Trattare di salute mentale è sempre più necessario in una realtà in cui l’esibizionismo e la buona riuscita sono l’unica faccia della medaglia che viene mostrata in modo trionfante. In musica, tra l’altro, se ne è parlato sempre poco, ma quel poco, è stato fatto ogni volta in maniera impeccabile, poetica, se si pensa a capolavori (incorniciati) del cantautorato italiano come La Cura di Franco Battiato o anche la più recente En e Xanax di Samuele Bersani.
Se guardiamo anche alla sfera più indipendente, di depressione e debolezze ne ha parlato con il cuore in mano Marco Zitelli, in musica Wrongonyou, nel suo ultimo lavoro “Radici“, pubblicato il 6 ottobre (distribuzione di Ada Music Italy).
Un ep introspettivo di 4 pezzi, nato da un periodo di riflessione in seguito alla sua partecipazione a Sanremo Giovani del 2021. È il suo primo ep totalmente autoprodotto e indipendente, senza etichette, prodotto in Sardegna, lontano da tutto, con l’aiuto di Francesco Coletti. Anni di carriera cantando in inglese, palchi di grandi festival europei (Primavera Sound Festival) e americani (South by Southwest) hanno dato un sound di respiro internazionale a questo disco in cui, Wrongonyou descrive senza filtri e in modo liberatorio il rapporto che ha con se stesso, tantoché da vero e sincero, diventa terapeutico.
Noi ci abbiamo chiacchierato un po’ qualche giorno fa per farci rendere ancora più partecipi di quello che è stato il suo viaggio introspettivo fino alle radici.
Ciao Marco, come stai? Come sta andando la promozione all’Ep e la preparazione alle date?
Ciao, abbastanza provato dalla paternità ma tutto bene. Sono molto contento di come viene dal vivo Radici, ha quella botta sonora ed emotivo che volevo riuscire a portare sul palco! A proposito, il 18 Gennaio sarò live a Roma all’Alcazar live!
“Radici“: come é nato e di cosa parla? Da che esigenze nascono le canzoni?
È uno sfogo personale, parlo di come mi sento, dei mostri che combatto tutti i giorni e che spesso non mostro. Parla anche di come un essere umano fuori dal “personaggio” del cantante vive la musica e il mercato musicale. È un EP vero, sincero, con veramente pochi filtri. Nasce da un esigenza personale ma che poi a dire degli ascoltatori rispecchia molte delle persone che lo stanno ascoltando.
Chi è il diavolo di cui parli nel primo pezzo?
La DEPRESSIONE. Sempre pronta ad entrare in gioco e a buttarmi giù, stando con la guardia bassa succede spesso purtroppo.
Alcune delle tue canzoni trattano, infatti, di salute mentale, attacchi d’ansia e “body positivity”. Secondo te, perché non se ne parla abbastanza in musica?
Non se ne parla abbastanza perché la società in cui viviamo tende a voler mostrare solo la riuscita di qualcosa e non un fallimento, tende a mostrare corpi perfetti e quanto è bello il mondo e non tutta la merda che c’è dietro.
Le debolezze, questa società, ti porta a nasconderle e tenere chiuse in un cassetto per evitare che la massa si svegli. Sarebbe bello se ci fosse più onestà e verità nelle canzoni oltre a la spensieratezza.
Da un esordio e anni di musica cantata in inglese, come sei arrivato a pensare a Sanremo, patria della musica italiana?
Penso che in inglese avevo raggiunto tutto quello che volevo e che potevo raggiungere, da festival europei a stare nelle playlist a livello globale. Ho voluto provare in italiano e in un anno e mezzo ci siamo portati a casa svariati riconoscimenti. Ma non dico mai addio all’inglese, ci sono sempre possibilità.
Da Sanremo a “Radici” poi cosa ti è successo?
Ho respirato un po’ dopo alcune avventure che mi hanno deluso umanamente e lavorativamente.
So che ti è nato da poco uno splendido bambino. Pensi che questo influirà sullo stile e i contenuti delle tue canzoni?
Ci penso spesso a questa cosa, vorrei solo che mio figlio fosse fiero di quello che faccio. Sperando di fare ancora questo lavoro quando lui sarà più grande.
Spoilerino sui prossimi progetti? Hai in mente qualche collaborazione e di tornare a cantare in inglese?
C’è un piccolo spiraglio per l’inglese, forse, uno comunque è anche recente vista la mia collaborazione nel disco di Silvestri dove canto in inglese. Su future collaborazioni ci sto lavorando.
Le tue musiche le abbiamo trovate anche nella serie Baby targata Netflix e ne Il Premio di Alessandro Gassmann. Ti piacerebbe musicare ancora per i film?
È difficilissimo entrare in quel giro, ma mi piacerebbe tantissimo. Vorrei farlo veramente spesso e cerco sempre di propormi.
Come mai la scelta di far uscire un album autoprodotto e indipendente?
Perché non sempre i progetti vengono capiti dalle industrie discografiche, ma visto che avevo una necessità quasi fisiologica di far uscire queste canzoni ho deciso di intraprendere questo percorso da indipendente.
Ora dove ti vedi/collochi esattamente nel panorama musicale con Radici?
Forse in qualcosa che non esiste, sarebbe un disco a tutti gli effetti INDIE/ALTERNATIVE ma non penso che al giorno d’oggi possa essere collocato facilmente. Ho fatto un disco che mi piace molto, spero venga compreso.
Claudia Verini
Sinologa e Musicista. Made in Umbria, ma vivo altrove. Lavoro nella moda, ma solo con la radio in sottofondo. Devo avere ogni giorno qualcosa da raccontare, tant'è che mi piace viaggiare fisicamente e mentalmente. La Sinestesia è la mia figura retorica preferita.