“Realismo magico in Adriatico” è il nuovo e fluttuante viaggio di Colombre
Nel 1961, Dino Buzzati pubblicò sul Corriere della Sera “Il colombre”, racconto nel quale un misterioso animale marino che porta questo nome perseguita fino alla morte le proprie vittime, scegliendole fra i marinai. Ecco che parallelamente, fra tutti gli pseudonimi possibili, Giovanni Imparato scelse, ormai qualche anno fa, proprio Colombre, rifacendosi a questa storia piena zeppa di magia, chiaroscuri, leggerezza e profondità: elementi ben presenti anche nel suo nuovo album, Realismo magico in Adriatico, uscito oggi, venerdì 31 marzo.
E se il racconto di Buzzati incarnava nel colombre tutte le nostre paure, la nostra ansia di futuro e i timori da essa generati, che preferiamo non affrontare per analogo timore di disgrazie rovinose, il disco di Colombre parte proprio da queste paure, dal realismo di un mondo che spesso rifugge la magia del cambiamento, per indagare quanto invece di magico e promettente possa celarsi fra le pieghe delle realtà, così come fra le onde di un mare, l’Adriatico, considerato dai più innocuo ma in verità pullulante di insidie. A raccontarcelo – fra Shakespeare, Einstein, il calcio e I Camillas – è Colombre stesso, in questa intervista.
Per scoprire una certa magia occorre partire dal suo contrario. “Midollo”, la prima traccia del tuo nuovo lavoro, sembra a tutti gli effetti un autentico bagno di realismo.
Sì: “non puoi avere tutto sotto controllo, non sei il pilota di questo decollo e sei fottuto fino al midollo” significa proprio questo. Ad un certo punto però il protagonista della canzone sente il bisogno di andarsene da una realtà così vincolante, di legarsi piuttosto ad un sogno e di seguire una magia che lo porti lontano dalla situazione spinosa che sta vivendo. Si tratta di una soglia da superare, un passo in avanti da compiere, per poter davvero entrare in una dimensione più viva e magica. Immagino uno scoglio, il rumore del mare, la liberazione da ogni pesantezza.
La foto in copertina al tuo disco, praticamente.
Esatto, ed è il frutto di questa dicotomia iniziale: il reale di una situazione complicata e l’invocazione ad un qualcosa che ti porti lontano.
Lontano mica tanto: la costa adriatica resta lo sfondo imprescindibile di tutti i brani.
In effetti sì: nella magia dell’andare c’è sempre il ritorno. E con la costa adriatica, con il mare Adriatico, ho voluto connotare geograficamente l’intero lavoro. Un mare basso, sabbioso, apparentemente tranquillo. Invece pensa che anche Shakespeare, ne La bisbetica domata, lo descrive come il mare più pericoloso del mondo. Ha un che di magico, l’Adriatico: le correnti si incontrano sempre in una maniera strana, facendo scaturire tempeste devastanti all’improvviso. Impazzisce senza preavviso, psichedelico ed inquieto.
Il mare Adriatico è anche sogno: una dimensione onirica che si muove al ritmo sempre uguale ma ogni volta diverso delle sue onde.
Un mare che c’è anche dove non te l’aspetti: prendi Più di prima, brano in cui il ricordo di una figura cara ci porta a galleggiare nella memoria, raccogliendo frammenti che si configurano come sogni di un qualcosa che non c’è più. In Naturale c’è invece il desiderio di voler realizzare i propri sogni, stavolta non più ricordi che rimandano al passato ma desideri futuribili, senza però farsi influenzare dagli altri nelle proprie scelte.
Mi sono qui liberamente ispirato alla storia del piccolo Messi, comparsa qualche tempo fa sui giornali. Questo giovanissimo giocatore italo belga (Pietro Tomaselli, ndr) che a 9 anni veniva già descritto come la nuova stella del calcio, mentre lui voleva solamente divertirsi. Stava sognando il sogno di qualcun altro, una dinamica davvero poco piacevole e che spesso crea sensi di colpa, illusioni. Per Pietro, la cosa più importante restava il gioco. E la sua magia.
Hai citato “Più di prima”, uno dei due featuring presenti nell’album. Com’è nata la collaborazione con Franco126? Sembrate provenire da due universi lontanissimi.
Penso sia nata primariamente dalla stima che ho per lui. Ci siamo conosciuti nel 2017, anno in cui tra festival ed altri eventi abbiamo avuto modo di suonare un sacco di volte assieme, era il periodo in cui lui accompagnava spesso Carl Brave. Mi sono poi recentemente trovato con questa canzone fra le mani, Più di prima, e il desiderio di includervi qualcosa che fosse all’opposto del mio mondo musicale: una parte più rap.
Ho pensato subito a Franchino e l’ho voluto incontrare di persona, perché cucire dei brani a distanza non mi convince mai. In realtà non sono nemmeno un gran frequentatore dei featuring, ne ho fatti veramente pochi nella mia carriera, e quando li faccio significa che ho davvero il desiderio di creare un legame autentico con quella persona.
Oppure di esprimere in musica un legame che esiste ormai da tempo, come con Maria Antonietta (al secolo Letizia Cesarini e compagna di Giovanni, ndr).
Proprio così. Volevamo trovare con Letizia il brano più adatto per mettere in musica il nostro amore. In questo senso, credo sia importante aspettare il momento giusto e non avere fretta. Siamo cresciuti musicalmente insieme, ci amplifichiamo l’uno con l’altra, e questa canzone è quella che parla al meglio di noi. Io e te certamente, scritta da Letizia, riflette inoltre sull’importanza dello spazio individuale anche all’interno di una dinamica di coppia: “ho i miei motivi e me li tengo per me” fa il paio con “hai i tuoi segreti e non ne parli con me” di Qualche specie d’amore.
Un brano particolare “Qualche specie d’amore”: molto orchestrale e con tanta natura nel testo.
In questo caso, ho voluto affidare quasi completamente l’arrangiamento a Fausto e Saverio Cigarini. Una cosa che ho imparato negli anni – anche producendo per altri, come nel caso di Chiello – è proprio quanto sia prezioso affidarsi, lasciar andare e lasciarsi stupire, mettendo insieme mondi diversissimi. Il contatto fra realtà differenti ti permette di percepire il mondo nella sua mobilità, in maniera libera e coinvolgente. Proprio come accaduto con Franco126.
La penna di Franco126 ti ha anche aiutato per un altro brano, “Allucinazioni”.
In quella canzone parlo di Mirko Bertuccioli, fondatore de I Camillas recentemente scomparso, che aleggia ora nello spazio o sotto il divano: comunque mai dimenticato. Confrontandomi con Franco, in maniera molto naturale, è venuta fuori la seconda strofa di quella canzone.
“In una folla sfuggente, soltanto un istante in mezzo al via vai”. La dimensione del tempo, in questo pezzo ma anche in altri brani del disco, sembra essere centrale. Che rapporto c’è fra la tua musica ed il tempo?
Bella domanda. Sicuramente, per quanto sia tangibile, il tempo è sempre anche un tempo interiore. Einstein diceva che il tempo rallenta se tu vai veloce. Ed è vero: se fai un sacco di cose che ti tengono in vita, sei curioso, incontri persone, paradossalmente il tempo rallenta, te lo gusti di più. Nell’economia del disco, mi piace pensarlo come il viaggio di una giornata intera, lungo la costa adriatica.
Un viaggio che fisicamente farai.
Con i ragazzi di Bomba Dischi abbiamo pensato ad una quattro giorni di vero e proprio road trip. Si parte il 31 marzo, giorno della release, dal Conero fino ad arrivare a Trieste, passando per la riviera e il Delta del Po. Una cosa molto improvvisata, a riprendere il movimento delle onde del mare, e puntellata di incontri con personaggi che racconteranno le proprie storie come io racconterò e canterò i nuovi brani, che si andranno a depositare sulla sabbia della costa: o almeno mi piace pensarla così.
Abbiamo fissato un appuntamento a Rimini con un bagnino operativo in riviera negli anni Sessanta: chissà quante cose saprà raccontarci! E magari potremo finire nel porto di Chioggia, a farci narrare storie assurde dai pescatori. In ogni caso, tutto sarà filmato, con i ragazzi di Thru Collected che seguiranno passo dopo passo questo magico esperimento.
Il disco si chiude con un brano che è colonna sonora della serie Netflix con Pilar Fogliari, “Odio il Natale”.
Ho composto Niente è come sembra proprio per quel progetto, nella cui trama è ben presente la dinamica di un amore che è sotto gli occhi dei due protagonisti, anche se ne nessuno dei due sembra accorgersene fino in fondo: lui ha il timore di non essere corrisposto e lei è talmente incasinata da intuirne magari le intenzioni ma senza comprenderle per davvero. Anche in questo caso, come dicevo per Midollo, c’è bisogno di quel passo in più, capace di far entrare la magia nelle nostre vite. Paradossalmente anche quando non la vogliamo. Bisogna essere ricettivi per vivere bene.
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Monica Malfatti
Beatlemaniac di nascita e deandreiana d'adozione, osservo le cose e amo le parole: scritte, dette, cantate. Laureata in Filosofia e linguaggi della modernità a Trento, ho spaziato nell'incredibile mondo del lavoro precario per alcuni anni: da commessa di libreria a maestra elementare, passando per il magico impiego di segretaria presso un'agenzia di voli in parapendio (sport che ho pure praticato, fino alla rottura del crociato). Ora scrivo a tempo pieno, ma anche a tempo perso.