Lo pensavamo già dai primi singoli e adesso il suo nuovo album, Diamanti, non può che confermare che Ginevra è tra le artiste più originali e talentuose del panorama nazionale. Cantautrice e musicista, negli anni ha lavorato anche come autrice per altri artisti e non c’è da meravigliarsi, perché i suoi testi hanno la capacità di evocare naturalmente immagini, dialoghi e sensazioni, con parole essenziali e accurate. Ginevra non si limita mai a raccontare delle storie, ma parte da emozioni e momenti scelti tra le sue esperienze per creare immaginari in cui riesce a coinvolgere e trasportare tutte le persone in ascolto.
Ascoltare Cigno, l’ultima traccia dell’album, è come precipitare contemporaneamente nel passato e nel presente di Ginevra, nelle sue emozioni e nei suoi sogni, fino ad arrivare al suo percorso di crescita: tutto questo anche grazie a un lavoro su melodia, arrangiamenti e produzione che traduce scrupolosamente in musica il racconto del testo. Sostenute infatti dal lavoro immenso e prezioso del suo team (tra gli altri Francesco e Marco Fugazza), Cigno, Diamanti e le altre canzoni dell’album sono ricche di svariate ispirazioni internazionali; dal rock all’elettronica sperimentale, con una produzione meticolosa, una cura dei dettagli interessante che denota tanto lavoro in studio insieme, tanto ascolto e tanta passione.
Diamanti è proprio il disco che aspettavamo da Ginevra e per questo ne abbiamo approfittato per fare una chiacchierata con lei e farci raccontare qualcosa in più.
Ciao Ginevra! Prima di iniziare questa chiacchierata mi piacerebbe sapere come stai in questo periodo e come ti fa sentire l’uscita dell’album.
Ciao a tutti! Sono ultra elettrizzata per per questa uscita, ci abbiamo lavorato talmente tanto Sono stati anni intensi di lavorazione, per cui ormai la vivo veramente con tantissimo entusiasmo e curiosità nel vedere cosa succederà.
Diamanti esce a distanza di due anni da Metropoli, il tuo ultimo EP. Io ti seguo da un po’ e so che questi ultimi anni sono stati per te intensi, pieni di musica, nuove persone e diversi progetti interessanti. Cosa ti porti dietro di tutto questo e cosa è finito nel nuovo album?
Il nuovo album sicuramente ha avuto una lavorazione molto lunga, partita con la pandemia, che poi è lo stesso periodo in cui è uscito “Metropoli” (approfondisci qui). Sono successe tante cose e, nonostante i blocchi che ci sono stati, sono sempre riuscita a portare la mia musica dal vivo – che era uno degli obiettivi principali di queste annate passate -, suonando tanto. Ho avuto modo di lavorare anche per altri artisti come autrice. Quindi c’è stata una crescita e un lavoro approfondito anche dal punto di vista del songwriting, che poi è approdato anche in questo nuovo lavoro portando in qualche modo ad una maggiore consapevolezza.
A proposito di questo, Cigno ha una forza espressiva incredibile. Chi la ascolta viene trasportato contemporaneamente nel tuo passato, nei tuoi sogni, nelle tue paure e nel tuo presente. In particolare anche nel tuo percorso di crescita e presa di coscienza: “Ogni Insicurezza È Come Un Dono/ Ora L’ho Capito e Sono In Volo”. Cosa è cambiato nella tua vita da quando hai questa consapevolezza? E, soprattutto, che cosa ti ha portato a scoprirlo?
Sicuramente quello che cambia nel momento in cui prendi coscienza dei tuoi limiti e delle tue paure è che te le vivi meglio. Hai più consapevolezza e acquisti sicurezza, accettando magari quello che inizialmente non ti piaceva di te ma che in realtà poi paradossalmente ti fa diventare più forte. Ti costruisci una corazza, soprattutto nel momento in cui capisci che questi tratti non vanno accettati in maniera passiva, ma vanno capiti, approfonditi e accolti nella propria natura.
Negli ultimi anni ho sentito la necessità di rifugiarmi nello yoga e nella meditazione, che sicuramente hanno un tratto introspettivo intrinseco che mi ha aiutato a capire molte cose di me, a guardarmi dentro; così come ha fatto il supporto psicologico, che in alcuni momenti è stato fondamentale nella mia vita e lo è attualmente, per essere più presente nelle cose che faccio e con le persone che amo. Ne parlo tranquillamente perché penso vadano buttate giù certe barriere e certi tabù, servirsi di un supporto psicologico terapeutico non può che essere un bene.
Passare da Metropoli (ci mancano le madri / ma non lo possiamo dire) a Torino (e non ho più paura di dire che ho bisogno di te) è un altro esempio di un’artista che è cresciuta e si è liberata di paure legate alla comunicazione e alle aspettative e questo si riflette anche nelle scelte artistiche.… senti che è così?
Sicuramente c’è stata tanta crescita da “Metropoli” ad adesso, e appunto la presa di coscienza, la consapevolezza è un elemento portante di questo disco e della Ginevra di oggi, che riesce a staccarsi dal passato, a essere presente nel presente, e a essere più lucida nel progettare il proprio futuro. Quindi c’è stato sicuramente questo passaggio, senza però rinnegare nulla.
Un pezzo che mi piace tantissimo è Asteroidi, scritto anche con Mahmood. Ti va di raccontarci com’è nata?
“Asteroidi” è nata immediatamente come una co-scrittura perché, rispetto agli altri brani del disco, è una canzone che ho scritto immediatamente con Alessandro Mahmood, Riccardo Schiara, con Francesco Fugazza e Marcello Grilli. La canzone è il risultato di più teste, mani e talenti e ciò mi rende particolarmente fiera perché stimo tantissimo tutte le persone che ci hanno lavorato e che nel loro piccolo hanno dato ognuno il proprio tocco a questo brano, incluse le chicche di produzione che sono state poi aggiunte anche da Frenetico, oltre che da Marco, Francesco e Marcello.
In Diamanti sogni di partire, in Oceano aspetti una metro, nell’album c’è poi la canzone dedicata a Torino e altre in cui citi diverse città. Come Metropoli, anche Diamanti è quindi ricco di legami con le città, con i luoghi, le partenze e i ritorni. Sembra che quello di cui Ginevra ha bisogno per stare bene sia partire continuamente per poi tornare comunque in un posto o da una persona che è casa. Metterlo nero su bianco significa lasciarsi alle spalle cose che hai vissuto viaggiando oppure renderle durature? Frenare questo istinto di andare via o piuttosto esortarlo?
Sicuramente la tematica del viaggio è portante sotto più punti di vista in questo disco, e in generale nella mia esperienza come persona. Il viaggio mi ha sempre portato grandi sorprese e conquiste. Se penso a “Rajasthan”, per esempio, sono letteralmente andata in India e dopo anni sono tornata e ci ho scritto una canzone. Il viaggio ti permette di acquisire sicurezza e consapevolezza, diventa sia un viaggio fisico che un viaggio interiore, come molto spesso intendo in questo disco. Mi permette di andare avanti ma senza rinnegare il passato, piuttosto mi permette di comprenderlo e di lasciarlo non alle spalle, ma da parte per lasciare spazio al proprio presente, alla propria consapevolezza e proprie caratteristiche.
Se penso anche alla famiglia, non ho mai pensato di rinnegare lei o Torino, Milano o altri posti a me cari. Semplicemente sento ogni tanto la necessità di staccare e viaggiare per ritrovarmi, a volte anche molto più vicina a come ero alla partenza alle persone che amo e con cui condivido la mia quotidianità. Se posso effettivamente esortare il viaggio lo faccio, appena posso è una cosa che tendo a fare: prendere e partire, staccare da tutto e tornare con una nuova esperienza e più ricca. Ecco, il viaggio per me è un arricchimento personale e quindi effettivamente è un’attività che amo.
Anche con i concetti di universo e astronomia hai un legame forte, o sbaglio?
Sono molto affascinata dall’astronomia e da tutto quello che è più grande di noi e che non riusciamo a comprendere fino in fondo. Ha una componente di mistero che mi attrae e a cui poi spesso associo delle risposte e a cui do il compito di spiegarmi delle cose che magari non sempre capisco, diventando senza volerlo un tema ricorrente che torna in più canzoni e fasi della mia vita.
Tra l’altro, il progetto artistico (foto, grafiche e copertina) è curatissimo e rimanda non solo ai diamanti, ma anche a luoghi oscuri, enigmatici e misteriosi. Tutto il lavoro è incredibilmente accurato e attraente…
Intanto grazie, sono estremamente soddisfatta di come siano venute tutte le foto e il corredo estetico che accompagna il disco. A volte è una componente fondamentale perché arriva prima della musica, vuoi o non vuoi: se penso alla potenza di un post Instagram, quello è ciò che ti attrae e magari poi ti porta ad ascoltare la musica. Sembra paradossale però effettivamente nel mondo in cui viviamo funziona un po’ così, e in questo contesto il miglior partner possibile è Tommaso Ottomano, che prima di essere un art director e fotografo incredibile è anche uno dei miei più cari amici su Milano.
È una persona con cui ho avuto modo di avere uno scambio profondo perché lavoriamo insieme dai tempi “Ruins”, il mio primo EP in inglese uscito ormai nel 2019, e questo ci ha portato poi a scegliere insieme come definire questa nuova fase del progetto, come elevarlo grazie alle sue immagini e direzione artistica che va poi ben oltre le foto, perché cura tutto. È stato uno scambio sotto ogni punto di vista, dai vestiti alla location e a tutto ciò che accompagna il mondo del disco.
Tutti i pezzi di Diamanti hanno un sound ricercato, con influenze nella produzione che vanno da Phoebe Bridgers agli XX. Suoni diversi che si incastrano creando un’atmosfera eterogenea ma coerente e un’armonia particolare con l’immaginario che i testi creano. Ne escono fuori dei pezzi che sono delle pietre rare, per rimanere in tema. Sinonimo di un team che cresce insieme, si muove nella stessa direzione e con la stessa curiosità, accuratezza e voglia di fare… Com’è il lavoro insieme?
Il team per me è sempre stato importante e il lavoro di squadra è ciò che ha permesso a questo lavoro di nascere, evolversi e compiersi in questo modo. Lavoro da tanto tempo con Francesco Fugazza, con suo fratello Marco, con Frenetico, Ricardo Arashi (che è l’unico feat del disco e con cui ho lavorato su altre cose). Questo team è stato fondamentale, così come è stato fondamentale conoscerci e decidere anche insieme – a volte anche in modo involontario – dove stavamo andando. Per me è veramente importante la loro presenza in questo progetto, perché l’imprinting sonoro è vero che nasce da me ma è arricchito se non sviluppato dalla loro presenza. Rispetto a Ruins, dove già lavoravo con Francesco Fugazza, c’è stata una scelta, un’evoluzione, e così succederà ancora in futuro.
E quali sono le influenze di altri artisti che condividete e quali quelli che vi ispirano separatamente?
Sicuramente abbiamo tutti un background che affonda le proprie radici nella scena elettronica inglese e che quindi spazia dagli Autechre a Aphex Twin, dai Four Tet ai Massive Attack ai Portishead. Ci siamo ritrovati in queste influenze su cui abbiamo deciso di costruire piano piano questo progetto perché erano quelle portanti per entrambi. Sicuramente io, rispetto agli ascolti di Francesco, ho una tendenza anche ad ascolti più folk, jazz, da Joni Mitchell a Feist, o anche – in contesto italiano – a Lucio Battisti, Ivan Graziani con cui sono cresciuta, o Carmen Consoli.
Insomma, ho comunque anche uno spettro di influenze più cantautorali, mentre dall’altra parte Francesco, così come Marco, hanno alle spalle delle influenze più rock, tipo il filone dei Rage Against The Machine, che invece non fanno minimamente parte dei miei ascolti, ma è curioso poi trovare un ponte di comunicazione fra noi, che poi è quello su cui ci muoviamo per lavorare insieme.
Chiudo con una curiosità personale: video di Club super! Dimmi che un po’ di Alex Turner in Cornerstone c’è davvero tra le ispirazioni… <3
Ammetto che non era nelle reference che avevamo inizialmente, mentre stavamo lavorando al concept, ma poi ci siamo accorti che nell’uso nei colori e di dettagli particolarmente iconici – la maglietta rossa, le cuffie e lo sfondo bianco – effettivamente il rimando è stato quello, in maniera più o meno inconscia. Sicuramente Alex Turner era in qualche modo presente nelle influenze di Tommaso Ottomano.
Marika Falcone
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