Ultimamente mi chiedo spesso cosa ci si aspetti dalla musica. Forse per le polemiche da social network di un pubblico che non vuole pagare l’account di Spotify, figuriamoci i dischi. Eppure si fa paladino della vera musica.
Ma che cos’è la vera musica? Non stiamo un po’ perdendo troppo tempo a criticare tutto ciò che diventa mainstream piuttosto che continuare a ricercare (e supportare) gli artisti che ci entusiasmano di più prescindendo dal riscontro che hanno sul grande pubblico?
Che ci piaccia o no, la musica è cangiante rispetto alla società, ma fortunatamente la sperimentazione e l’ipermanierismo resistono ed esistono.
È il caso di Mox, al secolo Marco Santoro, classe 1986, che ha da poco esordito con il suo primo album da solista “Figurati l’amore“.
Un disco outsider del panorama indipendente che risponde appieno alla mia domanda: “Cosa mi aspetto dalla musica?”.
La risposta è che mi faccia cantare quando lo ascolto e che mi stupisca live.
“Figurati l’amore” ha sonorità e approccio all’amore totalmente bio, ovvero senza melensi compromessi né espedienti synthetici. Ma soprattutto live è reversibile al punto tale da regalare al pubblico un vero e proprio show spinto fino al virtuosismo musicale.
Uno show, quello di Mox, che ha un retrogusto da “Carosello Progressive”, con tanto di siparietto da reclame, a cura di DIAMINE (progetto musicale già sotto l’egida di Maciste Dischi) durante l’accordatura e cambio strumenti a luci spente, come se fosse un cambio d’abito.
Ho fatto quindi bene ad attendere nel pubblicare l’intervista fatta prima del live a MOX, perché dato il suo imprinting e la band scelta, non potevo aspettarmi una canonica esecuzione del disco.
L’ensemble palco con Mox è chiaramente avvenirista, perchè se è vero che tutto diventa elettronico il ritorno allo strumentale è chiaramente la maniera più ottimista di affrontare il futuro. Un plauso è d’obbligo dunque per: Valerio Smordoni, Michele Amoruso, Michele Palazzo e Riccardo Adamo per aver contribuito a questa atmosfera sospesa tra sonorità del passato e parole da allunaggio al presente.
Ci vuole più coraggio nel tornare sulle scene da solista oppure con un disco totalmente suonato?
[ride] Oddio, non c’è coraggio ma un’esigenza dal mio punto di vista, c’è la voglia di fare un disco suonato. È tornato il momento di riprendere gli strumenti in mano!
C’è una spasmodica necessità di etichettarsi nella musica ormai, forse per poter dire di esserne pionieri o sovrani. In totale dicotomia rispetto al vecchio modo di fare musica in cui venivi etichettato ma combattevi per levarti l’etichetta di dosso. Se tu dovessi dare un nome al tuo modo di fare musica, che epiteto sceglieresti?
Io sono MOX e ti direi POP con fierezza. Rivalutiamo il pop che è stata ‘na parolaccia per tanti anni ed invece è una cosa stupenda! Significa che sei popolare, che sei comprensibile, che arrivi alla maggior parte delle persone. Che poi è quello che ci si augura nel momento in cui si fa musica, ovvero arrivare a più orecchi e cuori possibile. Oggi c’è contaminazione nel Pop, c’è del Pop di qualità.
E se invece dovessi tradurre “Figurati l’amore” in un film quale sceglieresti?
Sicuramente un film in pellicola, nel primo singolo c’è anche un tributo ad Ettore Scola, al “Dramma della Gelosia”, e quindi sceglierei quello oppure un qualsiasi film con Mastroianni.
Uno dei migliori interpreti cinematografici insomma. E invece il tuo disco a chi lo lasceresti reinterpretare?
Sarei estremamente curioso di sentire un paio di canzoni in particolare da Cremonini, ce lo vedo bene. In lui si sente una costante crescita, partito da una boy band come i “Senza filtro” è arrivato a capolavori da solista come “Possibili scenari”. Lui è il musicista ed il paroliere perfetto: non ne ha mai sbagliata una.
Istruzioni d’uso per il primo ascolto del tuo primo disco: stagione in cui ascoltarlo, sorseggiando cosa, dove e con chi?
Sicuramente sorseggiando Laphroaig e possibilmente da soli ma con in testa qualcuno. Per quanto riguarda la stagione ti direi che è un evergreen [ride] ma ti direi che date le atmosfere di Luglio e San Lorenzo forse sarebbe meglio la fine dell’estate … ooops!
Hai scritto che potresti dare ad ogni canzone il nome di una ragazza, quello di Superfantastica potrebbe essere Haeter Parisi. In generale credi che l’amore prenda le sembianze delle persone che amiamo oppure che ognuno di noi abbia un suo ideale randagio d’amore a cui cerca una casa?
Intanto per quanto riguarda il nome “Figurati l’amore” mi piace molto il fatto di potersi figurare l’amore, di poter immaginare l’amore. Se alla fine non ho scelto di dare un nome di donna ai brani è proprio per dare la possibilità a chi lo ascolta di farlo proprio. Mi piace che ognuno abbia la sua visione della canzone, non sono stato poi neanche troppo didascalico nella maggior parte delle canzoni proprio per lasciare un’interpretazione più personale. L’amore è … ehm … quando lo scoprirò scriverò un album [ride].
Io penso che si faccia spesso l’errore di affidarsi ad un’altra persona nella relazione, e non dovrebbe essere questo l’amore. Dovrebbe essere qualcosa di naturale e non cercato, per questo sono da diversi anni single, serve una sorta di predisposizione. Sembrerà una cosa super pessimistica ma l’amore è a volte una distrazione se vissuta come un “per forza”: bisogna per forza fare questo insieme, condividere, dimostrare, rispettare delle scadenze. Vissuta in maniera diversa l’amore è la cosa più bella del mondo.
Ah vedi! Io l’avevo concepita come un: “non arriviamo alla fine del mese, figurati l’amore!” forse anche un po’ per la copertina con il sacchetto…
[ride] Bellissima interpretazione, il sacchetto è una libera interpretazione, è un po’ come il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. In un sacchetto puoi mettere la cosa appena comprata o quella da buttare. La busta di plastica mi auguro che scompaia il prima possibile e con lei anche magari questi amori non amori.
Che tempi di gestazione ha avuto questo disco?
La maggior parte delle canzoni è nata di parto naturale nell’ultimo anno e mezzo. Spesso parto dalla musica e sono gli accordi a suggerirmi di cosa parlare, una cosa un po’ romantica però è così: gli accordi hanno un sapore e spesso mi suggeriscono le parole e a me sta cercare una storia da scrivere. Però ad esempio “Puttana” nonostante sia stata rivoluzionata negli ultimi tempi è una canzone nata con i Jonny Blitz, il “puttana nell’anima” è stato scritto cinque anni fa.
Tu sei anche un grafico, ma sei anche pigro, quanto ci hai messo del tuo in tutto quello che possiamo definire il packaging Mox?
Poco in realtà, per pigrizia mentale soprattutto, e questo è uno dei motivi del perché faccio musica, perchè credo tantissimo nella collaborazione. Anche perché è soprattutto un’opportunità per tirare fuori tante cose, così come vorrei collaborare tanto con altri musicisti.
Sulla base di quanto affermato, Signor Santoro, che sia messo agli atti con chi vorresti fare una super band dato che ora va tanto di moda in Italia rimescolare band formando altre band?
Io ci metterei: Gabriele Amalfitano alla voce, alla batteria Francesco Aprili, al basso Michele Amoruso e alla chitarra, sarò di parte ma sicuramente Pasquale Leonardi.
A quale domanda avresti voluto rispondere?
In realtà vorrei chiedere a qualcuno se si è reso conto che fare musica non è un obbligo, sta un po’ diventando troppo facile. Ci si sta omologando un po’ troppo come se si possa suonare solo se hai un determinato suono altrimenti no. E quindi alla domanda: “È necessario fare musica” risponderei “no”, che la si faccia solo se la si sente e non se si vuole diventare qualcuno. E non lo dico per fare il perbenista, sono consapevole del fatto che se avessi messo in piedi tutto questo per avere successo e basta non avrei dovuto incidere un disco di chitarre.