“Kirigami”: i Botanici ci raccontano l’arte di piegare e intagliare la musica
Qual è la differenza fra un origami e un kirigami? Lo ammetto, ho dovuto googlarla. Il primo termine, forse il più comune, designa l’arte giapponese di piegare la carta. Con il secondo, invece, si indica la tecnica orientale di intaglio e piegatura: uno step successivo, una rielaborazione di ciò che già con l’origami si è cominciato a fare. Per ridurre il ragionamento all’osso, possiamo dire che il kirigami è una variante complessa dell’origami.
Più o meno la stessa differenza che intercorre fra l’ultimo album dei Botanici e il fresco EP appena pubblicato dagli stessi, il 26 novembre scorso, sempre con Garrincha Dischi. Se in Origami, uscito nel 2019, i Botanici hanno mostrato senza censure la natura radicale della loro musica, nell’EP Kirigami la band cerca oggi di dare un volto nuovo a quelle stesse canzoni: di ritagliare, oltre che piegare. E la dimensione più fortunata per poterlo fare è proprio quella del featuring: il coinvolgimento sincero di altri artisti, più o meno affini ai tre ragazzi di Benevento.
«Abbiamo lavorato con alcuni degli artisti del panorama underground che più stimiamo a livello artistico ed umano» hanno dichiarato, «e loro si sono mostrati entusiasti fin da subito di poter collaborare. Crediamo che, al di là delle logiche di mercato, la spinta rimanga sempre quella di voler fare musica, raccontare delle storie da vicino, in mezzo alle persone e con l’aiuto di esse. L’idea di pubblicare un EP di featuring in formato digitale ci è venuta a inizio 2020: il tour autunnale/invernale di Origami si avviava al termine e avevamo voglia e bisogno di tirare fuori qualcosa che gratificasse alcuni brani del disco che non erano stati singoli, ma che ritenevamo potessero avere una loro potenza peculiare»
Dopo le reloaded version di Sfortuna feat. maggio e Tanca e Quarantadue con i compagni di label Endrigo, anche Lo Stato Sociale e Giorgieness si aggiungono alla schiera di ospiti, amici e stimati artisti, chiamati a rivisitare alcuni dei più apprezzati brani scritti dai Botanici.
Ho avuto il piacere di poter intervistare Il Ciani, Toni e Gas: ecco quello che mi hanno raccontato.
“Sfortuna” narrava un momento storico complesso, soprattutto per le generazioni più giovani. E lo faceva lo scorso anno, prima ancora che la pandemia ci costringesse a ridefinire il concetto stesso di complessità. Allora esordirei chiedendovi anzitutto come state e come avete vissuto questi mesi così caotici e particolari per tutti.
Siamo stati bravi ad essere profetici! “Dicono che andrà tutto bene” è la frase simbolo di quel brano, che poi (ovviamente non per merito nostro) è diventata la frase simbolo dell’intera nazione. Era la voglia e la forza di andare avanti e la trovavi su tutti i balconi d’Italia. È stato così anche per noi, in un certo senso. Abbiamo passato momenti molto bassi, pieni di rassegnazione, ma ormai pare si veda la luce in fondo al tunnel… E va bene così!
Nel vostro modo di comporre, avverto una certa ricerca, unita anche alla spontaneità di chi si diverte davvero facendo musica. Il risultato è talmente variegato che è difficile da definire in un genere e basta. Come siete arrivati a maturare questo vostro stile così singolare?
Con la sincerità, il compromesso con ognuno di noi, la ricerca e la voglia di non essere banali, la necessità di veicolare tanti gusti musicali diversi in non più di 4 strumenti. Siamo anime musicali profondamente diverse fra noi. Il risultato è quello che ascoltate. Questo è il nostro genere musicale, questo è il nostro stile. A volte senza senso.
“Quarantadue” è un brano che, nel featuring con gli Endrigo, è diventato esponenzialmente più potente. Ho nella mente l’immagine di due tori che si scontrano, ma in senso positivo: per dare vita ad una corrida inedita e sensazionale. Com’è stato collaborare con loro?
É stato figo. Davvero. C’è un legame affettivo particolare, oltre che evidenti affinità musicali. Purtroppo non possiamo dirti com’è stato lavorarci insieme, visto che in studio non siamo riusciti a incontrarci per le difficoltà di spostamenti dovuti al pre lockdown di marzo. Possiamo solo dirti che abbiamo avvertito una bellissima carica, sin dalle prime bozze che ci fecero ascoltare.
“Capotasto” è invece una canzone che avete inserito lo scorso anno in uno di quegli splendidi mixtape di Garrincha. Parlateci un po’ del brano in sé, com’è nato?
Capotasto è nata per essere condivisa solo con la persona di cui parla, voleva essere un regalo, un pensiero per il suo compleanno. Volevo parlarle di quella storia, ricordare qualche aneddoto, volevo fosse una canzone positiva. Non credo di essere riuscito nel mio intento o almeno non al 100% ma sono stato comunque contento di aver condiviso questa storia, quasi una favola moderna, senza principi azzurri o carrozze fatate ma con avvenimenti al limite del banale. Ah, non sono neanche riuscito a concluderla in tempo per il suo compleanno.
Il featuring con Giorgieness, proprio in questo pezzo, è forse il mio preferito dell’intero EP. La sua voce così eterea ed energica insieme rende questa ballad davvero godibilissima. Proprio a partire da lei, invece che la classica domanda sugli artisti che preferite, vorrei andare più nello specifico e nel femminista: quali artiste donne, nel panorama musicale italiano, secondo voi, meriterebbero più ascolti?
Giorgia è una fuoriclasse, con una voce incredibile e siamo molto contenti di aver potuto lavorare con lei. Tra i nostri ascolti spiccano, oltre ovviamente a Giorgieness, La Rappresentante di Lista, Any Other, Galea e la nostra conterranea Svegliaginevra, quindi, anche se sicuramente ne dimentichiamo altre, ci sentiamo di suggerirti loro!
La camomilla ha notoriamente proprietà lenitive e calmanti, così come il vostro omonimo brano: una canzone che dà voce all’abbandono per poi poterlo superare, accettando il dolore di un pianto liberatorio lungo la strada. In questo esatto periodo, quali dolori vorreste calmare con “Camomilla”?
Camomilla (e un po’ tutto Origami) parla di amori e relazioni ormai finite e della necessità di superarlo. Parla anche molto, in senso più ampio, di solitudine. In questo periodo di solitudine forzata, diremmo che quel brano, ma appunto tutto il disco, possa essere ascoltato in quell’ottica!
Siamo in pieno Sanremo Giovani e il featuring con Lo Stato Sociale, band esplosa a livello nazionalpopolare proprio grazie alla kermesse (dei big, però), mi lancia l’assist per una domanda forse scomoda: che ne pensate? Avete mai riflettuto su una probabile partecipazione?
Ci è capitata, in passato, una proposta per la partecipazione ad un format televisivo. Dopo qualche minuto di riflessione la risposta fu unanime e decidemmo di non accettare. Ovviamente non era Sanremo, che è discorso ben diverso. Sicuramente questo non è il momento del nostro percorso artistico per volervi partecipare. Ancora oggi ci basta vedere la musica come un mezzo di espressione personale, non un modo per arrivare.
Descrivete con un solo aggettivo ciascuno dei quattro colleghi che avete coinvolto nell’EP.
Uno solo per tutti: Amici.
Ultima domanda: se il 2020 fosse un kirigami, che forma gli dareste?
Probabilmente un palco, o un furgone. Che sono le cose che ci mancano di più. Sicuramente un modo per rappresentare la mancanza della musica dal vivo.
Monica Malfatti
Beatlemaniac di nascita e deandreiana d'adozione, osservo le cose e amo le parole: scritte, dette, cantate. Laureata in Filosofia e linguaggi della modernità a Trento, ho spaziato nell'incredibile mondo del lavoro precario per alcuni anni: da commessa di libreria a maestra elementare, passando per il magico impiego di segretaria presso un'agenzia di voli in parapendio (sport che ho pure praticato, fino alla rottura del crociato). Ora scrivo a tempo pieno, ma anche a tempo perso.