A due anni dal primo disco d’esordio tornano con un nuovo progetto musicale i Senna. Il gruppo guidato dalla voce di Carlo Senna, insegnante di lettere classe 1989 che insieme al fratello Simone e a Valerio Meloni si affida ad un’espressione provocatoria “tuttapposto” dietro alla quale si nasconde (ma neanche troppo) la voglia di lasciare alla musica e alle parole delle canzoni, il compito di dire la verità. All’ascoltatore il compito di saperla cogliere, lasciandosi trasportare da melodie sperimentali, registrate sul nastro e rigorosamente live.
Insomma, il messaggio di queste dieci tracce è: andiamo avanti, facendo tesoro di ciò che è stato, ma smettiamola di dire che va (o che andrà) tutto bene. In una parola? Tuttapposto.
Li abbiamo intervistati.
Il titolo dell’album è “tuttapposto”, un’espressione colloquiale, informale che contrasta con lo spirito del disco che è invece nostalgico e malinconico. Da cosa deriva questa scelta?
Nel momento in cui ti rendi conto delle sensazioni malinconiche, della tristezza, per superarle la forza può venirti anche dall’ironia. Quando incontri una persona, banalmente ti chiede “come va?” Tu rispondi che va tutto bene, che è tutto a posto anche se non è così. Stai nascondendo tante cose che non dici perché dietro c’è molto altro. E “tuttapposto” è un po’ l’espressione dietro alla quale si celano tutte le sensazioni di cui parliamo in questo disco.
Molte tracce sono permeate da riferimenti alla pandemia, cosa ha significato vivere l’isolamento a livello umano, relazionale e quanto ha inciso nella scrittura del disco?
Tutte le canzoni contenute nel disco sono nate negli ultimi due anni nei quali tutta la vita è cambiata. Abbiamo dovuto reimparare – Calcutta direbbe – a camminare, io cercherei un’altra espressione, forse respirare. Un ripensamento così profondo sul nostro stile di vita non poteva non influire. Il fatto di dire “tuttapposto” è un modo per capire che una volta che hai interiorizzato questi avvenimenti, devi andare avanti, pur non dimenticando, non ti puoi fermare.
L’aspetto interessante della vostra scrittura è la dimensione metaforica che assumono determinate canzoni, nella quale sentimenti e sensazioni si delineano quasi come componenti umanizzate del racconto: in “Dove pt 2”, per esempio, dici: “Dove vanno le parole che non sanno camminare, come fanno a ricordarsi la mia faccia?”, come nascono questi giochi di parole?
Io insegno lettere, sono un grande appassionato di poesia e in generale le parole mi piacciono tanto, sono uno scrittore di parole prima che di musica, anche se da piccolo ho studiato anche musica classica. Quindi da ciò deriva l’esigenza che mi spinge a fare questo tipo di ricerca, anche se, devo dire che magari rispetto ad altri sono più istintivo quando scrivo per cui tendo a non ritornare tantissimo sui testi.
Sicuramente io sono una persona abbastanza timida, ma quando scrivi le persone pensano di avere uno squarcio abbastanza luminoso della tua interiorità. Le metafore sono una protezione ma anche uno stimolo per le persone perché le si invita ad andare oltre questo primo significato. Lo stesso titolo “tuttapposto” è metaforico e ironico. Anche la scrittura delle canzoni ha più livelli di lettura.
Quanto c’è di autobiografico nelle cose che racconti?
Le canzoni partono da cose che hai vissuto o hai visto accadere intorno a te; sia alle persone che ami che da perfetti sconosciuti che ti ispirano facendo partire un film nella testa che in questo caso prende forma nelle canzoni. Essendo timido osservo tanto e cerco di carpire le immagini per trasformandole in qualcosa di comunicativo.
Le cose spesso non vanno necessariamente raccontate a livello personale e le canzoni funzionano bene come una sorta di cassa di risonanza
In cosa vi sentite diversi rispetto agli esordi?
Siamo diversi perché abbiamo più voglia di sperimentare, metterci in gioco. Anche perché questi due anni hanno un po’ costretto tutti quanti a trattenersi. Adesso abbiamo voglia di fare, assaporare, toccare e si sente anche in quest’album dove ci sono più strumenti e situazioni sonore. Mentre il primo disco era più intimista anche a livello melodico, questa fame di assaggiare si riflette anche a livello musicale.
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Come mai la scelta di registrale in analogico e come vi state preparando ai live?
Noi quando registriamo in analogico suoniamo già praticamente insieme la maggior parte delle cose. Quindi già nel momento in cui registriamo le canzoni nascono come musiche d’insieme. L’analogico è una componente per noi naturale perché lo abbiamo sempre utilizzato; quindi, anche le uscite discografiche sono una cosa coerente con la nostra storia che si porta dietro questo marchio di fabbrica.
Si tratta di un modo di registrare casalingo che si è riscoperto negli ultimi due anni perché le persone hanno riscoperto il fatto di dover lavorare separatamente e in spazi più piccoli. Quindi già questo per noi era importante. Diversamente dalla maggior parte delle persone che lavora da diverse parti del mondo, noi dobbiamo essere necessariamente nella stessa stanza e ciò ha comportato anche un rallentamento in fase di registrazione, per via della pandemia però dall’altro lato le canzoni sono già interiorizzate per cui siamo già pronti per quando andremo live questa estate e non vediamo l’ora perché poi il live è la dimensione che permette alle canzoni di prendere vita
Avete dei riferimenti a livello musicale? Chi sono i vostri miti?
A livello contemporaneo un’artista che ci piace molto si chiama Cindy Bridgers che andremo tra l’altro a seguire in un concerto questa estate. Poi siamo estimatori di tutta la musica anni ’90, fino agli anni ’60 addirittura i Beach Boys sono un riferimento molto importante per noi che giochiamo molto con le voci. A livello strumentale nel panorama odierno mi piace molto Nils Frahm che è un pianista tedesco.
E se vi chiedessi di farmi il nome di un artista col quale vorreste duettare?
Noi siamo di Ostia, quindi, sarebbe interessante fare il ponte ostia fiumicino con Tha Suprime, poi abbiamo avuto il piacere di conoscere di persona un cantautore molto bravo che si chiama Apice. Sarebbe interessante collaborare con lui o anche con Ginevra.