Jamila: “Scrivo per indagare su me stessa” – live in ferramenta, MMW2020
Jamila Kasraoui è una giovanissima artista classe 2001 che vive nella periferia di Firenze, a Scandicci. Nonostante la giovane età scrive e racconta di amore e di piccole cose con una maturità ed un’autenticità che non è facile ritrovare neanche in chi è ben più adulto.
Da poco Jamila è entrata a far parte della famiglia di Ferramenta Dischi ed ha fatto uscire tre singoli, che stanno avendo un buon riscontro su pubblico e critica. In occasione della Milano Music Week ho avuto modo di scambiare con lei due chiacchiere ed approfondire la sua storia.
Ciao Jamila, so che c’è anche un “prima” rispetto all’ingresso in Ferramenta Dischi e l’inizio di questa nuovo percorso. Ti va di iniziare raccontandoci qualcosa in più su di te e sulla tua storia?
La mia storia inizia circa 4 anni fa, quando per un progetto di scuola lavoro con un’associazione culturale ho realizzato il primo EP “Ego” con 8 brani, di cui uno solo musicale, pubblicato poi nel 2019. È un lavoro completamente autoprodotto e registrato con l’Iphone e un paio di cuffie molto buone (ringrazio Chiara Pasetti, proprietaria delle cuffie, che senza di lei non ci sarebbe l’album fuori). Questo lavoro mi ha permesse di essere ascoltata un po’ in giro, poi è arrivata la famiglia di Ferramenta Dischi.
Ho visto qualche giorno fa che sei entrata nel cast del cortometraggio Jackie’s Garden, un progetto di Vanity Fair in collaborazione con Gucci. Di cosa si tratta?
Due mesi fa circa mi è arrivata una chiamata da Alice di Vanity Fair che mi ha detto di avermi scelta tra vari artisti emergenti under 30. L’obiettivo del cortometraggio è raccontare la storia dei protagonisti valorizzandone la diversità (di cui penso esista solo l’accezione positiva). Il risultato è una cosa interessante, capace di unire tra loro tre storie diverse ed evidenziando l’unicità di ognuna di esse.
Oggi fare live sembra un miraggio, cosa significa per la carriera di un’artista emergente come te non potersi esibire davanti al pubblico?
Quello che si prova è una grande limitazione, chiaramente questa impossibilità di suonare e vedere dal vivo le persone che ti ascoltano non ti fa fare i primi passi nel mondo dei concerti. Inoltre si è vincolati ad avere una certa presenza sui social, mentre fosse per me non mi porterei mai il telefono dietro, ma è l’unico modo che possiamo sfruttare per farci ascoltare e comunicare. Dispiace che la situazione sia questa, proprio quando nell’anno che decido di uscire.
Il primo brano uscito per Ferramenta Dischi è “La dottrina delle piccole cose”, una canzone che parla d’amore. Che valore ha l’amore nella tua vita?
L’amore fa parte della mia vita, riesco a vederlo anche solo nell’atto della vita stessa. Il valore che ha questo grande concetto per me dipende dal contesto in cui è immerso. È la forza motrice della mia continua ricerca, nelle persone, nella musica, in me stessa.
Jamila live in ferramenta
Scorrendo il testo c’è un passaggio introspettivo che mi ha colpito e che mi piacerebbe che tu spiegassi meglio se ti va. Mi riferisco a “mentre tu mi spogli tu mi travesti ma mi riconosci e mi dici che mi sbaglio”.
È un passaggio un po’ contorto che vuole spiegare il concetto di spogliarsi davanti ad una persona. Quando lo si fa, si mette a nudo anche le proprie debolezze e le proprie insicurezze. Nel mio caso a volte penso di essere solo un agglomerato di caos e aspetti negativi. Il concetto è poi che la persona dall’altra parte, riesce a riconoscermi nonostante il travestimento che compie su di me e mi aiuta a non valutarmi solo dal punto di vista negativo.
Qual è il motivo per cui scrivi? Dare un messaggio agli altri, a te stessa o entrambe le cose?
Nella scrittura ho sempre visto questo ruolo di esorcizzazione, di tirar fuori sensazioni e messaggi che ho bisogno di dire ad alta voce. Questo mi aiuta poi a cercare un confronto e indagare su me stessa raccontandomi agli altri.
“Giovani che scalpitano a letto” è il tuo terzo singolo. Suona un po’ come un inno generazionale, un grido di fuga da una realtà che ti sta stretta. Ti va di raccontarcelo?
È un tentativo in effetti di creare un inno generazionale, anche se la mia generazione è così varia che è impossibile mettere tutti d’accordo. Però è un grido di emancipazione di un noi in cui raccolgo persone con cui ho condiviso esperienze e manifestazioni. Nel mio particolare ho un noi preciso a cui penso quando canto queste parole, però è un riferimento a tutti coloro che si sentono un po’ stretti dalla realtà, che cercano di evadere per riuscire a respirare comunque nonostante questa realtà non troppo calibrata su quello che possiamo essere noi. Sta andando in una direzione sempre meno autentica e meno spontanea, mentre queste sono proprio le cose che noi ricerchiamo. A livello personale mi aggrappo comunque a delle certezze per evadere da questa realtà, una tra tutte la natura, oltre all’amicizia di cui ho conosciuto da non troppo il reale valore.
Restando nel tema del “generazionale”, cosa pensi della musica italiana al giorno d’oggi? Chi sono gli artisti che ascolti di più e quali quelli che hanno influenzato la tua musica?
Ora come ora non ascolto troppa musica con le parole, sto ascoltando molta musica classica ed elettronica, che fanno parte del mio background. Per quanto riguarda le ispirazioni, sono molto vicina al cantautorato italiano, Guccini, Gaber, De Gregori, Capossela, per fare qualche nome. Il mio preferito attualmente è Mannarino, che insieme a Brunori è stato quello che più mi ha insegnato ad esprimere le mie emozioni e me stessa attraverso i testi.
Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro? C’è un album in vista per Ferramenta Dischi?
Si! Dovrebbe uscire l’album per Ferramenta Dischi, l’ho chiuso a Settembre e sicuramente questo è quello che potere aspettarvi da me per il 2021. L’album dovrebbe uscire a Febbraio.
Che cosa ti ha ispirato per il secondo singolo “Gesù”, che sembra dirci “non abbiate paura di vivere la vita, di scegliere, di mettervi in gioco e di sbagliare”? Ti rivolgi anche a te stessa?
Dietro questo singolo ci sono tante cose. È un messaggio a me stessa e a tutti di non avere paura ad uscire dalla comfort zone e di sbagliare. Gli errori non sono per forza una cosa negativa, anzi sono il valore aggiunto più importante nella nostra continua ricerca. Uno dei motivi che mi hanno spinta a scrivere questo testo è una dedica ad un’amica a me molto cara, che ha paura ad uscire dalla sua zona comfort nell’ambito dei suoi sentimenti, un po’ tutto il testo si rivolge a lei. La parola “scommessa” è forse quella che più si addice in tema di scelte e delle loro conseguenze. Ecco, non dovremmo aver paura scommettere, né fasciarsi troppo la testa sulle conseguenze, almeno a quest’età sicuramente.
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Torniamo con un velo di nostalgia all’argomento live, ti va di raccontarci un aneddoto legato all’apertura che hai fatto a Brunori Sas?
Un aneddoto ci sarebbe in effetti. Avrei dovuto suonare davanti a quasi mille persone prima di Brunori Sas, dovevo combattere l’ansia da palcoscenico. Alle 18:15 mi sarei dovuta esibire e fino alle 18:10 era tutto sotto controllo, finchè non mi salta la corda della chitarra, che avevo cambiato prima di partire. Mentre Lorenzo (Ferramenta Dischi) schizza a destra e sinistra alla ricerca di una soluzione, arriva Brunori Sas e mi chiede quale fosse il problema. Senza pensarci un attimo mi ha tranquillizzata e si è offerto di prestarmi la sua chitarra. Quindi c’è stata la possibilità che io suonassi con la chitarra di Brunori al suo stesso concerto, poi Lorenzo in ogni caso ha risolto il problema e sono riuscita ad esibirmi.
Ciao Jamila, chiudo con l’ultima domanda: la collaborazione dei tuoi sogni?
Se potessi scegliere e sognare in questo momento dico che mi piacerebbe collaborare con Nada. L’ho vista anche post-lockdown al concerto a Firenze al Teatro Romano e mi ha trasmesso un sacco di emozioni bellissime. Cito anche Mannarino, ma stiamo proprio parlando di sogni.