Una passeggiata a Torino con Supernino: un supereroe con pochi poteri
Un supereroe con pochi poteri. È così che si descrive Supernino, per i genitori Davide. Lo scorso 16 aprile è uscito il suo debut album dal titolo Supercinema. Non immaginatevi l’ennesimo supereroe pompato stile Avengers, ma un ragazzo un po’ impacciato, un po’ nerd che ama il vintage, soprattutto quello degli anni Ottanta.
Se provate a sbirciare il suo profilo Instagram, la sua estetica potrebbe ricordarvi un’insegna al neon, di solito quelle viola che sembrano delle Big Babol. Torinese doc dai modi di fare poco convenzionali, è riuscito a descrivere il suo album con delle polaroid scattate da Simone Pezzolati. Ognuno ha un posto del cuore, quel posto che collega testa e cuore in cui ci viene difficile non pensare. Il super posto di Supernino è quello che ha dato il titolo all’album: il Supercinema di Venaria Reale. Un posto speciale dove l’odore dei pop corn ti entra dentro e non esce più.
Supercinema oltre ad essere un collegamento alla sua indole, è un multisala che contiene al suo interno nove tracce con due featuring d’eccezione: Willie Peyote e Auroro Borealo. È decisamente una novità trovare all’interno di un album due artisti tanto diversi. Devo dire che Supernino mi ha incuriosita da subito e così, qualche giorno fa, l’ho intervistato per voi.
Ciao! Come posso chiamarti? Nino? Supernino o Davide?
Ahah, chiamami pure Nino, ormai anche i miei colleghi in ufficio mi chiamano così. A chiamarmi Davide sono rimasti solo i miei genitori.
La tua bio dice che la tua passione per scrittura è iniziata in tenera età. A quanto pare scrivevi filastrocche per infastidire tuo fratello gemello (ti doveva dare proprio fastidio). È stato quello il momento che ti ha fatto capire che la musica sarebbe stata la tua strada?
In realtà credo di aver dato più fastidio io a lui che lui a me ahah! Lo facevo solo perché la cosa mi divertiva e lui se la prendeva. A parte questo, penso di aver capito che la musica sarebbe stata la mia strada sempre insieme a mio fratello: ad un certo punto, un po’ vittime inconsapevoli di film come School of Rock, abbiamo deciso di iniziare a suonare e la cosa ci veniva anche bene. Da lì è nata poi la voglia di formare una band con me al piano e mio fratello alla chitarra, l’obiettivo era quello di sfondare e vivere di musica ruock!
La tua estetica e la tua musica mi ricordano i videogames degli anni Ottanta. Ammettilo che sei un po’ nerd.
È così, ho il feticcio per il vintage e per l’estetica di quegli anni. Uno dei miei passatempi preferiti è andare a visitare i mercatini dell’usato in cerca di strumenti antichi o pezzi di mobili di dubbio gusto. Non sono sicuro al 100% di essere un nerd ma sicuramente mi avvicino alla definizione classica ahah! Mi piacciono molto i videogiochi e la tecnologia in generale, non per nulla lavoro nel settore dell’intelligenza artificiale.
Bene, cazzate a parte. Parliamo di musica. Nei tuoi brani parli di un amore tragicomico. Nella canzone “Buco” dici: “e nasce un mondo quando apri le gambe, un universo se togli le mutande. Mi sento perso se sto più di un istante a guardare tremante, quella mina vagante”. Perché mina vagante?
Nei miei brani racconto dell’amore e delle relazioni come un qualcosa di assurdo e paradossale. L’amore credo che sia uno dei sentimenti che ti porta più di ogni altra cosa a lasciar da parte la ragione in favore dell’istinto e del bene altrui. In Buco la donna è talmente complessa da descrivere che diventa essa stessa il sistema solare e le sue parti anatomiche i corpi celesti di questo sistema. Il testo è molto esplicito e a primo ascolto quasi volgare, io però ci vedo tanta tenerezza e soprattutto sincerità: la persona che “guarda” è quasi pietrificata di fronte alla donna, trema e invece di lanciarsi e approfittare dell’occasione che ha di fronte prova paura, per questo definisce ciò che vede “mina vagante”.
Sei di Torino. Torino come città ha sempre sfornato artisti fighi, tra gli ultimi Willie Peyote con il quale hai collaborato nel brano “Sto”. Senti che potresti essere classificato anche tu tra gli artisti fighi della scena torinese?
Ahah! Se ti rispondessi con il mio lato Super ti direi “ovvio brother!” se ti rispondessi con il mio lato Nino ti direi “ma magari…”. Torino ha degli artisti fighissimi comunque, confermo che è tutto vero. Poi quanto ci sta bene l’accento torinese sui beat, avete notato alla fine di “Sto” Willie che dice “Ciao neh”? Che cosa sexy ragazzi.
Restando sempre su Torino. Ho visto che hai scattato delle polaroid in posti poco convenzionali. Ecco, io Torino l’ho vista da turista. Se dovessi descrivere la città con tre canzoni (anche non tue), quali useresti?
Lo faccio citando tre artisti torinesi. La canzone più rappresentativa di Torino per me resta “Torino state of mind” di Ensi, c’è praticamente tutto quello che devi sapere su Torino. Poi potrei citarti “1312″ di Willie Peyote, che racconta la Torino antifascista e Torinista: non seguo il calcio ma penso che se sei Torinese DOC allora non puoi essere Juventino, è oggettivo. E infine “Il Cielo su Torino” dei Subsonica, che descrive il mood della città, sempre così plumbea.
Tutti abbiamo dei posti che ci fanno pensare e ci ispirano. Quali sono i luoghi di Torino che più hanno ispirato il tuo essere e la tua musica?
Non posso non citare il luogo che dà il nome al disco, il Supercinema di Venaria Reale. Per me è un luogo magico e pieno di ricordi, da ragazzino ci andavo spesso con gli amici, a fare casino più che a guardare film. Quell’odore di pop-corn per me è incredibile, mi riporta indietro nel tempo e mi fa dimenticare i problemi.
Il brano ansia con Auroro Borealo credo sia un perfetto riassunto dell’ultimo anno. Ammettilo, ti è venuta un po’ d’ansia quando l’hai incisa?
Per nulla in realtà, ero gasatissimo! La base risale a molto tempo fa, avevo buttato giù lo scheletro nel lontano 2018 con l’obiettivo di iniziare ad imparare ad usare Ableton. Credo sia stata la mia prima e ultima canzone composta su Ableton, per tutto il resto ho usato e uso Logic Pro. Inizialmente il vocalizzo “Aansiaa” che viene ripetuto più volte durante il brano era un semplice “Aah Aah” che poi si è trasformato nel corso del tempo. È stato Auroro con la sua strofa a dare un senso a tutto il brano, il quale in realtà era pensato inizialmente per essere un brano strumentale senza testo.
“Supercinema” parla dell’amore tragicomico in tutte le sue forme. Quanto c’è di te in questo disco?
Come ogni regista che si rispetti nelle mie pellicole le storie che racconto sono spesso tratte da storie vere, ma per motivi di trama sono state ovviamente romanzate per renderle più fruibili al pubblico. Non vi dirò cosa è vero e cosa no, mi piace lasciare le persone viaggiare con la fantasia, magari un giorno in un momento di debolezza mi lascerò scappare qualcosa ahah!
Lucrezia Costantino
Sono una scettica nata e cresciuta in Puglia, milanese d'adozione. Nella mia borsa non mancano mai gli auricolari e le chewing gum. Amo il cinema, i tramonti al mare e i dolci.