che ballava break-dance. Un giorno mi ci portò e li scoprii l’hip-hop come cultura e il funk anni ‘70. Così iniziai ad ascoltare tantissimo rap italiano e qualcosa di americano, oltre i Pooglia Tribe, gruppo simbolo per noi in Puglia.
Nello stesso periodo, mio padre mi mostrò per la prima volta i vinili e mi insegnò a far funzionare il giradischi. Me ne innamorai all’istante e iniziai a collezionarli. Mi portava mamma, a Bari, e mi comprava il dischetto, avevo 12 anni. Da quel momento cominciai a coltivare il mio percorso di cultore di musica e collezionista di vinili (2000 ca.). Parallelamente mi avvicinai anche all’ambito della produzione, comprando le prime macchinette per fare musica e smanettandoci sopra.
Poi rividi un mio amico d’infanzia e scoprii che faceva il rapper. A quel punto gli proposi di rappare sulle mie basi: nessuno di noi aveva esperienza in niente e partivamo entrambi con la voglia di fare come motore pulsante. Nient’altro.
Facemmo un disco: “Tempi di Guerra”. E il duo andò avanti per un po’ (all’inizio mi chiamavo Nico P) finché non andai ad Amsterdam, sciogliendo di fatto il nostro sodalizio. Ad Amsterdam, città in cui sono rimasto 2 anni, ho composto il mio primo disco da solista e contestualmente ho conosciuto il mio socio Gianni Lepore (anche artista della label), Cristiano Bussolotti (sound engineer) e Theo Amman (oltre a videomaker anche artista della label) e fondato, anche con il loro supporto, l’etichetta Resilienza Records.
L’ho fondata proprio per dare una “casa” a chi come noi produceva musica e non veniva considerato dal mercato. Infatti, Resilienza significa che non ci sta una lira ma si va avanti comunque! Inoltre mi sono reso conto che era inutile stare ad aspettare l’occasione, che fino a quel momento non era mai arrivata, e quindi ho deciso di crearmela io stesso anche per dare una mano agli altri.
Abbiamo poi iniziato a fare i nostri primi lavori e a masterizzare le musicassette: le faccio io, una ad una a casa, le stampiamo in tipografia.
Il concept della label è anche quello di continuare a fare musica su supporti fisici. In un mondo digitale e liquido, da collezionisti ci dispiaceva che oggetti come vinili e musicassette non si producessero più. La musica te la devi comprare anche se non la ascolti, un po’ come i libri. Se ci pensi le musicassette non si possono praticamente ascoltare da nessuna parte.
Nel frattempo molti producer hanno cominciato a contattarci da tutta Italia e qualcosa anche dall’estero
Chi non si sente compreso, chi non ha spazio nel mercato discografico, o chi semplicemente non trova una realtà che possa valorizzare i producer e i beatmaker. Come orientamento siamo black e funk, ma siamo aperti a tutto e a tutt*. O meglio: abbiamo dei generi “preferiti” per poterci raccontare meglio (ad esempio non facciamo metal), l’importante è che il materiale sia autentico.
Resilienza è anche una community. Producendo tanti artisti diversi, la label è diventata anche uno snodo e un punto di riferimento da cui attingere tant’è che molti artisti che produciamo fanno poi delle collaborazioni tra loro, senza che ci sia l’etichetta di mezzo.
Quindi in futuro mi auguro che Resilienza Records possa diventare molto più che un’etichetta discografica! Diciamo che come ambizione, mi piacerebbe che diventasse la prima realtà a rappresentare la scena beatmaking italiana a livello mondiale.