“Notte”: il documentario musicale sulla terra sarda diretto da Bluem
Il teletrasporto non esiste ancora, ma se ascolti Bluem, ti sembra di essere catapultato immediatamente in terra sarda, quella più autentica.
La prima volta che ho premuto play su uno dei singoli che avrebbero anticipato “NOTTE”, ero meravigliata perché mi sembrava di assistere alla proiezione di un film. L’aspetto fotografico è preponderante: i tamburini alla Sartiglia, tipici del carnevale di Oristano, Issohadores e Mamuthones (costumi tradizionali), asini e gatti, e immagini di donne con mazzi di mirto.
Ascolto tanta musica dei più svariati generi, ma Bluem è una cosa a parte, indefinita, o meglio, molto delineata. Ora ho capito perché la definiscono come “l’artista da tenere d’occhio”: è un documentario musicale.
Un progetto innovativo, mistico e onirico ma che allo stesso tempo si pone come manifesto di attaccamento alle radici.
Lei si chiama Chiara Floris, è classe ’95 e autrice di “NOTTE”, il suo primo Ep in italiano, uscito il 28 maggio per Peermusic Italy e che racchiude brani intitolati con i giorni della settimana.
I suoni sono protagonisti di un verosimile dipinto di scorci sardi e la cosa più impensabile è che questa “ancestralità” e descrizione dettagliata delle radici sarde venga prodotta da una ragazza oristanese ormai fissa nella metropoli di Londra. Il sound unico capeggiato dai cori, rimanda alle sua ossessione per le colonne sonore thriller. Il parlato prende spesso la scena alla musica e ripercorre le radici, traumi vissuti, con la consapevolezza di voltare pagina andando verso nuovi destini. Le voci fuoricampo in inglese distolgono, infatti, momentaneamente dalla ruralità e riportano alle realtà delle metropoli.
Leggi il mio destino, sì, fra queste carte / don’t you trust, don’t you trust him
Vi siete fatti un’idea o vi ho destato diverse curiosità? Noi abbiamo voluto conoscerla un po’ meglio facendoci due chiacchiere.
Ehi Chiara! Come stai? Dove ti trovi?
Sto molto bene, grazie. Mi trovo a Londra.
Come hai passato le prime ore della notte di “NOTTE” e quali sono stati i primi commenti sul disco che ti hanno colpito?
Ho festeggiato con amici e colleghi e poi sono tornata subito a lavoro. Non ho mai avuto così poco tempo libero come da quando ha iniziato a uscire questo progetto. È tutto positivo però. Mi hanno colpita molto alcune persone che hanno nominato influenze sottili di cui io non avevo mai parlato pubblicamente, ma che effettivamente avevano ispirato in qualche modo il lavoro (tipo le CocoRosie). Ma in realtà mi ha colpita anche solo l’interesse che ha riscontrato in generale, considerando i mezzi con cui l’ho realizzato.
Hai sonorità molto particolari e che si distinguono tanto da quello che c’è ora nella scena musicale. Chi ti ha ispirata e che obiettivo/idea avevi con la creazione di questo progetto?
Sono stata ispirata da tantissimi artisti (Bon Iver, Frank Ocean, Blood Orange, Kali Uchis, ecc.), principalmente della scena internazionale. Mi sono riavvicinata alla scena italiana da quando ho iniziato a farne parte e ho scoperto molti progetti interessanti, però quando ho scritto NOTTE i miei ascolti erano principalmente altrove. Penso che questo possa aver contribuito a distinguerlo dal resto. Io però non avevo nessun obiettivo se non quello di fare un lavoro che fosse fedele a come sono e canalizzare ciò che avevo vissuto negli anni passati.
L’album è un quadro naturalistico e ancestrale; sembra una pittura con realizzazione di scene di vita quotidiana della tua terra. La natura e la quotidianità sono infatti molto presenti. In quale scorcio, per tanto, pensi che si potrebbe avere la massima realizzazione dell’esecuzione del disco?
Mi vengono in mente le dune di Piscinas. Avrebbero un valore simbolico e sono anche un luogo a cui sono legatissima fin da bambina.
Da cosa deriva la scelta dei giorni della settimana come titoli delle canzoni?
Ho scritto il disco e impostato la produzione in una settimana da sola in camera mia. Era tutto il tempo che avevo di ferie da lavoro e ho deciso di dare vita a un brano al giorno. I titoli dovevano essere provvisori ma alla fine ho pensato fosse giusto rimanere coerente con la maniera in cui avevo scritto i brani. Alla fine di quella settimana non avrei saputo chiamarli in nessun altro modo.
Nel disco, ma soprattutto nella canzone “Venerdì”, c’è un’onnipresenza di contrasto tra città e campagna, tra internazionalizzazione e scena rurale che propende in un altalenarsi tra voglia di scoprire il mondo e il voler rimanere attaccati alle proprie origini e ai propri punti stabili. Che idea hai in merito a tutto ciò? Qual è il tuo punto di vista su questo contrasto che è un po’ al centro della vita di noi giovani?
Penso sia un contrasto fortunato. Avere la possibilità di viaggiare ed esplorare è un’enorme ricchezza, così come lo è sapere di avere sempre un posto in cui tornare. Se sfruttata nella maniera giusta, è un’opportunità che ci rende liberi e al contempo ci fa riflettere e apprezzare ancora di più il luogo che ci ha dato origine. Potrebbe renderci un po’ nomadi, ma io non la vedo assolutamente come una cosa negativa
È il tuo primo album in italiano uscito in un momento particolare, ma ora che siamo più liberi, potrai fare una promozione più ampia. Farai date in estate?
Ci proverò. Purtroppo vivere a Londra non aiuta.
Ultima domanda: la simbologia che si cela dietro la copertina dell’album e la title track
La copertina, in realtà, è l’unico scatto che non fa parte del lavoro visivo che ho curato per “NOTTE”.
È una foto che Simone D’Avenia (il ragazzo che ha finalizzato la produzione del disco insieme a me) aveva trovato tra le sue cose e aveva deciso di utilizzarla come salvaschermo del computer. Abbiamo chiuso il disco in circa dieci giorni a casa sua durante il primissimo lockdown. Era un momento particolare che mi ha portata ad essere in uno stato mentale altrettanto particolare, vedevo quella foto ogni giorno e per me in qualche modo rappresentava il posto in cui ero mentalmente. E’ curioso che sembri essere anche molto coerente con il resto del lavoro visivo che ho fatto sul progetto.
Il titolo del disco, invece, deriva dal fatto che io scrivo il cuore delle canzoni di notte, solitamente.
Claudia Verini
Sinologa e Musicista. Made in Umbria, ma vivo altrove. Lavoro nella moda, ma solo con la radio in sottofondo. Devo avere ogni giorno qualcosa da raccontare, tant'è che mi piace viaggiare fisicamente e mentalmente. La Sinestesia è la mia figura retorica preferita.