Momusso, come ho imparato a dire le parole che non avevo detto
“Inizia tutto con una mancanza: è quando ti senti incompleto o incapace di dimostrare quello che realmente provi, che riesci a reagire in maniera forte. E, a volte, a creare qualcosa di nuovo”. Ed è proprio così che è nato il Vocabolario Sentimentale, edito da Giunti Editore e da qualche settimana in libreria, di Martina Lorusso, conosciuta ai più come Momusso. 27 anni, grafica e illustratrice, ha studiato a Verona, vive a Milano ma porta l’Umbria nel cuore, insieme tantissimi sentimenti a cui, per lungo tempo, non è riuscita a dare un nome. “Mi sono resa conto che spesso proviamo sensazioni a cavallo tra due stati d’animo, o addirittura contrastanti, ma non abbiamo una parola per esprimerci. Il Vocabolario Sentimentale è il mio modo per dare voce, e forma, a tutti questi mondi ancora da scoprire”.
Come hai avuto l’idea del Vocabolario Sentimentale e quanto tempo ci hai messo a realizzarlo?
Diciamo che il libro è una mezza autobiografia e un mezzo vocabolario. La causa scatenante è stata una rottura con un ragazzo: all’epoca, non ho ricevuto le spiegazioni che mi aspettavo e io stessa non sapevo bene come mi sentivo in quel momento. Questa “mancanza” mi ha fatto scattare la scintilla. Ho iniziato a giocare con le parole, unendole e creando nuovi significati e suoni, e poi illustrando il risultato ottenuto. Ho dato una consistenza a qualcosa che fino ad allora non l’aveva ed è un esercizio che, in primis, ha fatto bene a me stessa e che forse poteva fare bene anche ad altri. Da qualche Emomu (dall’unione di emozione e Momusso) sono arrivata a 70 neologismi e li ho raccolti in questo libro. Ci sono voluti 5 anni, tante esperienze e tante riflessioni.
Come è composto il libro? La presenza degli altri sembra importante per innescare la fase creativa…
Ci sono cinque capitoli, che corrispondono ad altrettanti step emotivi, da compiere in un giorno in un anno, quello è soggettivo. Ma partendo, appunto, da quell’episodio ho codificato il mio personale modo di elaborare i sentimenti: mancanza, tristezza, speranza, coraggio, amore. Ogni sezione ha una parte illustrata e una parte di racconto. Certamente le esperienze che ho vissuto sono state fondamentali, ma anche le persone: chi mi è stato accanto conosce perfettamente la genesi di questo lavoro e a volte ne fa addirittura parte. Infatti, ci sono cinque parole del libro nate insieme ai miei più cari amici.
Come hanno reagito le persone leggendolo, sia chi conoscevi che i nuovi lettori. E tu come ti senti ora?
Questa pubblicazione rappresenta una grande vittoria per me sotto tantissimi punti di vista. In primo luogo, a livello personale, perché mi ha unito ancora di più alla mia famiglia: spesso non sono riuscita a comunicare a pieno sia con i miei genitori che con mia sorella. Ora li capisco e il Vocabolario è un modo per ringraziarli per essermi stati sempre accanto, nonostante le incomprensioni. Poi, ho ricevuto messaggi da persone che non conoscevo: essere in grado di raccontare anche l’esperienza di qualcun altro, attraverso le mie parole, mi riempie di orgoglio e soddisfazione. È un po’ come se stessi, con naturalezza, chiudendo un capitolo. Io ho tirato fuori le mie emozioni ed è giusto che adesso facciano il loro viaggio.
Nei tuoi lavori, ma anche nella tua vita quotidiana, è sempre molto presente la musica. Trovi qualche analogia tra la musica e questo libro?
La musica è una parte fondamentale del Vocabolario. La creazione di nuove parole assomiglia molto alla genesi di nuove canzoni. Tutto è comandato dal suono, non è solo un esercizio di stile. Provo un certo appagamento nel vedere nascere un nuovo Emomu, proprio come quando mi riconosco in una canzone. Il flusso delle emozioni è molto simile a quello delle note, per me, e avrei voluto vedere dal vivo come avrebbero le persone, portando il Vocabolario nelle librerie. Purtroppo in questo momento storico non è possibile ma abbiamo pensato a una soluzione: delle dirette Instagram il 23 e 27 marzo. E sarà proprio un cantante, molto vicino alla mia sensibilità, a moderare l’incontro: Ghemon.
Hai parlato del momento storico che stiamo vivendo. Analizzare noi stessi e i nostri sentimenti dovrebbe essere un esercizio costante ma oggi, forse, lo è ancora di più. C’è una parola a cui tu sei particolarmente affezionata e una che descrive invece queste settimane così strane?
Il libro è stato pensato tanto per raccontare la casa e casualmente cade proprio a fagiolo ora. È un po’ un libro da quarantena. Mi vengono in mente Divanare (da divano e divagare, stare seduti a volare con la mente) o Finestrarsi, che invece prevede la finestra, grande protagonista di questi giorni insieme ai balconi. Ma su tutte, ti direi Momentarsi: prendersi un momento e fermarsi a riflettere, proprio quello che siamo costretti a fare davvero ora. Ho sempre pensato che le parole fossero importanti e oggi lo penso ancora di più: soprattutto sui social, dovremmo riflettere sempre su cosa diciamo e su come lo veicoliamo. Il Vocabolario mi ha fatto capire che ogni parola ha un peso: spero che da qui possa nascere una riflessione, che io ho fatto già in passato, e che in futuro coinvolga sempre più persone.