Dente, un disco più diretto che non si nasconde dietro giochi di parole
Era più o meno il 2009 quando cominciai ad ascoltare musica indipendente italiana. Eravamo io e You Tube, durante pomeriggi interi post versione di latino tradotta così e così. Sul lato destro scorrevano i consigliati in base agli ascolti recenti o in base a chissà che altro paramento. Ascoltavo già i Baustelle, ma anche i Subsonica, Bluvertigo e gli Afterhours. Fatto sta che mi capitò di scorgere un titolo: “Beato me”, Dente.
A 16 anni la vita è difficile, l’adolescenza è difficile e l’autostima la si tiene su con le pinze. Quel pomeriggio, quel titolo si dichiarò ai miei occhi come una possibile pinza. Non esitai, play. “Beato me. Un principe che non è né figlio della regina né figlio del re” cantava Dente in quel brano, contenuto ne “Il paese è reale”. Il disco ideato dagli Afterhours (ecco perché YouTube lo correlava) coinvolgeva altri 18 artisti tra cui proprio Giuseppe Peveri.
Da lì ascoltai tutto.
Da Anice in Bocca passando per Non c’è due senza te fino a L’amore non è bello. Ricordo benissimo che in quel periodo trovare qualcuno che conoscesse semplicemente cantautori come Dente o Brunori Sas era davvero difficile. C’era sempre un certo entusiasmo quando ti capitava di incontrare sul web qualcuno che quanto meno sapeva di cosa stavi parlando se citavi Dente o altri. Per questo motivo fu fondamentale in quel momento la nascita di “DipenDente“, un gruppo Facebook nel quale si cominciò ad aspettare l’uscita di Io tra di noi.
Da quel momento le cose sono andate molto veloci. La musica è cambiata, il pop è mutato e ha attinto poi dall’immenso serbatoio che è diventato la musica indipendente italiana. Dente ha pubblicato altri album, Almanacco del giorno prima e Canzoni per metà. Di quest’ultimo si è parlato poco e pur essendo uscito solo 4 anni fa sembra essere passata un’eternità. Intanto Dente ha scritto un libro di poesie ed è stato in tour con Guido Catalano in uno spettacolo in cui era egli la sola componente musicale. Tutte queste esperienze, insieme alla gran voglia di tornare e di farlo per bene e a modo suo, lo hanno portato a questo nuovo disco. Il titolo è DENTE e in copertina c’è la sua faccia.
Oltre ad avere avuto la possibilità di ascoltare il disco in anteprima, ho avuto l’occasione di parlare direttamente con Giuseppe. Sfortunatamente il Coronavirus mi ha impedito di incontrarlo di persona, ma per via telefonica abbiamo comunque avuto modo di scambiare due chiacchiere riguardo questo nuovo lavoro. Senza cadere in altri nostalgismi di seguito l’intervista.
Ho avuto modo di ascoltare il tuo nuovo disco Dente e l’ho trovato in qualche modo più personale rispetto alla tua discografia precedente. Cosa mi puoi dire rispetto a questa cosa e soprattutto quali sono le differenze sostanziali con il tuo precedente lavoro?
Le differenze sono tante e non stanno tutte nella musica o nelle canzoni. Tu l’hai letto in una chiave più personale e ci può stare in qualche modo. Anche gli altri dischi erano molto personali, ho sempre parlato molto di me. Ho sempre utilizzato anche gli altri per parlare comunque di me, forse per cercare di capirmi un pochettino di più. Quindi sono tutti dischi personali, tutte le canzoni e le storie che ho raccontato sono tutte un po’ autobiografiche. Anche quest’ultimo lo è.
Probabilmente la grande differenza è che non parlo più per la maggior parte di un sentimento solo, che è quello dell’amore, di relazioni o di vita di coppia.
Si può dire che Dente è un disco più diretto, che si nasconde meno dietro quei giochi di parole che eravamo abituati a sentire?
Probabilmente si, è un disco molto più diretto ma io non me ne sono neanche accorto. È molto bello che quando faccio i dischi mi dite voi poi quello che ho fatto. Sono sempre gli altri da leggerti, probabilmente, meglio di te che le fai e che non riesci a vederti con distacco. In sostanza si, è un disco con meno cose nascoste. Non ci sono i miei soliti giochi, non c’era neanche la volontà di nascondere i significati. Anche perché i miei fan sono talmente abituati a questa cosa che qualsiasi cosa scriva o dica pensano subito a quale è il vero significato. In realtà questa volta non c’è.
Negli ultimi anni ti abbiamo visto fare delle esperienze anche un po’ lontane dal mestiere del cantautore: hai scritto un libro “Favole per bimbi molto stanchi” e sei stato in tour con Catalano. Quale apporto hanno dato queste esperienze a questo nuovo disco?
Sicuramente i tour con Catalano è stato molto utile perché mi ha dato la possibilità di suonare il pianoforte. Essendo solamente in due sul palco avevo bisogno di creare una situazione musicale più corposa, perché era tutto sulle mie spalle. Per questo ho aggiunto e mi sono imposto di suonare il pianoforte sia per una questione scenica sia per creare una cosa meno noiosa rispetto a suonare solo la chitarra. Questa cosa ha fatto si che io cominciassi a scrivere delle canzoni anche al pianoforte, che è uno strumento che non avevo mai usato in scrittura. Quindi ho scritto una canzone per lo spettacolo, con Guido, ma ho cominciato a scrivere anche tante altre cose. Molte di queste sono poi finite in questo disco.
Siamo stati all’anteprima del live a Milano, per questo volevo chiederti se nel tour vero e proprio ci saranno delle variazioni e come saranno portati in scena questi nuovi brani.
Il tour che comincia a metà marzo sarà tutto fatto con una band, 3/4 di questa ha anche partecipato anche al disco come musicisti e produttore, perché il bassista ha anche prodotto il disco. Ci saranno tantissime canzoni del disco nuovo e alcune canzoni del repertorio vestite con degli abiti nuovi…
Ce ne puoi spoilerare qualcuna?
Facciamo una bellissima versione di Voce Piccolina, che è una canzone che ho fatto pochissimo dal vivo tra l’altro. Ne faremo una versione ultramoderna che si avvicina tantissimo a questo disco e forse lo supera anche. Poi ci sono le canzoni del repertorio, imprescindibili diciamo, e le facciamo con la chitarra acustica che torna per alcuni pezzi. Suonerò soprattuto il pianoforte ma sarà un concerto abbastanza variegato.
Tornando al disco: raccontaci un aneddoto legato a uno dei nuovi brani.
Uno di cui ricordo molto bene la genesi è Paura di niente. È una canzone nata dopo l’acquisto di uno strumento. Ho comprato un vecchio Wurlitzer, che un pianoforte di marca Wurlitzer che si usava da studio. Me lo sono preso e l’ho portato a casa. La prima cosa che ho fatto è stata mettermi a suonare. Così è uscita questa canzone, grazie a questo strumento. Proprio un bel inizio di rapporto in effetti con lo strumento: ti siedi e subito di regala una canzone.
Come vedi questa popolarità della nuova musica emergente italiana?
Beh, la vedo molto bene. Nel senso che me lo sono sempre augurato che la musica che facevo io e che facevano in tanti potesse superare i confini della nicchia e potesse esplodere un pochino di più. C’è ancora tanta cera, ci sono tanti artisti che fanno delle cose che sono appetibili per il grande pubblico ma restano sconosciute. Questo è sempre stato un peccato per me, perché la faccio anche io la musica e quindi è frustrante vedere che delle cose non emergono mai, no?
Sono contento che oggi tanti ragazzi ascoltino tanta musica italiana. Quando ho cominciato a suonare io e a fare le canzoni in italiano all’inizio del 2000, la gente che ascoltava la musica italiana era pochissima. Quelli che ascoltavano la musica italiana ascoltavano solo Dalla, De Gregori e De Andrè e pensavano che oltre a quello non si potesse andare, che ormai fosse stato già detto tutto con quegli autori là.
Infine, chi ti senti di consigliarci tra gli autori nuovi italiani?
Ci sono tanti autori che mi piacciono di una scena nuovissima ma anche non nuovissima. Uno dei miei quasi contemporanei, che è venuto poco dopo di me e che ha fatto recentemente un disco bellissimo, è Niccolò Carnesi. Scrive benissimo ed è anche un ottimo musicista, un talento. Ecco Niccolò Carnesi è un grandissimo talento che andrebbe scoperto molto di più. Dei nuovissimi mi è piaciuto molto il disco di Fulminacci, mi piace tantissimo Mox, cantautore di aria Maciste. Mi piacciono tante cose.
Raffaele Nembo Annunziata
Sono Raffaele Nembo Annunziata, direttore e fondatore de Le Rane, spero che sia stato di tuo gradimento ciò che hai trovato da queste parti. Torna presto!