Tra i tanti appuntamenti estivi che hanno scandito l’estate di Futura 1993, uno in particolare ha fatto breccia nei nostri cuori: l’Eco Sound Fest. Si tratta del festival che si è tenuto a Caprarola (VT) che ha posto l’accento sulla necessità di sensibilizzare anche i fruitori più accaniti della musica sul tema della sostenibilità e del basso impatto ambientale. Tra materiali di recupero, tanto verde e buoni propositi, abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con Murubutu, nome d’arte di Alessio Mariani. Ci ha raccontato com’era e com’è cambiata la scena hip hop italiana, quali sono le ispirazioni per la sua musica e il suo stile narrativo molto particolare: leggete un po’ cos’ha da dirci, in attesa di ascoltare il suo ultimo lavoro, “Tenebra è la notte” (in uscita il 1 febbraio), che presenterà live in vari club italiani – noi di certo non mancheremo a Bologna, il 22 febbraio!
Com’è stato, molti anni fa, cominciare a fare musica a Reggio Emilia? Com’è stato vivere la musica allora e com’è viverla adesso?
Beh, effettivamente parliamo di un bel po’ di tempo fa, perché all’inizio degli anni ’90 non c’erano tutte le tecnologie che caratterizzano la musica adesso. Allora era un movimento molto più coeso, molto minore. Reggio Emilia è vicina a Bologna che è stata la capitale dell’hip hop negli anni ’90 e questa cosa mi ha aiutato molto. Quando ero ragazzino avevo la possibilità di osservare varie realtà e così di crescere molto in questo senso. Poi le cose sono parecchio cambiate: l’hip hop si è diffuso, sono emersi tanti generi e sottogeneri, così come sono aumentate le influenze. La cosa si è completamente stravolta: da un lato è andato perso il senso di unità e identità, dall’altro abbiamo guadagnato in termini di esposizione, comunicazione e possibilità di girare e farci conoscere.
A proposito di comunicazione, com’è strutturata la tua musica? Sappiamo che ci sono varie componenti: quella delle copertine, così come quella del testo e quella del live che abbiamo visto, live tra l’altro molto fomentato e muscolare (ride). In che percentuale queste componenti sono presenti nella tua musica?
La mia musica è fatta al 90% di scrittura, è una musica di tipo narrativo, che uno dovrebbe fruire chiudendo gli occhi e ascoltando con le cuffie. La dimensione live però ha ovviamente bisogno delle sue caratteristiche: io sono ancora legato alle jam degli anni ’90, e soprattutto alla musica hardcore, per esempio, che caratterizzava spesso i live hip hop di quel decennio, quando hip hop e hardcore convivevano all’interno dei centri sociali e la dimensione live era importante. Contava molto l’impatto e a me piace portare questa cosa nei miei live, nonostante io faccia musica fondamentalmente narrativa.
Sempre restando in tema di comunicazione, che rapporto hai tu con i social?
Ad essere sincero, a me i social hanno parecchio cambiato la vita, nel senso che ho la possibilità di comunicare molto di più la mia musica, di essere seguito maggiormente, e quindi di fare molti più concerti, vendere più dischi e di avere contatti e relazioni con molte più persone. Utilizzo i social solo per motivi musicali, non per quelli personali; chiaramente, hanno aspetti negativi e positivi, quindi sta all’individuo scegliere come gestirli.
Tu insegni: quale sarebbe il consiglio che daresti ad un ragazzo che vuole intraprendere la strada della musica?
Ci sono tanti ragazzi che mi chiedono consigli, perché ormai il rap si è diffuso, sono in tanti a volerlo fare. Siccome si sta creando un vero e proprio “mare magnum” di proposte, l’unica cosa in grado di fare la differenza è essere originali, non derivativi. Ci sono tantissime persone che fanno trap, altrettante che fanno rap: chi riesce a trovare una formula propria sarà colui che riuscirà ad emergere.
Cosa pensi a proposito della musica trap?
E’ una scena molto derivativa, molto modaiola. Credo si esaurirà. È una derivazione degli Stati Uniti, quindi per vedere il futuro della trap in Italia dobbiamo seguire lo sviluppo che sta avendo là, dove si sta contaminando con molti generi, essendo un genere in sé molto riduttivo, pur avendo dei pregi: si sta contaminando con la dancehall, persino con il metal, ad esempio. Probabilmente farà la stessa cosa in Italia, seppur in forma ridotta, per poi andare a scomparire.
I tuoi testi parlano di letteratura, di filosofia, di storia. Hai mai riscontrato difficoltà nel dare spazio a questi argomenti insoliti per l’hip hop, nel trasmettere questi messaggi?
Questa scelta poteva essere un ostacolo nel far conoscere il mio rap, però dato che tutti facevano un’altra cosa e io ero l’unico a fare questo, cioè un rap strettamente narrativo, mi ha reso originale e diverso dagli altri, permettendomi di diffondere il mio rap. Molti mi chiedono “non è che a un certo punto si esaurirà questa tua ispirazione?” ma in realtà la letteratura non finisce mai (ride)! Potrebbe finire il rap prima, ma non certo la letteratura, quindi io continuerò ad attingere dalla letteratura, e il mio rap potrebbe continuare all’infinito.
Siamo rimaste stregate dalle tue copertine, sono bellissime. Com’è nata questa idea grafica, che le rende così simili a un libro?
Ho un approccio all’arte molto amatoriale, nel senso che non sono un conoscitore profondo dell’arte ma mi piace molto fruirne. Penso che questo mi aiuti, perché a volte la conoscenza più approfondita non permette di lasciarsi trasportare dai sentimenti, ad esempio quando vedi un quadro, no? Hai tutta la teoria attorno che un po’ frena i sentimenti. Invece io mi lascio trasportare dalle emozioni, quindi scelgo i quadri che mi piacciono veramente, che mi colpiscono. Chiaramente, non posso più utilizzare dei quadri famosi, sono un po’ troppo esposto, perciò li faccio fare. Ho trovato un artista torinese che apprezzo molto, si chiama Capitan Artiglio, è un fumettista e ha riprodotto le mie prime copertine dei vinili. È molto molto bravo e si occuperà anche della copertina del mio prossimo CD.
A proposito, che hai fatto in questi ultimi mesi?
Dopo le date di luglio, che sono state belle impegnative (ride), mi sono concesso un po’ di vacanza. In autunno mi sono fermato per ricaricare le pile, terminare l’album, che uscirà il 1 febbraio, e imparare bene i nuovi pezzi.
Il disco uscirà sempre con Irma?
No, con una collaborazione tra Irma e Glory Hole, che è l’etichetta di Claver.
Puoi già svelarci qualcosa?
Assolutamente no! (ride) Sicuramente è un concept album, e sarà un album di solo storytelling.
Sappiamo che hai collaborato con Dargen D’Amico e vari; con chi ti piacerebbe collaborare, se potessi scegliere?
Beh, le collaborazioni che mi piacerebbe fare, per quanto riguarda l’hip hop, le troverete nel prossimo album, quindi non le posso svelare. Al di fuori di questo genere, mi piacerebbe molto collaborare con la Mannoia, per esempio, con la Vanoni… la sparo alta, eh! (ride) Però, me l’avete chiesto, posso sognare no? Anche Capossela, ovviamente. Mi sarebbe piaciuta tanto una collaborazione con Guccini, che ho avuto la fortuna di conoscere a Modena, dove abbiamo fatto un dibattito aperto in un teatro, però purtroppo non canta più.
Futura, ultimissima domanda: consigliaci un pezzo da mandare nel nostro programma radio
Sicuramente dell’ultimo album “Mara e il Maestrale”; i miei pezzi preferiti, tra quelli composti da me, sono quelli dove c’è un racconto di formazione, che parte dall’inizio e arriva fino alla fine, quindi non solo suggestione. A me piace proprio raccontare, e i racconti hanno un inizio, uno sviluppo e una fine.
Non ci resta allora che aspettare la prossima edizione di Eco Sound Fest ma ancor prima, il nuovo album di Murubutu!
Di Anna Signorelli x Futura 1993
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