I Marlene Kuntz e il cambiamento climatico: “La fuga” dal cattivo karma di chi resta indifferente
Una serata psichedelica e onirica al contempo, scandita da sonorità quasi sincretiche e caratterizzata dal collante di un tema molto sentito: quello della sostenibilità ambientale. Lo scorso 2 maggio, a Trento, i Marlene Kuntz si sono esibiti in un live inedito, con l’anteprima dal vivo del loro prossimo singolo, “La fuga”.
Si è trattato di uno dei tanti fertilissimi bacini in cui sfocia l’esperienza altrettanto inedita di Karma Clima. Un progetto che ha visto la band in viaggio nel cuneese, fra i borghi di Ostana, Piozzo e Paraloup, ad ampliare il concetto di collettivo, trasformandolo non più nel mero incontro di stimoli ma nella condivisione – proiettata al futuro – di idee nuove, animate da una sincera attenzione per ciò che ci circonda.
Abbiamo avuto la fortuna di scambiare quattro chiacchiere proprio con i Marlene Kuntz e di assistere all’esibizione dal vivo che presentava l’intero progetto, al Museo delle Scienze di Trento – sì, lo stesso che aveva ospitato PopX e Rareş qualche tempo fa durante il Poplar Festival. Il tutto in occasione del Trento Film Festival, la più longeva rassegna del cinema e delle culture di montagna, che quest’anno spegne 70 candeline.
Com’è nata l’idea del progetto Karma Clima?
Nel corso degli anni abbiamo assistito allo stratificarsi di diverse cose all’interno del nostro modus vivendi. Esigenze di varia natura ed insofferenze nei confronti di alcune dinamiche che andavano affermandosi nel mondo della musica. In generale il nostro settore sta prendendo una direzione che a noi personalmente piace molto poco. E questo anche a causa delle nuove tecnologie, dell’avvento pervasivo di internet. Una situazione che ha contribuito a lasciarci tutta una serie di sensazioni che si sono trasformate nel desiderio di provare a fare un disco in una maniera totalmente diversa. Siamo riusciti a perseguire questo obiettivo grazie al progetto che abbiamo chiamato Karma Clima, il quale prevedeva anzitutto l’approdo dei Marlene Kuntz – con tutta la nostra strumentazione, dunque con uno studio mobile – in tre luoghi [Ostana, Piozzo e Paraloup, ndr] che ci hanno calorosamente accolto.
È un sistema che siamo abituati a definire “residenze artistiche” e si tratta fondamentalmente di lavori preparatori, che contribuiscono a creare i presupposti affinché una band, con tutti i suoi elementi, venga accolta da una comunità per una serie di comuni interessi. Tali interessi sono qualcosa di bello ed idealistico, come riuscire a creare una riflessione importante attorno al problema del cambiamento climatico, che esiste, ci inquieta e ci spinge a suggerire possibile scenari. Non tanto ai giovani, che secondo noi su queste tematiche dimostrano un’azione coesa e lungimirante, quanto piuttosto ai cosiddetti “boomer” che ancora hanno in mano il mondo e faticano a renderlo concretamente sostenibile. Ecco, il nostro progetto voleva contribuire a questo tipo di sostenibilità.
Una sostenibilità a 360 gradi, non soltanto ambientale ma anche sociale, che ha coinvolto persone e luoghi. Quali di queste “sinergie extramusicali” vi portate più nel cuore? Quale momento di questo grande viaggio ricordate in modo particolare?
Godano: La cosa che più mi porto dentro è quasi l’esatto opposto del creare sinergie. Ovvero quando io, da solo, nelle alture della montagna, andavo a dare forma ai miei testi. Però poi Karma Clima prevedeva – e prevede tuttora – proprio la sinergia, come hai detto giustamente tu, cioè la connessione. E noi abbiamo creato i presupposti per tante situazioni nelle quali ci siamo trovati a contatto con persone di valore. Persone che hanno – ciascuna secondo la propria esperienza – adottato strategie esistenziali resilienti molto simili alle nostre. Io ricordo con piacere il giorno in cui ci siamo trovati con Giovanni Lindo Ferretti, il cantante dei CCCP e C.S.I., anche lui ospite di una dimensione laboratoriale, che prevedeva la condivisione con altre persone della sua esperienza come uomo e artista che vive in montagna.
Se tu mi chiedi qual è il momento che mi porto più nel cuore è proprio quando ho rivisto Giovanni lì, in quei luoghi, che sono i suoi e che sono diventati i nostri. L’affratellamento che si è creato in quell’abbraccio, durato più di due minuti, è stata un’esperienza molto bella. Era da un po’ che non ci vedevamo, gli siamo debitori: a lui e a tutto il Consorzio Produttori Indipendenti, per un sacco di cose che ci hanno aiutato all’inizio della nostra carriera come Marlene Kuntz. Gli vogliamo bene, lui ci vuole ancora molto bene e quello è stato un momento intenso.
Lagash: Sottoscrivo tutto, veramente emozionante. Ma ciò che mi colpisce di più e ci colpisce di più come band, in tutto quello che abbiamo realizzato all’interno di queste residenze, sono le diverse opportunità createsi, ovvero ciò che in realtà sta ancora nascendo. Con il Museo del Cinema di Torino abbiamo lanciato l’idea di poter organizzare workshop e corsi. Realtà in cui i giovani si potessero approcciare alla sonorizzazione filmica e cinematografica, per immagini, su temi ambientali. Questo ha portato, dopo mesi di lavoro, alla creazione di nuovi laboratori. Verranno realizzati ad Ostana e che andremo ad inaugurare noi stessi, proprio ad Ostana, ai primi di giugno.
Uno di questi laboratori si chiama Sartoria Musicale, l’altro Soundtracks.
Sono realtà in cui proprio i giovanissimi cominceranno ad approcciarsi all’interpretazione delle immagini utilizzando dei brani dei Marlene Kuntz, che saranno autorizzati a smembrare a proprio piacimento, approcciandosi a quello che potrebbe diventare a tutti gli effetti un lavoro – il tutto, ricordiamolo, con il tema ambientale a fare da sfondo. Ci piace che il nostro progetto sia in grado di creare questo tipo di innesti, ramificandosi nel futuro.
E proprio in questo senso, domani mattina [3 maggio, ndr] incontreremo molte delle scuole che dal Trento Film Festival sono state invitate a lavorare sul tema di ambiente ed ecologia, proprio per cominciare qualcosa, lanciare un’idea. È un approccio innovativo che ci porterà, in questo caso, dritti ad un’esibizione prevista a Pejo3000 il 3 e 4 luglio. Ci importa molto creare condizioni di incontro e nuovi progetti, in grado di far partecipare in modo creativo e collaborante le persone.
Dal live di questa sera che cosa dobbiamo aspettarci?
Stasera, se saremo ispirati e tutto andrà nel modo giusto (cosa che accadrà sicuramente), si tratterà di un viaggio tra l’onirico e lo psichedelico. Le immagini che verranno proiettate sono di una qualità altissima, hanno un approccio filmico e registico del tutto particolare. Sono esasperatamente lente. Però a nostro avviso il loro fascino risiede esattamente in questa esasperata lentezza, che ci stimolerà a dilatare a nostra volta le musiche. Sarà una culla, dentro la quale gli spettatori si ritroveranno immersi.
Per concludere, c’è un album capace di coniugare musica e ambiente che vi sentite di consigliare agli amici de Le Rane?
Godano: Così su due piedi ti direi l’ultimo dei Placebo.
Lagash: E io aggiungerei l’ultimo di Elisa.
Tutte le foto sono di quest'articolo sono di Michele Purin.
Monica Malfatti
Beatlemaniac di nascita e deandreiana d'adozione, osservo le cose e amo le parole: scritte, dette, cantate. Laureata in Filosofia e linguaggi della modernità a Trento, ho spaziato nell'incredibile mondo del lavoro precario per alcuni anni: da commessa di libreria a maestra elementare, passando per il magico impiego di segretaria presso un'agenzia di voli in parapendio (sport che ho pure praticato, fino alla rottura del crociato). Ora scrivo a tempo pieno, ma anche a tempo perso.