Eclettica, fantasmagorica, onirica, enfatica: è Elasi. Elisa Massara, questo il suo vero nome, è esattamente ciò di cui avevamo bisogno. È un po’ come la primavera, che arriva all’improvviso e ti trasmette buon umore, senza sapere bene perché.
Cantautrice, produttrice, dj e sound designer di origini piemontesi, Elasi possiede realmente la capacità di disegnare il suono. Musica e immagini si descrivono a vicenda, trasportandoti in un’altra dimensione, a metà tra la fantascienza e la magia. I suoi brani sono viaggi visionari tra mondi altri, e i visual caleidoscopici diventano mappe geografiche che cambiano continuamente.
Sonorità colorate e fluide che attingono all’elettro-pop e alla disco, mescolandosi a suoni provenienti da tutto il mondo, grazie anche alle collaborazioni con artisti sparsi per il globo.
Il vaso di Pandora era stato aperto con Campi Elasi nel 2020 [ve ne abbiamo parlato qui], svelandone l’universo dalle mille sfaccettature, unico e incantato. Ma con Oasi Elasi, il secondo EP uscito questo 27 maggio, la giovane cantautrice e producer alessandrina ci ha conquistati.
Ammaliante, intenso, avvolgente: il microcosmo costruito da Elasi nella sua oasi è biblico come il giardino dell’Eden, ma senza serpenti.
Non a caso la copertina del nuovo EP è una rivisitazione digitale del quadro di Hieronymus Bosch Il Giardino delle Delizie. L’arte surrealista del pittore fiammingo è la perfetta rappresentazione degli “sfasi di Elasi”, con le sue figure grottesche, mostruose e i colori luminosi a illustrare realtà ultraterrene.
Ma la realtà dei fatti è che Elasi è anche mostruosamente brava, di quella bravura che puoi cogliere solo se la ascolti dal vivo, e l’altro ieri sera all’Hana-Bi di Marina di Ravenna ho avuto la fortuna di poterla vedere direttamente all’opera e farle qualche domanda.
Un concerto su Marte probabilmente lo immaginerei così, travolgente e ipnotico, tra le dune del deserto (nel nostro caso della spiaggia!). L’atmosfera aliena accentuata dal caldo dell’estate sempre più vicina, dai beat e dal groove che spingono le persone a lasciarsi andare. Un dancefloor dove avrei voluto continuare a ballare ancora per un po’.
Il primo concerto in spiaggia per la giovane artista alessandrina, come mi ha raccontato durante la nostra chiacchierata, sedute con i piedi sulla sabbia.
Ciao Elisa! Finalmente si torna a viaggiare, e non parlo di veri viaggi fisici, ma immaginari, mentali. Con la tua musica è davvero facile lasciarsi trasportare, lo avevamo già appurato grazie a “Campi Elasi”, e l’arrivo di “Oasi Elasi” non è che una conferma. Cosa è cambiato in te?
Di sicuro ho molta più consapevolezza rispetto a prima, ormai mi viene spontaneo mescolare i suoni dal mondo con i tessuti elettronici. Ora so che cosa voglio, so qual è il mio stile adesso. Quando ho scritto i pezzi di Campi Elasi, anche se hanno un’omogeneità, stavo ancora esplorando, ancora adesso sto esplorando e ho ancora voglia di crescere di cambiare. Ma adesso so dove andare a cercare le cose, credo di essere migliorata come produttrice, nella scioltezza della composizione.
In questo EP ci sono suoni e i ritmi dal mondo, che in realtà ho campionato più che altro da voci: ci sono canti aborigeni campionati, konnakol indiani oppure anche samples di cori gospel. Poi ci sono delle voci di due artiste per me fighissime, che mi hanno ipnotizzato quando le ho sentite per la prima volta, e sono Eva De Marce, che arriva da Città del Messico, e Meryem Aboulouafa, che è un’artista marocchina pazzesca.
Inoltre ho collaborato con Populous che è un produttore e compositore che da tanti anni esplora la musica del mondo e la porta in tanti dancefloor, creando lui stesso delle dancefloor che ti fanno viaggiare. Poi sono felice perché il direttore artistico di questo EP insieme a me è una persona che mi ha letto molto dentro ed è Rocco Rampino che Populous stesso mi ha presentato, e mi starà accanto da questo progetto in poi.
L’oasi raffigurata sulla copertina dell’EP è una rivisitazione de “Il Giardino delle Delizie” di Bosch: in generale, tutta la tua estetica ricorda molto i colori, le figure e l’ambientazione del quadro – così come tutto lo stile pittorico dell’artista. Ma la tua “Oasi Elasi” cosa rappresenta?
La mia oasi è stata la mia evasione, mi sono creata un mondo nella testa in un momento in cui non potevamo evadere, scappare di casa e viaggiare. Ho dovuto cercare un antidoto, che è stato scrivere questa musica, cercare questi suoni, queste voci… e me la sono immaginata un po’ così la mia oasi, un po’ matta e colorata.
Mi ha sempre affascinato lo stile di Bosch, quel dipinto è pazzesco! Un’altra mia reference è Luigi Serafini: c’è un libro che si chiama Codex Seraphinianus che ha tutte figure creature assurde e mi ispiro tanto a quel tipo di immaginario, ma mi ispiro molto anche alla Fabbrica di Cioccolato di Tim Burton.
Mi ha colpita molto “Naufragio”, il brano musicalmente più intenso e avvolgente, grazie anche alla voce di Eva De Marce che si affianca alla tua in maniera ipnotica. Trasmette un senso di tranquillità, ma allo stesso tempo di malinconia: che cosa è successo in questo naufragio?
In realtà è un naufragio di salvezza: siamo naufragate nell’oasi e nella perdizione. C’è un momento in cui ti sembra tutto finito, ti sembra di essere in una tempesta allucinante e poi alla fine trovi sempre una nuova sponda su cui naufragare, scopri che può essere qualcosa di veramente bello rispetto a quello che hai lasciato.
L’impressione è che tu abbia trovato una pace interiore: tutto l’EP è un inno alla spensieratezza, all’avere fiducia che i momenti più bui se ne andranno e si troverà la serenità che in tanti sogniamo, ma a volte crediamo che non arriverà mai. Cosa ne pensi? Morto un mondo se ne fa un altro?
Tutti abbiamo provato questi momenti, ti sembra di essere in un tunnel nero, però poi arriva quel giorno in cui ti svegli al mattino e stai meglio, oppure succede qualcosa di piccolo che ti fa scattare la molla e ti senti meglio. Quando quel giorno arriva, dopo aver scavato scavato e toccato il fondo, ti rendi conto di aver scoperto una nuova parte di te stesso. Il posto dove hai naufragato è tutto da esplorare, dopo aver sofferto sei una persona nuova. Ovviamente non sono brani solo positivi, sono nati dalla mia sofferenza e per questo dico ho trovato un po’ di luce quando era tutto buio, nel lockdown ne abbiamo passati tutti di cotte e di crude per ovvi motivi.
Lavori anche come sound designer, una figura davvero affascinante e sofisticata. Ti va di parlarmene? Quali sono le principali differenze che riscontri tra i tuoi vari ruoli?
Sono una musicista, e per riuscire ad esserlo – non essendo io un’artista grande dove le mie canzoni sono suonate in tutto il mondo – non riesco a sopravvivere solo facendo l’artista, ma facendo tanti lavori sempre nel mondo della musica. Lavoro spesso anche con i brand quindi magari mi è richiesto di sonorizzare piccoli spot pubblicitari di moda o sfilate o installazioni, e lì compongo per lo più musica strumentale. Magari campiono la mia voce ma la rendo parte del tessuto elettronico. Per queste cose che scrivo magari poi esce fuori un’idea che mi tengo per un mio brano che faccio uscire come artista. È stimolante fare più cose per me, penso che non smetterò mai.
Anche l’altro mio lavoro con la musica è fare la DJ. Lavoro tanto come DJ anche se magari non lo comunico sempre, e quello mi aiuta a fare tanta ricerca, quindi non voglio smettere. Se mai dovesse diventare sostenibile lavorare solo come artista, non vorrei comunque mai smettere di fare altri lavori, perché per me sono complementari.
Qualche giorno fa sei stata sul palco del MI AMI, dove hai suonato per la prima volta dal vivo i tuoi nuovi pezzi. Un contenitore di artisti poliedrici, un ambiente dove le persone sono lì per lasciarsi sorprendere: come ti ha accolta il pubblico?
Io ho suonato nel 2019 che è stato l’ultimo vero Mi Ami ed ho suonato al primo vero Mi Ami dopo il lockdown quindi sono stata veramente felice. Nel 2019 avevo fatto uscire solo due pezzi quindi il pubblico è venuto lì per curiosare, per conoscermi: è capitato lì davanti a quel palco, e ha scoperto tutta una scaletta di pezzi che non erano ancora usciti e che non sarebbero ancora usciti per un anno, per varie peripezie. Questo è stato pazzesco perché era la prima volta che suonavo davanti a così tanta gente. Adesso le persone hanno voglia di ballare e di scatenarsi e c’è tanta attenzione ai live, quindi il Mi Ami dell’altro giorno è stato allucinante, perché le persone conoscevano i miei pezzi – anche quelli usciti da due giorni – li cantavano e li ballavano già con delle mini coreografie e quindi è stato bellissimo!
La tua musica suona del tutto inedita in Italia, ha una freschezza che può facilmente riscontrare successo fuori dal Paese. I tuoi progetti futuri prevedono come obiettivo il panorama musicale italiano?
Per quanto io ami l’Italia, il mio obiettivo sarebbe non concentrarmi su un posto specifico. Mi piacerebbe che la mia musica riuscisse a conquistarsi una nicchia, una piccola parte di pubblico appassionata, ma dovunque, in tutti i paesi del mondo! In questo modo, vorrei anche riuscire a viaggiare e scoprire posti nuovi, ma sempre attraverso la musica.
Tra i brani del nuovo EP, quali sono le frasi a cui sei più affezionata?
Ne ho due! La prima è: “Io sogno, ma son desta / sopra un tapis roulant / ma correre non basta / se non riesci a scappar” ed è una frase de brano OASI. La seconda è più breve ma incisiva: “Morto un mondo / se ne fa un altro”, dal brano SAMSARA, che racconta proprio di quei momenti in cui sembra di essere in un tunnel nero, ma arriva quel giorno in cui ti svegli al mattino e succede qualcosa di piccolo che ti fa scattare la molla e sentirti meglio.
Valentina Dragone
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