Una volta ho fatto un sogno: c’eravamo io e una cantautrice emergente, in mezzo a un prato che mi ricorda il giardino sotto casa mia. Io le chiedevo come mai fosse tornata. Non so cosa direbbe la Cabala di quel sogno, sta di fatto che un po’ ho sorriso quando ho letto il titolo dell’EP di Anna and Vulkan. Nel mio sogno c’era proprio lei e il suo primo EP si intitola Andare, tornare.
Questo EP racchiude dentro di sé un’identità ben distinta e un suono dal respiro europeo, che mi fa affermare con sicurezza che Anna and Vulkan è la voce più forte di questo ultimo periodo.
Andare, tornare ha destato l’attenzione di non poche persone e ascoltando le tracce si capisce bene il perché: le melodie trasportano, la voce di Anna and Vulkan non si confonde, il concept è l’esempio di un lavoro che è maturato negli anni e che ora ti rimane in testa, dalla ballade classica all’electro-pop.
Nell’EP della cantautrice partenopea è chiara la sperimentazione e l’amore di fare musica, sporcarsi le mani dalla scrittura alla produzione. Le sue origini le porta con sé in varie tracce e a noi consegna un EP attraverso cui conoscerla a fondo: come musicista, come produttrice, come creativa.
Ero molto curiosa di chiederle di più e di capire se un po’ ci avevo preso con quello che la sua musica mi aveva trasmesso: l’abbiamo intervistata per aprire le porte su di lei, sull’immaginario che si porta dietro e su quello che sente in questo momento.
Vorrei partire non dalle canzoni ma dalla copertina di questo EP, che hai curato tu stessa. È una copertina che racchiude un po’ il senso di questo progetto: il tuo andare ma essere sempre tesa verso il ritorno. È così?
Quando ho iniziato a disegnare la copertina non sapevo bene come sarebbe stata, che è un po’ il mio approccio in generale con la creatività. Poi mentre prendeva forma ho deciso che volevo fosse uno specchio o comunque un corpo riflettente.
Mi piaceva l’idea di intrappolare qualcosa all’interno di un oggetto che però ti permette solo di guardarla attraverso un riflesso e non di averla veramente.
Credo che sia legato al concetto di andare e tornare, geografico e metaforico, che è alla base dell’EP: anche se cambiamo, cresciamo, ci allontaniamo da ciò che conosciamo e da noi stessi mi piace pensare che ci sia qualcosa con cui riusciamo comunque a riconnetterci, anche con una certa malinconia, e che rimane invariato perché fa parte di noi. Può essere un luogo, un ricordo, una persona.
Il nome del tuo progetto, Anna and Vulkan, riporta al legame con la tua terra, con Napoli. Ci racconti un po’ il rapporto che hai con la tua terra d’origine?
Ormai sono anni che non vivo più a Napoli ma comunque non l’ho mai abbandonata veramente, torno a casa spessissimo. Quando sono andata via per l’università ero mossa da un desiderio incredibile di allontanarmi e scoprire cosa ci fosse al di fuori di ciò che conoscevo.
Non nascondo che negli ultimi anni in cui ho vissuto a Napoli la provincia mi stava strettissima ed ero veramente pronta ad andarmene. Poi vivendo altre città ti rendi conto di tantissime cose che prima davi per scontate, e impari a guardare tutto in maniera completamente diversa, con più prospettiva.
Dovunque sono, però, sento un incredibile legame con le mie radici, sono sempre stata consapevole di possedere qualcosa di preziosissimo, non so come spiegarlo, mi sembra di custodire un segreto.
Nelle tue canzoni, soprattutto in “Staje sempe ’n 13”, la tua voce spazia tra l’italiano, il francese e il napoletano. Un respiro europeo che ti apre anche a un pubblico non soltanto italiano. Da poco è stato annunciato che presto ci saranno le tue date ma io ti chiedo: sogni (o c’è già) qualche data in Europa?
All’università ho studiato lingue e quindi mi piaceva includere il francese, anche perché la canzone nasce da un sogno che riprende le scene presenti al ritornello e che aveva un paio di quelle frasi in francese. Per adesso non posso dire di avere date in Europa ma mi piacerebbe tantissimo! Sarei felicissima di suonare in Austria, innanzitutto, siccome vivo qui e la scena musicale, anche se non troppo vasta, è molto interessante.
Non sei solo una cantautrice, ma anche una musicista eterogenea e producer e tutto questo lo si sente, letteralmente, nel tuo EP. Cosa ti è piaciuto di più fare per questo EP?
Vederlo prendere forma. Un paio di pezzi sono di qualche anno fa, gli altri più recenti, ma mi ricordo in maniera precisissima dov’ero quando ho scritto ognuna delle canzoni, e non avevo idea che sarebbero arrivate alle persone come stanno facendo.
Penso che ci sia una certa magia in questo. Creare in generale è ed è stata la mia cosa preferita, letteralmente mettermi lì, scrivere e registrare ogni canzone. Vederle quindi nascere e in seguito trasformarsi dalle bozze che erano inizialmente.
Quando la canzone è una canzone che mi piacerà lo sento da subito, quindi quando succede questa cosa è come se si aprisse letteralmente un mondo parallelo che è solo mio, ed è una dimensione che mi fa stare davvero bene. Sarà banale, lo so, ma è la cosa che mi fa sentire maggiormente connessa con me stessa.
È difficile dire il genere a cui appartiene questo EP e forse è questa la sua più grande forza: spaziare da ballate a un electro-pop mixato al funk. Forse possiamo dire lo stesso di Anna and Vulkan: non ti si può racchiudere in una sola casella. Sei d’accordo?
Diciamo che sin da piccola mi è sempre piaciuto fare tantissime cose diverse e negli ultimi anni mi sono forzata a concentrarmi maggiormente su quelle che ritengo più importanti. Oltre a questo, la possibilità di far uscire musica è stata fondamentale per me. Anche collaborare con Pluggers mi ha dato una spinta fortissima e soprattutto tanta fiducia; sono sicuramente più motivata, la musica è ciò che mi piace di più al mondo.
Anna and Vulkan nasce ben prima di questo EP, ricordo ancora i tuoi primi brani; cos’è cambiato dalla Anna di qualche anno fa a quella di oggi?
Beh, logisticamente parlando, moltissime cose. Luoghi, situazioni di vita, responsabilità diverse. Musicalmente parlando, credo di essere decisamente molto più aperta e accogliente rispetto a qualche anno fa, forse anche più curiosa e motivata. Personalmente parlando, sono fondamentalmente la stessa persona ma mi sento più consapevole. Ah, e adesso ho la frangetta.
Come stai tu, come stai vivendo questo momento in cui si stanno succedendo così tante novità?
In realtà sta succedendo tutto così in fretta che faccio difficoltà a mettere insieme i pezzi. La cosa difficile è realizzare che qualcosa che hai sognato, e che per te era lontanissima, sta succedendo davvero. Per me per esempio andare al MI AMI quest’anno è incredibile, seguo il festival da anni e qualche volta ho pensato che mi sarebbe piaciuto andarci, ma per me era una cosa assurda tipo andare in Alaska un giorno. Sono felicissima e grata, e allo stesso tempo scopro questa nuova dimensione del sogno: non è più nel cassetto, in quel posto sicuro che è solo tuo, ma inizia a camminare passo passo insieme a te e tu lo riconosci a stento, mentre te ne prendi cura e speri di continuare a stare al passo con lui.
Un’ultima domanda: dov’è che vorresti andare adesso e dov’è che vorresti tornare?
Andare verso la musica sperando di trovare una dimensione che mi permetta di dedicarmici ancora di più, a tempo pieno. Tornare forse in Italia. Mi spaventa un po’, sarò sincera, per una serie di fattori facili da immaginare. Ma per le persone, le situazioni, la musica e tante altre cose non mi dispiacerebbe tornare verso casa.
Virginia Ciambriello
24 anni, nella vita mi perdo tra le strade di Bologna e scrivo tutto il giorno. "Chitarra e voce" sono le mie parole preferite.