Ethan è un artista queer italo-brasiliano classe 1998. Oltre a questa etichetta c’è un mondo di sfumature, contaminazioni, impulsi, melodie (elettropop, con sfumature r&b e nu soul) sussulti, intenzioni, discorsi e latenze che arrivano tutti ascoltando il suo ultimo disco “Giovane Cuore” uscito lo scorso giugno per Carosello Records.
Però, forse, al di là dell’età e della gioventù c’è un fatto naturale, inevitabile che supera e prevarica ogni tentativo di definizione. Ovvero c’è che Ethan sta crescendo, sta cercando di capire chi è e dove vuole andare come persona e conseguentemente come artista. Ma per farlo bisogna seguire i propri ritmi, andare secondo i propri tempi e soprattutto fermarsi, prendere fiato, capire dove ci si trova e qual è la direzione che si vuole percorrere.
Ho preannunciato nel titolo che Ethan è un animo gentile perché la sua evoluzione parte dall’assunto che si possono combattere le battaglie proprie e altrui anche porgendo l’altra guancia, concendendosi il lusso di una tregua, anzitutto da se stessi.
È l’arte che in questo caso assume una dimensione politica nella misura in cui diventa mezzo di espressione di un messaggio: ho superato molti ostacoli, sono il frutto della molteplicità di contaminazioni che generano la mia essenza e non voglio etichettarmi perché tutti i miei colori sono troppo preziosi per finire chiusi dentro ad una scatola.
Lo scorso venerdì è uscito il singolo “BEBE’” che indaga il filone già percorso da “NOITE E DIA” in cui Ethan a collaborato con Baltimora e a Machweo per raccontare al meglio l’inizio di una nuova fase artistica per questo giovane cuore.
Ethan, sei un artista italo-brasiliano e il tuo nuovo singolo “BEBÉ” è cantato in spagnolo e portoghese. Cosa significa integrare le tue radici nelle tue canzoni e come la diversità linguistica influisce sul tuo processo creativo?
Questo pezzo è nato questa estate dopo un viaggio in Brasile avevo già l’intenzione di scrivere in portoghese dato che già nell’album che è uscito “Giovane Cuore” c’è un pezzo in cui canto in portoghese. Mi è piaciuto approcciarmi a quel mondo che ascoltavo ma da cui mi tenevo lontano a livello artistico. Ma come parte integrante della mia vita volevo che fosse dentro ciò che sono.
Questo pezzo ha delle parti anche in spagnolo, una lingua che mi piace molto che mi ha aiutato molto nel processo creativo, dato che rispecchia molto quello che ascolto in questo periodo. In italiano penso che mi manchi ancora un po’ una chiave espressiva, la sto cercando. È come se il portoghese e lo spagnolo fossero più centrate rispetto a come mi sta piacendo esprimermi e muovermi.
Il tuo ultimo ep si intitola giovane cuore. Hai dichiarato di voler dare un nome gentile all’album. Cos’è per te la gentilezza?
È un ideale astratto che sto cercando di concretizzare nella mia vita semplicemente perché penso che già il mondo sia abbastanza infame di per sé (ride n.d.r.). Essere gentili con noi, trattarci in un modo più comprensivo, meno rabbioso, più accogliente, anche nei lati che non ci piacciono di noi, perché non è detto che siano eterni. Per alcuni si tratta solo di accettarli, abbracciarli e provare a trasformarli in qualcosa di positivo.
La gentilezza riesce a dialogare con molte più sfaccettature della personalità: arrabbiarsi non porta a nulla di costruttivo, finisci solo per fare del male a te stesso. Penso che il modo in cui trattiamo noi è il riflesso di come trattiamo gli altri. Diciamo che è un percorso e io stesso lo sto imparando sulla mia pelle.
L’EP “GIOVANE CUORE” ha mostrato una gamma eclettica di stili musicali. Come vedi la tua evoluzione musicale da quel momento e in che modo “BEBÉ” si inserisce in questo percorso?
Questo ultimo singolo è una parentesi, un ponte di lancio verso qualcosa di nuovo sia in termini di sound, sia a livello visuale come si può notare anche dalla stessa copertina nella quale ho voluto sperimentare. Un sound sicuramente più digeribile che voglio sicuramente coltivare, anche se non so dove mi porterà. So per certo che mi incuriosisce essere collocabile e al tempo stesso fuori dagli schemi.
Hai dichiarato che “BEBÉ” è una canzone nata durante un periodo di solitudine in Brasile nel quale chiedevi ad una persona di guardarti, chiedevi la sua attenzione e ti sentivi avvolto da una sorta di disordine interiore. Ti chiedo come riesci a mettere ordine al tuo caos?
Potrei dirti che da un lato la musica mi aiuta a mettere ordine, dall’altro è il fulcro che dà origine a questo caos, dal momento che sono un iper-perfezionista. Quindi la musica è uno di quei fattori che mi fanno sentire che c’è qualcosa che non funziona e inizio ad essere super caotico, a prendermi male.
Diciamo che sto imparando a sviluppare anche altri modi che non si rifanno solo alla musica per esprimere quello che sento e per proteggermi.
Parlo ad esempio del fare movimento fisico, coltivare del tempo per se stessi e anche il compiacere la noia, senza per forza il bisogno di creare qualcosa. Siamo sempre abituati a dover riempire questo senso di vuoto, questo caos, siamo abituati a voler aggiustare le cose mentre a volte è anche giusto godersi questi momenti
Come artista queer, la tua estetica sfida la norma machista e patriarcale. In che modo vedi la tua musica e la tua immagine come veicoli di cambiamento sociale e di affermazione della tua identità?
Oggi sento di aver trovato sinceramente un equilibrio rispetto al passato. Magari prima avvertivo maggiormente la necessità di esagerare, quasi di infastidire il prossimo, per dare nell’occhio e rompere un po’ gli schemi. Oggi penso di essere maturato, di aver messo un po’ a posto le cose dentro di me, quindi credo che la mia queerness si veda più nella libertà di uscire con un pezzo un giorno e di tirare fuori qualcosa di totalmente diverso il giorno dopo, senza per forza dover dare un’etichetta a questa cosa o nel modo in cui gioco utilizzando la mia voce.
Anche a livello estetico sto cambiando molto e mi sento di voler sperimentare, senza essere rinchiuso in una scatolina riuscendo ad accedere ad ogni lato di me, alla dimensione più femminile e maschile, senza dover dare una forma o un giudizio o una spiegazione. Si tratta semplicemente di due sfere che si contaminano e da cui prende vita ciò che sono.
Sei molto attivo su TikTok e usi molto le piattaforme per esprimerti. Come vedi il ruolo dei social network nella costruzione della tua carriera e nel connetterti con il tuo pubblico?
Oggi credo sia fondamentale utilizzarli perché passa tutto un po’ da quello, purtroppo direi. È una fonte di grande stress, devo essere sincero perché per quanto mi diverta, ho imparato che devo utilizzare questa forma di comunicazione solo quando sento di volerlo fare e non per appagare qualcuno.
Questo può essere un po’ controproducente in termini di pubblico, ma preferisco essere tranquillo e compiacere innanzitutto me stesso, stando bene, piuttosto che mostrare solo una parte di me che ride e si diverte ma che poi non corrisponde a ciò che in realtà è.
In questa fase della mia vita punto sulla qualità, non sulla quantità. Uso tantissimo Instagram perché è interattivo e ti permette di dialogare con le persone e sei sia spettatore che protagonista, mettendoti sullo stesso livello di chi ti segue.
“Solo per te” è una dedica al tuo fratellino. Ci racconti com’è nata?
Tra me e lui ci sono circa 13-14 anni di differenza, in alcuni momenti mi sono sentito quasi come suo padre. Lui per me è un angelo, è arrivato in un periodo molto difficile della mia vita in cui stavo molto male e mi ha letteralmente salvato. Questo tipo di attaccamento, di affettività non si è mai esaurita col passare del tempo anzi, ho sempre cercato di coltivarla il più possibile.
Oggi infatti mi rammarico di non poterlo vivere quotidianamente perché io ora abito a Milano mentre lui vive e a Firenze ma quando torno a casa cerco di passarci più tempo possibile perché mi rigenera, nonostante la sua iperattività.
Ho scelto di scrivere questo pezzo insieme a Emma Nolde che è una delle artiste che stimo di più in Italia che è riuscita a centrare il punto di quello che volevo dire, scavando nella mia emotività per arrivare a ciò che volevo trasmettere alle persone ma soprattutto a lui. Era un regalo che volevo fargli in modo che avesse qualcosa di me quotidianamente e che rimarrà per sempre suo.