Giorgieness intervista CRLN: del Medioevo e delle fastidiose domande alle donne nella musica
Delle vicende che hanno coinvolto Carolina Guidi, in arte CRLN all’Indiegeno negli ultimi giorni se ne è parlato molto. Come sapete la giovanissima Caroline è stata accolta, nel momento della sua esibizione, con cori sessisti. Il pubblico era quello di Gemitaiz, che avrebbe suonato di lì a poco e che poi non si è epresso in merito. Il giorno successivo su quei palchi ha suonato Giorgia D’Eraclea dei Giorgieness che è stata la prima ad esprimere solidarietà per quanto accaduto.
Per l’occasione noi de Le Rane, al posto della classica uscita editoriale d’opinione o della solita intervista giornalista/musicista abbiamo proposto a Giorgia dei Giorgieness di fare due chiacchiere schiette con Carolina. L’intenzione è non solo di approfondire la questione, ma evitare o quanto meno attenuare anche una certa violenza mediatica che si scatena quando accadono cose del genere.
Ciao Carolina. La prima domanda che ti voglio fare viene dal cuore. Quanto sei stanca di parlare delle donne nella musica? Intendo dire, quante volte da quando suoni hai dovuto rispondere a domande tipo “è difficile essere una donna nel mondo della musica?” O “è vero che rispetto agli uomini bisogna dimostrare di più?” Ecc ecc. È triste che ce ne sia ancora bisogno quando vorrei solo parlare della mia musica, no?
È molto triste. Se devo essere sincera ho sempre risposto in modo veloce e comunque positivamente a queste domande, per evitare il discorso. Dopo l’ultimo avvenimento Noisey l’altro giorno mi ha contattato per scrivere un articolo e mi è venuto in mente che l’ultima volta che sono stata nella loro sede per fare un’intervista mi è stata fatta una domanda sulla misoginia nel mondo della musica.
Io risposi in modo molto sbrigativo che fino a quel momento non avevo notato problemi grossi di questo tipo. In verità l’apertura al live di Marracash era avvenuta due anni prima, solo che io avevo preso quell’umiliante episodio, avevo fatto una buca e l’avevo chiuso lì dentro pensando di non doverlo ricacciare mai più.
In questi giorni è molto demoralizzante per me, alzare tutto questo polverone, e decentrare l’attenzione dalla mia musica a un fatto che mi sembra imbarazzante accada ancora in Italia nel 2018.
Ecco. Siamo qui per parlare di quello che è successo all’Indiegeno 2018 nella serata in cui hai aperto Gemitaiz. Mi ricordo un tuo messaggio in cui mi dicevi che avevi paura che succedesse come con Marracash. Ci racconti com’è andata quella sera?
Da mesi immaginavo l’apertura a Gemitaiz e mi terrorizzavo al solo pensiero che potesse accadere la stessa cosa. In verità fino all’ultimo una parte di me ha sperato di trovare una situazione migliore che invece si è rivelata la solita minestra.
Dal primo pomeriggio c’erano orde di ragazzini ad aspettare l’apertura porte per assicurarsi le prime file e lì ho capito che potevo ufficialmente iniziare a preoccuparmi. Mi tiravo sù i lacrimoni già da quel momento purtroppo.
Ovviamente l’attesa fino alla serata è stata snervante. Salire sul palco è stato come prendere coraggio e dirsi “ok. Sì va al macello, ma speriamo che almeno l’al di là sia migliore di qua”. Però comunque sono salita e ho cercato di fare la persona matura e di prenderla con filosofia. Appena sono salita sul palco è iniziato un coro “allegro”, un “sei bellissima, sei bellissima”, che se devo essere sincera mi ha strappato un sorriso. Ma immaginavo che quello sarebbe stato solo il dolce inizio di una serie di cori imbarazzanti e grida in solitario sul mio sesso, sul mio corpo e sulle mie parti intime.
È una situazione davvero umiliante che ti fa sentire nuda e toccata nel profondo da tutte le persone che sono lì davanti a te, a urlare o assistere inermi.
Non dovrebbe capitare mai a nessuno. So che molti maschi non capiranno perché a loro questo tipo di insulti non capitano quasi mai.
Facendo un discorso più ampio e al contrario, tu ti sei mai posta il problema di essere una donna? In che termini?
Me lo sono posto più volte nella vita, però sempre per colpa dell’altro sesso che attraverso vari atteggiamenti mi faceva notare la diversità o peggio l’inferiorità. Partiamo dal presupposto che mi imparanoio facilmente. Anche solo da uno sguardo più intenso del solito o una mano non richiesta sulla schiena io ci ho visto tutta l’inferiorità del mio genere. Parte tutto ovviamente dal rispetto che oggi sembra sempre più mancare.
Prima di tornare a parlare dell’argomento principale, c’è qualcosa che hai imparato invece dal tuo pubblico? Di bello intendo. Non solo dopo questa vicenda.
Il mio pubblico è piccolo ma bellissimo e sensibilissimo ed è figlio dei miei testi introspettivi. Posso solo essere orgogliosa delle persone che mi seguono.
Mi hanno insegnato quanto vale il legame tra un’artista e il suo pubblico. Mi hanno insegnato ad elevarmi quando salgo sul palco. Che io tengo sempre a sottolineare l’uguaglianza tra me e loro e invece loro mi danno forza ricordandomi che quando metto piede lì sopra, in qualche modo, per quel brevissimo periodo, valgo molto perchè gli sto insegnando qualcosa. Quindi io sono consapevole del potere che detengo e della responsabilità che ho nei loro confronti.
Che tipo di uomini ti sei trovata attorno? C’è stato un momento in cui ti sei sentita fiera di essere una donna, con tutte le problematiche che hai incontrato, proprio perché hai sentito di farcela da sola in ogni caso?
Ma diciamo che nell’etichetta discografica che mi ha accolta 3 anni fa sono l’unica donna quindi conosco bene la sensazione di sentirsi un po’ “sola e incompresa” in certi momenti. Però questa situazione mi è stata utile perché ho imparato a comunicare abbastanza bene con il genere maschile facendo valere i miei diritti e le mie idee. In Macro Beats poi, nonostante la differenza di sesso, ho la certezza che chi ne fa parte ha una cosa che ultimamente in generale mi sembra mancare: l’umanità.
In ambiente pratico-lavorativo da sempre invece mi è capitato di affiancarmi a persone che non mi ritenevano in grado di fare.
Ho sofferto sempre questa storia dell’inferiorità come donna nella musica. Sin da piccola. Ammetto di esserne anche abbastanza frustrata. Sono entrata nel mondo della musica dieci anni fa, quando andavano molto di moda i ritornelli delle cantanti ragazze nei brani di rapper.
Era già quello un concetto imbarazzante.
Oggi se un rapper mi chiedesse una collaborazione gli chiederei minimo anche una mia strofa perché non voglio sentirmi un oggetto di contorno in un brano. Voglio esserci e voglio esistere, sennò la collaborazione davvero non ha senso e farei troppa difficoltà a trovare parità e rispetto tra le due parti. Sono piccole cose queste che però ti fanno riflettere. Questo preciso periodo è il momento in cui mi sento fiera di essere donna.
Da qualche mese sono sentimentalmente sola, e quindi anche sul palco. C’era la possibilità che cancellassi tutti i live estivi per questo motivo, invece mi sono costruita un live set provvisorio da sola, o quasi, e mi sono ripresa in mano tutti i live. Ci tengo a menzionare l’amica Birthh che mi ha spiegato Ableton Live in 4 giorni ed è stata il mio mentore in questi mesi, incoraggiandomi a non mollare e regalandomi tanta forza e solidarietà femminile.
Comunque davvero, ora sono fiera di me stessa e sono fiera di aver parlato dell’accaduto all’Indiegeno Fest.
Ho avuto l’appoggio di tante artisti e artiste in questi giorni e ora che mi stai intervistando colgo l’occasione per ringraziare in particolar modo te che hai dato voce al mio episodio e a quello che senza di te sarebbe stato l’ennesimo silenzio. Se ho avuto il coraggio di parlarne è stato specialmente grazie a te, ma tu lo sai Giorgie.
Quando pensi al silenzio di Gemitaiz ed al suo minimizzare la cosa, non credi che chi oggi è ascoltato, soprattutto dai giovanissimi, abbia la responsabilità delle sue parole o in questo caso dei suoi silenzi?
Che peso possono avere quelle voci, soprattutto in tempi cattivi come questi? Mi sento di condannare il silenzio di Gemitaiz perché ho la certezza che la sua parola sarebbe stata solo di aiuto a un pubblico che sta crescendo male e che sta seguendo in generale degli ideali molto sbagliati.
Mi dissocio invece dagli insulti sulla sua persona. Ha fatto una scelta opinabile che mi ha sinceramente fatto rimanere male, però non sono d’accordo con le lapidazioni di massa.
Credo di aver capito che sia stato anche accusato di misoginia. Voglio contribuire a smentire questa voce. La semplice verità è che lui non ha preso posizione, non si è schierato e ha preferito il silenzio.
Sono consapevolissima del fatto che lui sia uno di quei pochi rapper/trapper a non definire la donna con termini volgari nei suoi testi e sono sicura che condivida il suo pubblico con altri artisti realmente misogini, per questo secondo me questa volta ha perso un’occasione importante per dire la sua e per dissociarsi dalle idee dei colleghi. Purtroppo con il suo silenzio è uscito un altro tipo di messaggio.
Ti farebbe piacere se dopo questa storia succedesse qualcosa? Una sorta di #iopure dove uomini e donne del nostro ambiente, insieme, provano a unirsi ed estirpare questa piaga medioevale – come hai giustamente detto tu – per arrivare finalmente a parlare di musica unisex?
Mi farebbe molto piacere creare qualcosa di buono per unire un po’ tutti.
So che ci saranno sempre i cinici a mettere i bastoni tra le ruote, ma sono sicura che possiamo andare tutti oltre certi modi stupidi di pensare e reagire. Alla fine siamo tutti esseri umani, tutti con le anime fatte della stessa sostanza e accomunati da un’unica sorte. Discriminazioni di genere e di sesso non dovrebbero neanche esistere, specialmente in un ambito aperto e libero come la musica.
La Redazione
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