Il “Salto nel vuoto” di senza_cri è una rincorsa per decollare

Salto nel vuoto è il primo EP della cantautrice brindisina Cristiana Carella, in arte senza_cri, che nel 2021 ha calato un tris d’assi davvero niente male. Dapprima giovane protagonista al Premio Tenco, cui è stata invitata a partecipare dopo essersi fatta notare nella kermesse del Tenco Ascolta – una rassegna itinerante riservata ai cantautori emergenti. Poi vincitrice di Area Sanremo, il che le ha consentito di aggiudicarsi un posto nel novero dei 12 finalisti a Sanremo Giovani. La cosa più spiazzante, in positivo, è forse lo stato d’animo davvero lucido e maturo con cui la ventunenne dimostra di aver affrontato il tutto.

“Sono arrivata a considerare Sanremo, la città dove tutti questi tre appuntamenti si sono svolti, come una seconda casa” ci ha confidato, “Certo, l’emozione era tantissima, ma l’entusiasmo e la voglia di fare sono riusciti a rendere l’esperienza un buon esercizio di competizione, anzitutto riferita a me stessa. C’è sempre spazio per migliorarsi e lanciarsi in nuove sfide”

Lo scorso 18 gennaio è uscito dunque il suo primo lavoro discografico, per iniziare con il piede giusto – e con un’altra bella sfida – anche questo 2022.

Cristiana e la musica, in fondo, sono un tutt’uno sostanzialmente da quando è nata. Il padre appassionato di vinili, la madre della danza e la sorella studiosa di pianoforte: a due anni e mezzo arrivò per Cristiana la prima chitarra – “volevo essere Alex Britti”. A 15 anni inizia a scrivere poesie, canzoni in erba. A 17, si esibisce per la prima volta in uno spettacolo teatrale, organizzato dal suo liceo, occasione che in qualche modo le indica la strada per potersi dedicare anima e corpo a ciò che sente più pienamente suo. Questo richiamo alla creatività si percepisce paradossalmente anche in alcune delle cover realizzate negli anni e ancora disponibili sul suo canale YouTube. La donna cannone, cantata da lei, è quel lungo brivido di cui non sapevamo di avere bisogno.

senza_cri, “Salto nel vuoto” [Ascolta qui]

In occasione dell’uscita di Salto nel vuoto, abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con lei: ecco quello che ci ha raccontato!

“Salto nel vuoto” si apre con “Tu sai”, un brano che sembra cantare il disin-canto di chi vede il mondo andare in una direzione percependo interiormente un’altra meta.

Per certi versi è così. Questa canzone è la prima che ho scritto, verso i 17 anni: dunque è molto innocente. Però certamente nel brano c’è questa constatazione, intesa forse come la spinta positiva e propulsiva di chi si sente estranea senza tuttavia esserlo realmente. Quando canto di una tristezza spesso ipocrita o dei contatti che abbiamo più sullo smartphone che nella vita vera intendo scuotere ciò che non va per poter entrare veramente in sintonia gli uni con gli altri. In un mondo di chiacchiere che a volte non hanno parole, sento personalmente l’esigenza di riconnettermi alle persone e credo sia un’esigenza che sentano tutti quanti, anche chi si attacca al telefonino per delle ore.

In “Camaleonte” citi en passant, ma anche secondo me con cognizione di causa, ansia e depressione.

Queste due signorine sono mie amiche, le ho conosciute entrambe molto bene. So di cosa parlo, purtroppo ma anche per fortuna: sono un’inguaribile ottimista e questo mi rende capace di considerare tutto quello che avviene dentro e fuori di noi, anche e soprattutto le cose brutte, come un aiuto per la piena consapevolezza di sé. Cadere in basso mi ha sempre aiutato a risalire.

L’intimismo che già sentiamo in questi primi due brani sfocia forse in “A me”. Si tratta di una vera e propria lettera a te stessa, uno sprone ad amarti come sei. Qualcosa che va oltre l’accettarsi e basta, secondo me: amare è proprio uno step in più.

Senz’altro. Personalmente, nel periodo dell’adolescenza, mi amavo di meno: non riuscivo ad identificarmi in me. Scrivendo questa canzone, a 19/20 anni, ho proprio deciso di volermi bene: sono bastati 3 minuti per darmi una forza nuova e una nuova consapevolezza. Alla fine credo che siamo un po’ tutti come disegni su dei fogli di carta. Se qualcosa non va bene puoi sempre cancellare, modificare, crescere e migliorarti. Crescendo, crescono poi anche le consapevolezze e questa canzone forse ne è un po’ la prova.

Hai parlato dei vari periodi in cui hai scritto i brani, a 17 anni “Tu sai”, verso i 19 quest’ultimo, “A me”. Qual è, invece, la canzone più recente del tuo repertorio?

La successiva, Edera. L’ho scritta per elaborare un lutto molto fresco e, insieme a Camaleonte, sono le due canzoni più profonde dal punto di vista dell’intimità perché sono andata ad analizzare e sviscerare il mio dolore in entrambe. Edera è fatta anzitutto per non essere compresa subito, non amo specificare le cose all’interno dei miei testi: li renderebbe sicuramente meno universali e più autocentrati, il contrario di quello che voglio ottenere. Un “mi manchi” è tanto globale, se ci pensiamo, che l’idea di quanto una persona diversa possa mancare a mille altre persone – a causa di una morte, ma anche per un amore finito, per la distanza fisica – mi riempie molto di più rispetto alla mera narrazione di quanto manca a me qualcuno. Ed è anche più utile, terapeutica per le assenze che soffrono tutti.

senza_cri
“Salto nel vuoto”, la traccia che viene subito dopo, dà anche il titolo al tuo EP.

Non voglio finire niente e cominciare sempre tutto: il titolo – del brano e dell’EP – significa sostanzialmente questo. Si tratta del mio primo lavoro, un vero e proprio salto nel vuoto, tra le orecchie di chi mi vuole ascoltare e nei cuori che vogliono aprirmi le loro porte. In generale poi sento questo momento della mia vita come un vero e proprio salto nel vuoto: anche quando riascolto queste canzoni, percepisco la sensazione di vuoto che generano le montagne russe o le altalene nella fase di discesa. Un’estrema eccitazione unita ad una pace che è propria di chi salta nel vuoto, non tanto per caderci ma per fluttuare.

In “Bordi” emerge poi forse il tuo lato più rock. Un ascolto spiazzante, dopo sonorità sicuramente più pacate e cantautorali.

Sì, giusto per rimarcare la diversità che cerco ogni giorno. Sono sempre la stessa non restando mai la stessa e i miei ascolti lo dimostrano: vengo influenzata dalla musica più disparata. Nelle mie playlist trovate di tutto: Frank Sinatra, Bee Gees, Sum41, Cure, Billie Eilish, Justin Bieber, Pino Daniele, Renato Zero. Prendo poi il buono da tutto quello che ascolto e cerco di renderlo mio, senza ispirarmi necessariamente a qualcuno. A livello testuale, invece, questo brano è il controcanto di A me: mentre prima cantavo di quanto sia importante amarsi e bastarsi da soli, con Bordi voglio ricordare di come sia altrettanto importante condividere e condividersi con le persone giuste. Affidarsi a qualcuno nella vita è fondamentale ed è ciò che ci rende umani, forse più di ogni altra cosa.

“Amor 25 novembre”, brano che chiude l’album, sembra essere slegata da tutte le altre canzoni ma in realtà la possiamo ritrovare dappertutto. In che modo questo inno contro la violenza sulle donne si è inserito nell’EP?

Questo EP è sostanzialmente una mia presentazione. Quindi volevo dare alle persone i punti cardine di me, le cose indicative dei miei pensieri. Si tratta in qualche modo di fornire degli indirizzi rispetto a ciò che penso della vita, della morte, del tempo, dell’amore e anche della violenza. Volevo proprio presentarmi, stringere la mano. La violenza e l’amore, che sono o dovrebbero essere due cose scisse, fanno parte purtroppo del nostro quotidiano: basta accendere la tv per rendersene conto. Questa canzone è nata proprio come reazione all’ennesima notizia di questo genere che ho sentito un giorno in televisione. A mio avviso, non esiste modo migliore di denunciare che parlarne, senza stufarsi mai: e questo è il mio contributo personale al dialogo sulla tematica.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Sicuramente esibirmi live, cosa che mi manca da matti: sono una persona che sente sempre l’urgenza di abbracciare, incontrare, cantare insieme agli altri. Poi sto continuando a sistemare la mia musica: non pensate che sia finita qui!

Una dedica finale?

Vorrei ringraziare una persona che sta al piano alto, quello del cielo. Purtroppo se n’è andata prima che io partecipassi al Tenco Ascolta: è stata la persona che ha sempre creduto in questo mio progetto e vorrei dirgli grazie perché ci aveva scommesso tanto e, da come si stanno mettendo le cose, non aveva mica tutti i torti.

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