Scoprire la chiave che ci faccia ripensare a tutto il bello che c’è, con I Segreti
A tre anni di distanza da Qualcosa da risolvere, l’avvento della primavera ha portato con sé il terzo album in studio de I Segreti, Bellissimo. Dopo uno iato, necessario per comporre le tracce nuove, la band torna con un lavoro rassicurante, ma per molti versi innovativo. Bellissimo racconta di cambiamenti, di ricerche di equilibrio, e continua a scavare nelle sfumature dell’umano, cifra distintiva della band emiliana. Le chitarre elettriche sono ben più presenti del passato, affianco ai synth e all’elettronica che rimangono il nucleo delle canzoni. Il disco è stato rilasciato in una maniera inusuale, come se fosse un vinile. Un lato A, le prima cinque tracce, e un lato B, le altre cinque, pubblicate la settimana successiva. Ce lo siamo fatti raccontare da loro.
“Bellissimo” è un album concepito come un vinile, con un lato A e un lato B, pubblicati a una settimana di distanza: un invito a soffermarsi con più calma sui pezzi, senza la frenesia di dover ascoltare tutto subito?
Sì, abbiamo realizzato quest’idea proprio per questo, era il modo migliore per riuscire a metabolizzare le canzoni che abbiamo scritto in questi due anni. Volevamo cercare di farle depositare al meglio, e quindi le abbiamo divise in due.
Come siete arrivati alla divisione nei due lati, dal punto di vista dei brani? Il lato A deve creare un po’ di hype per il lato B, ma non deve svelare tutto, e ci deve essere anche una coesione nei due lati, immagino…
Esatto, è più o meno come dici tu. Serve un equilibrio tra le canzoni. In questo album, ci sono molte canzoni di apertura e di chiusura. Ad esempio, c’è La chiave, pezzo piano e voce, che era perfetto per concludere una parte. Poi c’è Salvami la vita, che ricomincia più potente, e poteva starci bene come apertura. Abbiamo fatto questo ragionamento perché c’era la possibilità di farlo. C’erano tanti colori diversi nelle canzoni, e proprio per questo non è stato nemmeno tanto complicato, alla fine, metterlo in pratica.
Il sound dell’album è sicuramente variegato. Ci sono accenni al britpop, synth anni ’80, c’è l’elettronica, c’è una produzione indie pop: è un compromesso tra i gusti di voi tre, o siete giunti insieme a questo risultato?
Sono entrambe le cose! Abbiamo trovato un equilibrio tra noi sicuramente, e in più c’è il lavoro svolto con Matteo Cantaluppi per la parte dell’arrangiamento. Non lo abbiamo scelto a tavolino. Mentre registravamo e producevamo i pezzi, abbiamo trovato la chiave per renderli più omogenei. È un disco con più chitarre rispetto a prima. Nella nostra formazione non ci sono le chitarre, ci appoggiamo ad altri musicisti durante i live. Per fortuna Emanuele, il bassista, le suona, e nel disco le ha suonate lui. La cosa che è cambiata di più rispetto ai lavori precedenti è proprio questa. In Qualcosa da risolvere ci sono praticamente zero chitarre elettriche. Qua abbiamo sentito la necessità di cambiare, per evitare di proporre sempre lo stesso arrangiamento.
E questa scelta di mettere più chitarre è partita da voi, o è nata da Matteo Cantaluppi mentre produceva il disco?
È partita da noi. Per questo disco, abbiamo avuto molti riferimenti di gruppi britpop o americani, come i Killers, i Coldplay, i Keane – gruppi molto “band”. Noi siamo un gruppo da tantissimo tempo, non ci siamo inventati nulla, però abbiamo provato a far nostre queste sfumature.
E con Matteo Cantaluppi, com’è andata? Mi sembra di capire che già voi avevate le idee molto chiare sui brani – che cosa vi ha lasciato lui?
Lui ci ha reso le idee ancora più chiare. Noi ne avevamo, sì, ma un po’ nebbiose. Lui ci ha instradati, ci ha aiutato a selezionare il tipo di mondo da portare. È stato un lavoro lungo, ci abbiamo messo due anni! A me sarebbe piaciuto anche farlo in un anno, ma non ci sarebbe stato il disco. Non tanto a livello di numero delle canzoni, ma a livello delle canzoni in sé – non c’era abbastanza vissuto. E quindi un po’ a malincuore, con tanta pazienza, abbiamo dovuto aspettare di vivere di più. L’ultima canzone che abbiamo composto è stata La chiave, una delle canzoni più importanti, una delle canzoni che racconta di più. Sono stati due anni di costruzione, poi Matteo è anche molto impegnato!
Abbiamo già parlato un paio di volte del brano manifesto del disco, “La chiave”: scoprire la chiave che mi faccia ripensare a tutto il bello che c’è, cantate. E qual è, questa chiave?
La chiave è quella da trovare! La canzone parla proprio di quello. Prima di generare qualsiasi cosa, bisogna capire qual è la chiave per viverla bene, bisogna trovare il baricentro giusto. La canzone parla proprio di questo, di trovare il nucleo per affrontare il resto.
Il brano di apertura del lato A di “Bellissimo” è Vienimi a salvare. Una richiesta, ma anche un’ode a vivere in bilico.
Sì, è la descrizione di tanti momenti della vita. Nel testo ci sono tanti rimandi alla natura, al mondo intorno a noi. Nel ritornello poi c’è questo elenco di quello che si vive. È stata una canzone molto d’istinto, molto vomitata, c’è stato poco spazio per pensarla e capire il testo. Mi accade spesso, quando scrivo i pezzi. Ci sono tanti aspetti dei testi che sono scritti di getto, ed è sempre più complicato arrivare in fondo.
Ora che mi racconti di canzoni del disco scritte di getto, mi viene in mente Animali, per l’urgenza che fa trasparire.
Giusto! È stata una canzone scritta velocemente, che porta un colore diverso nel disco. A me è sempre piaciuta. Non capivo se ci stesse bene con le altre, non è proprio la scrittura più introspettiva tipica de I Segreti, non è Sarà un momento così, per capirci. Alla fine, però, abbiamo capito che aveva il suo spazio, e abbiamo deciso di portarla nel disco.
Nel lato B c’è un brano, Cose piccole. Di solito, si parla di cose piccole in relazione al piacere della semplicità e della quotidianità. Voi invece raccontate quelle cose piccole a cui magari non presti abbastanza attenzione, che alla fine esplodono e rovinano tutto. Come ci siete arrivati?
Come dici tu, è un racconto di dettagli delle dinamiche di coppia – i dettagli che fanno la differenza. Spesso si parla di progetti, ma i dettagli che ci contraddistinguono sono quelli a cui bisogna prestare attenzione. Cose piccole pronte a esplodere – i dettagli che non si vedono, e che invece è bello saper apprezzare, che fanno parte del carattere delle persone, possono dire tanto delle persone e della relazione, possono essere quasi dei campanelli di allarme.
La data zero del tour è stata a Parma, la vostra città natale. Della scena musicale di Parma, si parla molto poco, quasi mai. Sentite una specie di responsabilità nel farvi portavoce di questa scena, o un desiderio di farla crescere?
A Parma purtroppo non c’è una scena musicale forte. Ci sono meno locali, c’è meno giro rispetto ad altre città. Noi siamo orgogliosi di essere emiliani, e di venire da Parma, ma purtroppo, essendo una città anche piccolina, c’è un giro musicale poco visibile. A noi fa piacere portare le nostre origini in questo tour, certo, ci piace molto.
Il giorno della data zero è stato il giorno di uscita del lato B di “Bellissimo”. Partire in tour così a ridosso della release è una scelta coraggiosa, perché il pubblico non ha metabolizzato ancora i pezzi, e anche voi ancora non sapete quali sono i brani nuovi a cui il pubblico reagisce meglio. C’è qualche nuova canzone che è stata apprezzata dagli spettatori, qualche brano che già cantavano?
Del lato B, che era uscito circa 20 ore prima, ancora no, ma del lato A sì. La chiave è stato uno dei pezzi che sentivo che il pubblico già cantava, ed è stata una soddisfazione enorme. E poi Vienimi a salvare e Adiós, che però erano uscite come singoli.
Ti volevo chiedere se c’è un nuovo brano a cui sperate che il pubblico si affezioni particolarmente, ma penso che la risposta sarebbe “La chiave”, giusto?
Sì, quella e Cose piccole. Tutti noi teniamo a tutte le canzoni, ma queste due e Metti una sera a cena sono le tre a cui sono più affezionato. Metti una sera a cena, tra l’altro, non l’abbiamo suonata a Parma, la metteremo in scaletta più avanti.
I Segreti suonano insieme da molto tempo. Cos’è che continua a darvi la voglia di fare dischi, di suonare, di restare insieme?
Sicuramente ci vogliamo bene. I Segreti è un progetto che va avanti da molto tempo, ed è molto bello mantenerlo. Per quanto riguarda la scrittura delle canzoni, devono sempre nascere da un’esigenza, da una volontà di espressione. Se dovessimo iniziare a fare le canzoni a tavolino, sarebbe un bel problema, non avremmo la stessa verità e questo si avverte. Penso che ascoltiamo sempre le canzoni in cui avvertiamo verità da parte chi la fa. È tutto molto soggettivo, ognuno può trovare la verità in modi diversi, ma è giusto che chi fa musica porti la propria.
C’è qualche pezzo che è rimasto fuori da Bellissimo e che sentiremo a breve? Come sarà il futuro prossimo de I Segreti?
Abbiamo registrato almeno il doppio delle canzoni, ma al momento non so che cosa ne faremo. Sicuramente, la scrittura del nuovo disco non è assolutamente in cantiere. È stato un super lavoro, che ci ha spompati in senso positivo. Devi essere pronto a creare il nuovo disco! In La chiave diciamo “non è tempo di suonare”, ma ora è il tempo di suonare, è arrivato quel momento!
Filippo Colombo
Predico bene razzolando insomma, mi piace mangiare la pizza a colazione, odio i concerti dove si sta seduti.