“Compleanno” di Brenneke: perdere pezzi di sé nelle vite degli altri
Definito il “local hero” nel varesotto e nel milanese, Edoardo Frasso, alias Brenneke, chiacchera con “Futura 1993” e si racconta.
La sua instancabile vena artistica vede all’attivo un EP dal titolo Brenneke (2013) e un album Vademecum del profitto (2016). Protagonista di oggi, però, è il suo ultimo lavoro, Compleanno, disponibile dal 13 novembre su Spotify e tutte le piattaforme streaming per Vetrodischi. Lasciamo ora la parola al cantautore di Busto Arsizio che nella sua carriera da solista vira all’alternative rock passando attraverso aperture elettroniche fino al pop!
Come hai trascorso questi mesi, prima di questo nuovo singolo?
Ciao ragazzi, è un piacere sentirvi. L’ultimo anno è stato parecchio assurdo. Alla fine del 2017 avevo deciso di prendermi una pausa dai concerti per concentrarmi sul nuovo materiale. Non sono uno che trae però grande giovamento dalle pause, perché è difficile poi rimettere la testa in careggiata. In poco tempo sono arrivati dubbi su dubbi, e ho continuato a reinventare artisticamente me stesso almeno ogni paio di settimane per mesi. Ho pensato di fondare una band, di cambiare paese, di fare musica strumentale e di cambiare nome. Ho pensato di smettere. Non mi sentivo rappresentato da nessuna tendenza, nessuna corrente, nessuna mentalità. Ero molto amareggiato dall’arte che celebrava una società in cui non mi riconoscevo per nulla. Intanto però continuavo a scrivere. In pratica è stato come scavare una buca e ritrovarsi a fare sculture con la terra in eccesso. Esattamente così.
Allora, tra i dubbi, ho iniziato a dipanare il tutto per farne un disco. Ho fatto impazzire un po’ di persone. Federico Nardelli mi ha aiutato in una prima fase di qualche canzone e poi sono partito in quarta con il mio produttore e batterista Matteo De Marinis. Pian piano poi si sono aggiunti al team Francesco Tosi che mi ha permesso di focalizzare tutto il mondo chitarristico che volevo, Giacomo Carlone che ha unificato i mix e Andrea Bernie De Bernardi ai master. Ne è nato un lavoro davvero corale, che stiamo rifinendo ancora adesso. Ho penato tantissimo per arrivare in fondo, ma penso che questo abbia fatto emergere l’anima dei pezzi con ancora più forza. Nel mentre ho superato bei casini personali, ho mangiato un sacco di sushi e visto parecchi film bruttissimi. Ora sono qui e sono molto soddisfatto.
Cosa ha ispirato Compleanno? Perché uscire proprio con questo pezzo, ora?
Compleanno è stata scritta un po’ “per inganno”. E’ una canzone che parla di perdere pezzi di sé nelle vite degli altri, ma l’ho travestita da canzone pop. E’ una canzone esistenziale in incognito. L’ho scelta come primo singolo perché volevo uscire con qualcosa di roboante, un po’ come se stessi bussando alla porta molto forte, e mi sembrava perfetta con quella batteria e basso pulsanti. In più volevo un pezzo che rappresentasse in toto il mio percorso e in questo senso Compleanno fa proprio da congiunzione, sia musicalmente che liricamente, tra il Brenneke di prima e quello di adesso. Peraltro tra poco, pochissimo, faccio 29 anni. Un buon tempismo direi.
Abbiamo notato che stai uscendo per la neonata Vetro Dischi: a cosa è dovuta questa
scelta?
Conosco i ragazzi di Vetro Dischi da un po’ di anni, e abbiamo sempre saputo che avremmo fatto qualcosa insieme. Mentre ero all’apice del mio mordermi la coda e lavoravo al disco con fatica le nostre strade si sono reincrociate e di fatto mi hanno sorretto nella maratona e dato lo sprint necessario per credere nel tutto fino alla fine. Vetro Dischi è un’etichetta onesta che ha dei valori musicali fortissimi. Con loro posso essere esattamente l’artista che voglio essere e non potrei sentirmi più felice di questo.
Nel tuo ultimo singolo dici “sono così diverso / non me lo chiedo spesso cosa sembro adesso”. Raccontaci: come ti vedi oggi?
Non me lo chiedo spesso.
Scusate, non ho resistito. Oggi mi vedo artisticamente piuttosto a mio agio con più o meno tutte le mie debolezze, che per me è quello che significa cercare di essere un artista. So cosa mi sono messo nello zaino in questi anni, ora devo imparare ad usare bene tutto quanto. So cosa voglio e so quasi come raggiungerlo. Mi sembra un buon punto dai.
Cosa ti porti dietro dal tuo ultimo lavoro “Il vademecum del perfetto me” e cosa invece è completamente nuovo?
“Vademecum” era un disco realizzato con una consapevole ingenuità perché avevo bisogno di quello. In quel periodo ero interessato nei loop ostinati e in una ricerca strumentale che probabilmente a volte era un po’ naif. Riascoltare quel disco mi piace molto ma sono felice di notarne tutti i difetti, perché significa che da allora ho avuto un’evoluzione.
Fin dall’inizio della lavorazione del nuovo disco mi sono concentrato soprattutto sulla forma canzone, lasciando perdere gli intellettualismi. Soprattutto, per la prima volta ho lavorato con un team di produzione sugli arrangiamenti e le strutture, qualche volta abbracciandoci fraternamente e qualche volta lanciandoci i bicchieri così come è la vita. E’ stata un’esperienza di crescita umana.
Con chi ti piacerebbe collaborare?
Con Adriano Viterbini e Niccolò Contessa.
Consigliaci un pezzo da mandare nel nostro programma radio!
Da qualche anno ho una perdurante ossessione per Ryan Adams. Consiglio la sua incredibile This
House Is Not For Sale. A presto ragazzi!
di Giulia Zannetti x Futura 1993