Assurditè arriva da un futuro distopico e ci invita a fare rumore!
La prima cosa che ho pensato quando ho ascoltato Dumba, primo album di Chiara Balzan, classe 1999, meglio conosciuta come Assurditè, è stato: siamo fottut*! Subito dopo ho anche riflettuto su quanto i giovani artisti emergenti, a volte, siano in grado di toccare corde – sia per lirica che per sound – che noi over 30 neppure ricordiamo di possedere.
Uscito il 17 maggio scorso per M.A.S.T./Believe Digital, Dumba è un concept album che include un cortometraggio e un magazine “per raccontare il disco anche attraverso altre forme di comunicazione”. Assurditè, proiettando la narrazione in un futuro distopico, affronta temi più o meno comuni, paure e ansie che riguardano tutti, adulti e non. Il senso dello spazio e del tempo si restringe e si amplifica di continuo, la freschezza dell’artista è alternata da linee profonde, talvolta solchi tanto semplici quanto desolanti.
La maturità narrativa di certi brani è manifesta e palpabile, ma Dumba non è un disco perfetto. E per fortuna. Vuole far casino: è stato scritto e concepito per scuotere i cuori e le menti dei boomer e degli aspiranti progressisti, cui interessa solo il proprio orticello. Vuole andare via o ballare. Dumba vuole aprire, e aprirsi: all’ignoto, al diverso, al futuro, alla possibilità di annoiarsi.
In questa intervista, Assurditè ci racconta i suoi aneddoti su scrittura, concepimento del disco, e riflessioni su ciò che le sta intorno, dai suoi 24 anni verso l’infinito e oltre.
In “Corriamo senza futuro” dici “viva la noia che ci fa pensare ancora si ma intanto il tempo vola”. La noia è uno dei temi più ricorrenti degli artisti della tua generazione, quasi un atto di ribellione alla “società delle performance” capitanata da rappresentati discutibili. Che rapporto hai con la noia ma soprattutto quanto “pesa” alla tua età il tempo che passa?
Il mio rapporto con la noia è molto bello: prima la odiavo e sentivo la necessità di fare qualcosa di utile (chissà per chi) e questo aveva sicuramente un peso su di me. Ma ho imparato ad apprezzare i momenti in cui mi annoio perché è li che riesco a pensare, rivolgermi a me stessa, e anche fare una sorta d’analisi di me. È giusto stare fermi e perdersi nei nostri pensieri per capire ciò che ci sta succedendo.
Mi sento libera quando mi sto annoiando, sento che sto già facendo qualcosa: annoiarmi, appunto.
Chi era Chiara nella sua vita precedente?
Chi lo sa. Spero una Jessica Rabbit: nonostante agli occhi della gente possa sembrare “solo” un cartone, a me è sempre piaciuta: elegante e cazzuta!
Nell’album affronti vari temi di attualità, legati alla tua generazione ma anche a quelle precedenti; per dirla con una frase dal brano “Centri Di Anzianità”: “le birrette le guerre, tanto poi non ci resta niente”. Quanto conta per te schierarti e sentirti libera di esprimerti sia artisticamente che come donna?
Penso che sia FONDAMENTALE in questo periodo, anzi a maggior ragione in questo contesto di frenesia, dove le cose ci passano davanti costantemente e tutto sembra a portata di mano e che il benessere sia ovunque, sono questi i momenti in cui la gente dovrebbe far sentire la propria voce. È quel benestare che fa chiudere gli occhi e non pensare alle cose per cui invece bisogna lottare perché cambino, quindi non fare finta di niente è essenziale.
Passiamo all’elettronica danzereccia di “New Delhi”: com’è nato questo sound? A cosa dobbiamo la scelta di New Delhi come città “dove andare via”?
Recentemente ho fatto un viaggio lì, sono andata a suonare ma non proprio a Dehli, nel sud dell’India. Il mio primo viaggio extra continentale insieme alla mia fotografa, al mio batterista e al mio manager. È stato devastante tutto quello che ho visto e sentito, mi ha colpito molto.
Musicalmente parlando, a livello popolare, sono rimasti al pop mainstream anni ’90 mentre in radio potevo ascoltare diversi artisti locali e questo credo mi abbia influenzato poi per la scelta di Dehli. Il sound invece l’ho sviluppato insieme a Bravo Bravissimo che è il mio produttore, a cui è venuta l’idea della batteria garage; poi da lì è nato il testo in base alla mia esperienza in India “pesano questi respiri” e “ci abbracciano i fili dell’elettricità” vengono proprio dalle sensazioni che ho provato stando lì. In chiusa, dove dico “cosa combini voli leggero su questa città”, mi riferisco a questo senso di impotenza davanti a tanto dolore e povertà.
“Voglio”: la melodia suggerisce un incipit fiabesco, una sorta di ninna nanna per poi rivelare attraverso un testo densissimo, un disagio vero e tangibile: ci spieghi com’è nata?
In realtà “Voglio” nasce da una collaborazione con Andrea David che è l’attore che c’è nel cortometraggio: mi ha fatto sentire un pezzo di questa canzone, io l’ho rifinita dandole un aspetto più dolce. Ma già quando l’ho sentita la prima volta, ho pensato che fosse super coerente con il concept dell’album.
È una sorta di monologo, senza sessioni che si ripetono.
Per finire: 3 Artist* che stimi?
A livello di sound direi James Blake; poi ultimamente mi è piaciuto l’album di Calcutta e Giorgio Poi… mi piace come spazia tra i diversi sound. Anche il lavoro che sta facendo Bluem è super interessante, la stimo molto. Ad ogni modo più emergenti che altri!
Assurditè, Summer Tour 2024
15 giugno – Mosso – Milano
04 luglio – Chalet Fontana – Firenze
13 luglio – Pintupi Open Air – Verderio (LC)
19 luglio – Porto Rubino – Monopoli (BA)
20 luglio – Rock Sul Serio – Bergamo
03 agosto – Indipendenza Festival – Cassine (AL)
10 agosto – Giulianova Fest – Giulianova (TE)