“È un mondo che si è chiuso in casa” – intervista ad Alioscia, Casino Royale
Ci sono frasi, ritornelli, intere canzoni che hanno il potere della chiaroveggenza o che, nonostante il tempo, restano sempre attuali. Questa volta per la nostra cartolina dal passato ho deciso di fare qualcosa di singolare (d’altronde cosa non lo è in questo periodo). Nessuna recensione, ma un’intervista, approfittando di 2 accadimenti recentissimi. Un anniversario (25 candeline) di un album (Sempre più vicini) e l’uscita su Spotify di un bootleg (per i millenials: “registrazione non ufficiale di un concerto”) di una della band più iconiche della scena italiana anni 90, i Casino Royale.
E a rispondere alle nostre domande il loro frontman, cantante e irriducibile visionario Alioscia.
25 anni di “Sempre più vicini”, 3 anni fa il ventennale di “CRX”. Subito una domanda comoda: che effetto fa a distanza di tanto tempo rendersi conto (attraverso pubblico e addetti ai lavori) di aver scritto una pagina importante nella scena musicale di quegli anni, che probabilmente erano e sono la stagione più innovativa interessante ed indipendente che ci sia stata in Italia?
Allora, iniziamo con il dire che dopo più di vent’anni giustizia è fatta. Se possiamo parlare di storia, la nostra storia i commenti che girano ora ci danno ragione. Non che non fossimo convinti e consapevoli di fare qualcosa di abbastanza nuovo e innovativo per l’Italia, ma ora questa cosa sembra essere diventata ufficiale. Dopo più di vent’anni…
Dainamaita segna sicuramente il primo turning point per voi, viene abbandonato lo ska per un disco che ho sempre amato definire punk per attitudine. Da cosa nasce l’esigenza costante di reinventarsi musicalmente? Fu una scelta voluta nel corso degli anni o un qualcosa di fisiologico e naturale?
Non saprei dirti il perché, o meglio nulla è stato pensato a tavolino. Era passato un quinquennio e già da prima ascoltavamo ska, io Giuliano e Ferdi. Già in Jungle Jubilee avevamo un po’ imbastardito la faccenda, pezzi come The World is Your, Tam Tam Party o anche per assurdo Eddy the Hunter portavano nel lavoro in studio suoni che si mescolavano al levare.
Quando abbiamo iniziato a lavorare sul nuovo lavoro, due anni dopo, alla prima sessione in studio io non ho partecipato, la band è tornata con dei provini molto simili al sound del disco precedente ed io non ci stavo dentro. Da li ho iniziato a rompere le scatole e cercare di andare altrove o meglio a cercare di seguire la stessa evoluzione che i suoni originali da cui eravamo partiti avevano avuto. Lo ska in reggae e poi in ragga e dance hall, il funk in hip hop, abbiamo continuato a mescolare secondo il nostro solito credo, seguendo i dettami di approccio alla Sandinista dei Clash. Vale tutto e cerca di farlo con il tuo stile.
E veniamo a sempre più vicini. 1995. Bristol. Trip hop. E ci potremo fermare qui. Ma invece vorrei raccontassi come e dove è nato quel disco. E Se c’è un momento determinante che ricordi che vi abbia spinto verso quella sonorità?
Pronti tutti ad essere delusi? A me piaceva molto il lavoro che avevano fatto gli Almamegretta con l’album omonimo. Ho sentito Rino e mi ha parlato di Ben Young il produttore, lui veniva da Bristol. Cercavamo un suono di basso e batteria che fosse contemporaneo, noi nella ritmica avevamo comunque un approccio rock. Abbiamo fatto un test facendo con Ben un remix di “Re Senza Trono”, ci è piaciuto l’approccio e lo abbiamo coinvolto. Ci ha distrutti, è stato un momento tostissimo, batterie programmate e bassi suonati con i synth, tanti dei nostri schitarramenti black rock un po’ crossoveriani buttati al cesso.
“Suona ancora” sembrava all’inizio un brano lento dei Bad Brains con un cantato alla Sade. Noi di Bristol non sapevamo quasi un cazzo, Massive Attack e Portishead a parte, non avevamo idea della scena che forse manco era ancora stata definita Trip Hop. Siamo entrati in studio e con la sua maestria e la nostra creatività abbiamo trovato e costruito un nuovo suono per i Casino Royale. Un suono che poi siamo riusciti a portare dal vivo con una certa energia. Lì a Londra durante il mix abbiamo trovato le cassette dei mix appena fatti di Post di Bjork e di Maxinquaye di Tricky, siamo rimasti a bocca spalancata. Poi entrandoci dentro, tutto tornava, era gente che aveva avuto un percorso e degli ascolti simili ai nostri.
È uscito su Spotify un vostro live a Modena, del 1997 (post crx dunque). Crx è stato sicuramente un disco in cui il lavoro in studio, la produzione, la scelta dei suoni, le possibilità che l’elettronica dava vi ha permesso di realizzare un album dal sapore internazionale. Quanto è stato difficile portare quel disco e quell’ennesimo cambio di abito sul palco?
A parere mio è il disco più completo dei Casino Royale, se pensiamo a dischi usciti da un pensiero ragionato, non cambierei una virgola. Ma posso dirti che è il lavoro che ci ha distrutto, o meglio ha fatto collassare la band e da li è iniziata la diaspora che ha portato Palma ai BlueBeaters e il resto è un’altra storia. Dal vivo era abbastanza complicato, nel senso che avevamo dei campioni che Patrick mandava mentre suonava le tastiere e cantava. Ferdi aveva dei pad che mandavano segmenti di sequenze e suoni presi dal disco. Eravamo tutti in cuffia, zero monitor per avere un suono più pulito possibile.
Diciamo che il mix era costruito sul basso, gigante e profondo, poi beat in faccia, campioni, tastiere e chitarra che era suonato molto seguendo l’approccio usato con il campionatore. Ora ventitré anni dopo si è finalmente sparsa la voce che quel disco e quel live erano veramente al passo con quello che succedeva fuori Italia. Quando è uscito qualcuno lo aveva definito ironicamente il miglior disco del 2007
Dopo “CRX” e il progetto RYLZ, accade ancora una volta qualcosa che solo voi potevate “inventare”. Non escono più degli album, ma uno dei singoli, tra l’altro all’inizio scaricabili dal vostro sito. Una rivoluzione per il mercato discografico di allora (siamo a inizi anni 2000). In quella scelta c’era già da parte vostra il sentore che il mercato discografico stava andando verso una nuova dimensione?
Royalize all’inizio era stata una parentesi di Casino Royale. Sul palco eravamo io, Pardo, Patrick e Gruff, Ferdi il batterista ci faceva da tour manager. Ci è voluto poco a capire che ad alcuni non fregava un cazzo di quel suono e di quello strippo da club, ma i soldi però andavano bene. RYLZ, così poi ho riscritto il nome di quel progetto, poi ha avuto una sua vita ed è stato uno dei contenuti di Royality la nostra etichetta che ha pubblicato anche altra roba italiano come Sud Sound System, Gopher D e qualcosa di Esa el Presidente.
L’idea di spostare la riflessione sul domani, sull’imminente arrivo della rete e sul cambiamento che avrebbe portato è stata di Marco Conforti, il nostro manager. Un genio, un pazzo, un visionario e uno che sapeva essere molto stronzo e sapeva come descriverti il futuro e come incasinartelo. Con lui Casino Royale ha cominciato a far downloadare la musica quando internet andava ancora a carbone. Ci siamo ritrovati a pensare a strategie, manifesti a cercare di capire quale potesse essere il rapporto tra brand e artisti. Ma avevamo smesso di fare musica, in verità. Poi tutto è ricominciato…
So che ci sono progetti nuovi all’orizzonte. Ti va di parlarcene?
Da quando abbiamo ricominciato sempre in maniera discontinua a produrre, pubblicare e suonare saranno usciti tre o quattro lavori. Buoni, sempre Casino Royale a tutti gli effetti, ma lavori anche un po’ incompleti o condizionati dall’ansia di dover dimostrare qualcosa, o di dover tenere in vita la formazione malgrado tensioni che duravano da tanto. Abbiamo fatto cose molto, molto belle, ma il contesto e l’attenzione era cambiata. Gran parte del nostro pubblico ci ha sempre seguito e gran parte ha messo la musica nel faldone dei ricordi e l’ha levato da quello delle priorità.
Ora dopo l’ennesimo periodo di pausa, riflessione e di lavoro su altri fronti abbiamo riniziato a fare brani nuovi e tra poco sarà pronto un EP dal titolo POLARIS. La prima cosa che sta girando è la traccia più strana di sto lavoro, si intitola Scenario e la stiamo usando come suggestione per chiedere ad una serie di artisti di comporre una traccia che resti a testimonianza di questo periodo assurdo. Poi faremo una mega song assemblandole tutte, sarà una sorta di racconto, un opera collettiva, che nasce dai Casino Royale ma che vive una vita sua.
Ultime 2 domande, legate tra di loro e legate agli accadimenti presenti. Ti sei accorto in questi giorni, in cui magari hai visto post legati a sempre più vicini, di come molti titoli della tracklist potrebbero appartenere alla colonna sonora di un distanziamento sociale dovuto ad una pandemia (“Pronti al peggio”. “Anno zero”. “Ogni singolo giorno”. “Sempre più vicini” (un auspicio) e l’inno dell’Esselunga: “Seiinfila”)?
Guarda non so se essere così contento dell’attualità di alcuni passaggi dei testi di Casino Royale. Certo ho scritto pensando a cosa sarebbe accaduto, cercando di analizzare il presente per prepararmi al futuro. Da Dainamaita in poi ci sono decine di frasi, immagini, combinazioni di parole che continuano ad essere drammaticamente, a sto punto, attuali. E ascolterai il nuovo lavoro, iniziato quasi due anni fa, la prima frase del disco recita: “Io ora vedo, non prevedo, aria di festa e apocalisse”
Invece, più seria e personale. Il tuo legame con Milano è indubbiamente forte. Milano è una parte di te, e tu sei una parte di Milano, di quella Milano che negli ultimi anni ha mostrato una vitalità, un’energia in ambito culturale, musicale, artistico incredibile. Quanto fa male vederla e viverla così in questi giorni? E se pensi che questa ferita di potrà rimarginare in fretta proprio per merito di quella vitalità pre virus o temi che sarà una guarigione lenta e faticosa?
Milano… amore e odio, aspettative, promesse mancate, usata, menzionata, innalzata, sfruttata, abbandonata. È la mia città, io sono nato in periferia e poi sono stato accolto dalla città. L’ho vissuta, girata, osservata: per me è fonte di analisi, ispirazione e scrittura. La Milano raccontata da Casino Royale per assurdo è stata specchio in cui gente di altre città si è immedesimata. Mialno ha avuto una rinascita, dalla liberazione con l’elezione di Pisapia. Ha ripreso vita, ma ti dico anche che questo: credo nella continua crescita ha creato una città a due velocità e ora saranno cazzi, cazzi. Ma dalle situazioni più tese e difficili nasce sempre qualcosa di vero, tosto, essenziale, necessario a comunicare. Son fiducioso “Muori Milano poi muori e rinasci ancora“.
Foto in copertina di Michele Piazza