Uscito lo scorso 4 giugno per Woodworm/Universal, SPINOFF è il nuovo lavoro dei Tonno, pubblicato a pochi mesi (nemmeno un anno) dallo scorso indimenticabile disco, Quando ero satanista. Nicolò, con cui ho avuto il piacere di fare quattro chiacchiere, tende a non utilizzare l’articolo per designare il gruppo: non “i” Tonno, ma Tonno semplicemente. Quasi che davvero il progetto stesso goda per certi versi di vita propria, senza il bisogno di essere definito come una collettività, un insieme o un agglomerato.
Di certo il risultato eterogeneo di questo album sembra raccontare una storia simile: le atmosfere più elettroniche e precise danno ad ogni traccia una linea (una traccia appunto) molto più definita di quanto ci aspettassimo. Ma di sicuro la spontaneità non si è persa, insieme all’energetica e vitale intenzione di creare una musica che del caos anarchico e del nonsense faccia forza e vigore.
Ecco che cosa ci hanno raccontato.
Che cos’è cambiato da “Quando ero satanista” e com’è nato questo nuovo lavoro?
Questo lavoro è sicuramente figlio della situazione che abbiamo vissuto un po’ tutti in questo periodo. La cosa che ha stravolto senza dubbio il nostro modo di comporre è stata l’impossibilità di utilizzare la sala prove. I nostri pezzi, in passato, sono nati tutti da jam senza filtro alcuno, sessioni durante le quali il contatto umano era imprescindibile. Tale cambiamento ha portato Tonno a cercare e trovare un nuovo modo di comporre, molto più virtuale se vogliamo: separatamente, mediante collage di provini e assemblaggio di demo. È stata una cosa molto sperimentale, un patchwork difficile ma per certi versi anche bello perché ci ha permesso comunque di partorire un lavoro completo nonostante la complessità della produzione.
Se la pandemia ha cambiato il modo di comporre la musica, pure i testi ne risentono inevitabilmente, magari anche solo di un’eco. Sto pensando a “Isolation Party”, il brano d’apertura, ma anche al titolo dell’album in sé, “SPINOFF”.
È senz’altro vero. C’è sicuramente da dire che il titolo del disco è venuto dopo, ma con Isolation Party hai beccato proprio la traccia che riflette di più questa situazione. Nel complesso forse i testi non sono tanto rivelatori sotto questo punto di vista, però il piano strutturale del lavoro, il modo in cui ci siamo organizzati e mossi per produrlo è di fatto frutto di ciò che ci circonda.
Nonostante le difficoltà del caso, e nonostante l’isolation party che ognuno di noi ha festeggiato, il disco è anche ricco di collaborazioni: ci racconti qualche retroscena? Come sono nati questi featuring?
Di fatto si tratta di artisti che abbiamo conosciuto durante i concerti negli scorsi anni. Tropea e GIALLORENZO al Tour Didascalico, Maggio e Materazi Future Club al MIAMI. Abbiamo cercato di annaffiare per bene questi semi piantati nel passato e diciamo che il risultato ci è piaciuto proprio tanto.
Fra il resto, parlando di tour, avete già in mente qualche data estiva?
Certo! In tutto finora ci sono nove date, da luglio a settembre. Inizieremo dalla Toscana, Fucecchio e Firenze in primis, per poi spostarci soprattutto verso nord.
Hai nominato la Toscana: quanto vi ritenete legati al territorio che vi ha visti nascere? Ci sono band o artisti toscani che vi sono di ispirazione più di altri?
La cosa buffa è che spesso noi veniamo definiti come band fiorentina, quando di fatto veniamo tutti da posti differenti della Toscana che non sono Firenze: Empoli, Siena, Lucca. Sicuramente, a livello trasversale, un certo rock anni Novanta e primi Duemila ha fatto scuola. In Toscana band rock di questo tipo hanno spopolato, ma se dobbiamo fare un nome sarebbe quello dei Verdena, anche se di fatto non sono nati qui.
Abbiamo parlato del lavoro di composizione come di un patchwork e di un collage. La vostra musica sembra a tutti gli effetti, già prima di questo disco, un vero e proprio assemblaggio non soltanto di intuizioni e di immagini ma anche di influenze. Quali vuoi indicarci come fondamentali per questo album?
Sicuramente nella stesura di SPINOFF è stato imprescindibile l’ascolto di Grimes, sia come estetica che come rappresentante di una scena elettro/pop/synth che è stata per noi senza dubbio un faro nella registrazione totalmente digitale del lavoro.
Al di là della sonorità più elettroniche e digitali, ascoltandovi si ha sempre come l’impressione che una certa dose di confusione – se vogliamo tipica di certe garage band – sia positiva ed estremamente vitale. È così?
Sì, è verissimo. Penso che Tonno risenta comunque molto della società che lo circonda. Viviamo in un mondo caotico, dove l’uso spropositato dei social network ci sottopone ad un marasma di informazioni che spesso non sappiamo gestire. Se per certi versi una caoticità del genere può essere nociva, usarne il linguaggio per trasformarla in energia è uno dei tratti distintivi del nostro progetto.
Monica Malfatti
Beatlemaniac di nascita e deandreiana d'adozione, osservo le cose e amo le parole: scritte, dette, cantate. Laureata in Filosofia e linguaggi della modernità a Trento, ho spaziato nell'incredibile mondo del lavoro precario per alcuni anni: da commessa di libreria a maestra elementare, passando per il magico impiego di segretaria presso un'agenzia di voli in parapendio (sport che ho pure praticato, fino alla rottura del crociato). Ora scrivo a tempo pieno, ma anche a tempo perso.