Mattia Del Moro aveva già convinto con i suoi primi singoli, con il suo sound retrò e chic e con l’attenzione a i dettagli che solo i veri artisti sanno avere. Dopo un anno complesso per tutti ha deciso di tornare in grande stile, pubblicando il suo primo vero disco. È così che per Carosello Records esce oggi “Rendez-vous” un invito, un desiderio, un’esortazione, un sogno che speriamo presto diventi realtà con cui il cantautore-architetto dai tormentoni raffinati invita tutti a riprendersi un po’ della bellezza che ci è stata tolta in questi ultimi mesi.
Senza dimenticarci chi siamo e come siamo cambiati, ancora più consapevoli che quando ci sarà, l’incontro con la musica dal vivo sarà ancora più bello. 10 pezzi intimi e insieme divertenti, sofisticati e al contempo super ballabili che abbiamo chiesto direttamente al suo autore di raccontarci, con la speranza di poterli presto assaporare dal vivo, in un grande e colorato Rendez-vous di persone che si muovono a ritmo di musica.
In questi anni hai già seminato molto, con il tuo primo Ep, “Balìa”, singoli bellissimi e video super cool. L’aspettativa è tanta, sia per il pubblico che anche per te. Quindi ti chiedo, come ti senti oggi, all’uscita del tuo primo album?
Mi sento molto carico e soddisfatto di questa importante tappa di un percorso che, in fondo, non è iniziato molto tempo fa ma che mi ha visto risucchiato interamente, perché è un progetto che va oltre la musica e si esprime in varie forme, soprattutto visive, come hai detto tu.
Hai dichiarato che c’è tanto di questo “anno strano” nel disco. Come ti ha aiutato e come ti ha cambiato nella scrittura il lockdown?
Per natura io sono uno che si fa tante domande, sia come artista che come persona, quindi l’impatto di questa situazione è stato forte. Credo mi abbia aiutato nel relativizzare le priorità, mi ha reso meno proiettato su me stesso e mi ha aperto di più verso gli altri, come quando ti tolgono l’aria e ti rendi conto di quanto è importante.
Nei tuoi pezzi ci sono sempre riferimenti colti, immagini affascinanti, una ricerca estetica e testuale che va oltre. Pensi che questa scelta paghi oggi? Come definiresti la tua musica dall’interno?
Credo che quello che paghi sia la sfida nel cercare di infilarci tutto quello che per me è importante e interessante senza perdere di immediatezza, senza farla diventare una pippa mentale. È una sfida più con me stesso che col pubblico, perché non trovo giusto schierarsi sempre dietro la questione dell’attention span ridottissimo e di assenza di contenuti. Come definirei la mia musica dall’interno? Dall’interno mi sembra sempre tutto un caos, tante domande, tanta voglia di cercare, a tratti buio pesto, e poi qualcuno accende la luce (non sono sempre io a farlo) e le cose acquistano senso.
Rendez-vous è una parola bellissima: nostalgica e allo stesso tempo esortativa. Rappresenta benissimo la tua musica, che contiene entrambi questi aspetti. Cosa vuol dire per te oggi, dopo un anno così, ritrovare il pubblico?
Per me vuol dire ripartire con un’altra attitudine, più volta al presente, più riconoscente. Credo anche però che questo anno abbia cambiato radicalmente la società, come ancora non lo so perché è in divenire, e sono onestamente un po’ spaventato dal risultato.
Le tue canzoni uniscono intimità e voglia di ballare in un mix perfetto. Spero che potremmo ballarle presto. A tal proposito, quanta voglia hai di fare un vero Rendez vous con il pubblico e fare musica dal vivo?
Una voglia indescrivibile.