“Le ombre” (e le luci) di Valentina Polinori: l’artista romana si racconta
Le ombre: è questo il titolo dell’ultimo album di Valentina Polinori. L’artista romana dal 10 marzo ci ha fatto entrare nel suo mondo di buio e di luce, di tesi e antitesi che si riversano in 8 tracce dal suono magnetico. “Le ombre” è un disco in cui musica e strofe si bilanciano nell’intensità e nell’importanza, senza rubare scena. È un disco che riesce, traccia dopo traccia, a dare a chi ascolta la sensazione di essere vistə.
Valentina Polinori è una di quelle artiste che, tramite la sua musica, ti fa venire voglia di conoscerla meglio. La sua musica è una piccola gemma in un panorama attuale dove non fatichiamo a trovare novità, ma arranchiamo ogni tanto a esclamare sul serio: “Wow!”. Probabilmente vi chiederete: “È l’ennesima recensione in cui l’artista viene osannata perché non può essere altrimenti?”. Vi rassicuro – e spero mi crederete: non lo è.
Questa intervista è la possibilità per ogni lettorə di conoscere chi c’è dietro la musica. Chi vi scrive non è capace – e non crede sia giusto – scindere l’arte dall’artista, nemmeno in musica: è per questo che conoscere chi streammiamo nelle cuffie è necessario. Nelle righe successive troverete un’artista che si racconta e che ci fa conoscere un po’ di più della sua musica, della sua vita e delle sue idee.
Prendo spunto proprio dal titolo del tuo album per farti una prima domanda: chi è Valentina e chi è l’ombra di Valentina?
Sono una cantautrice di Roma e allo stesso tempo insegno storia dell’arte a scuola – liceo e medie. Sono una persona abbastanza solare e socievole, sono sportiva e curiosa, forse un po’ frettolosa.
La mia ombra probabilmente è il mio stesso giudizio. Nel senso: alla fine le ombre spesso sono anche causate da noi stessi. La mia più grande ombra è l’essere spesso troppo severa e troppo esigente con me stessa. Questo a volte condiziona il mio umore, perché chiaramente quando sei troppo giudicante non riesci a godere realmente delle soddisfazioni e a prenderti delle pause. Ma sto imparando 🙂
La direzione del suono e la spinta dei testi sono estremamente evidenti in questo tuo nuovo lavoro: quanto è stato difficile (o meno) chiarirli dentro di te?
È stato molto difficile. C’è voluto parecchio tempo, anche per capire come procedere nella produzione. Alla fine, per una serie di motivo, ho deciso realizzare le produzioni dei pezzi da sola per cercare il suono giusto per ogni brano. Sono andata poi da Fabio Grande per finalizzarli e aggiungere qualche dettaglio – qualche strumento analogico – ma devo dire che la quadra generale l’avevo già data. Per quanto riguarda i testi: credo sia un processo di evoluzione abbastanza normale, più scrivi più capisci cosa vuoi dire e come. Sono diventata più pignola e la parte di stesura adesso si compone di tanti passaggi, in cui definisco i testi in una direzione sempre il più minimale ed essenziale possibile.
Tu sei una artista che naviga tra il campo della musica e quello dell’arte. Quanto di te storica dell’arte c’è in te musicista?
Tutto ciò che è visivo ha una grande importanza per me. Probabilmente anche quando scrivo penso per immagini e forse questo aspetto si ritrova nei brani.
Le ombre sono un elemento che spesso fa paura, che ci ricordiamo solo durante il buio. Come mai hai scelto di parlare di ombre e come descriveresti la tua di ombra?
Dopo aver scritto i pezzi mi sono accorta che quello era il loro tratto comune, l’oscurità: erano tutte diverse forme possibili dell’ombra. Sicuramente sono buie ma non per forza negative. In realtà anche solo il parlarne le rende più chiare e affrontabili. Mi sono resa conto che le canzoni erano nate tutte da emozioni difficili, ma che forse in qualche modo erano diventate un modo per stare meglio. Le mie ombre sono i pensieri giudicanti che rivolgo a me stessa.
Per me nella musica un’ombra grande c’è, poco piacevole: quella della mancanza di rappresentazione femminile, razzializzata e anche di un divario nella promozione di artisti rispetto alle artiste. Com’è stato il tuo percorso nella musica?
Cerco di vivere il mondo che vorrei. Quindi diciamo che cerco di pensare e comportarmi come una cantautrice, senza pensare troppo a come il mio genere possa condizionare il mio percorso (anche se so che può essere così). Credo che scrivere musica e provare a far crescere il tuo progetto sia complesso da qualsiasi punto di vista – a meno che non ti capiti la fortuna di avere degli aiuti reali dall’alto.
Il mio percorso è sempre stato abbastanza in salita essendo un’indipendente vera, che si autoproduce completamente da sola. Allo stesso tempo non sono una persona che si autocommisera o si scoraggia facilmente, quindi da quando ho iniziato a scrivere brani ho sempre provato a fare il possibile per migliorare gradualmente il mio progetto, sia da un punto di vista autoriale sia per quanto riguarda gli aspetti accessori (che poi tanto accessori non sono): la grafica, la promozione, la distribuzione. Una cosa di cui sono soddisfatta è che sto riuscendo a trovare tante date e a suonare parecchio live, il che rende la musica qualcosa di molto più reale e soddisfacente.
NdR: Ritengo che sia responsabilità di ogni redattorǝ quella di dare informazioni chiare e giuste a chi legge, anche se si tratta di un’intervista in cui un’artista si racconta. Per questo, voglio ribadire che il mio pensiero in merito alla questione della rappresentazione delle donne e delle persone appartenenti a categorie marginalizzate, nel panorama musicale, è differente da quello dell’artista: abbiamo bisogno di aumentare la nostra consapevolezza in merito a queste tematiche, perché al di là del nostro pensiero personale questo è un problema reale. Tutto ciò condiziona anche i nostri ascolti: fate un check ai vostri preferiti su Spotify e guardate quantз artistз di categorie marginalizzate ci sono.
La musica ha un problema di genere e discriminazione e questo è reale, al di là di ogni singola esperienza.
Virginia Ciambriello
24 anni, nella vita mi perdo tra le strade di Bologna e scrivo tutto il giorno. "Chitarra e voce" sono le mie parole preferite.