Il 31 ottobre è uscito l’album WELCOME di Merifiore, prodotto da Gate 19 con il sostegno di Puglia Sounds. La cantautrice salentina torna nei digital store con un disco pieno di tutto: musica, emozioni, resilienza. Merifiore non si risparmia, ci mostra la grande evoluzione di una donna adulta, che affronta la vita con consapevolezza ma senza perdere la bambina dentro.
Bentornata, Merifiore.
“Welcome“, il tuo nuovo album. Un disco accogliente, ma dove ci fai entrare?
Nella mia nuova fase, la fase di una donna nuova, trentenne, adulta, consapevole ma non per questo meno ironica, sbarazzina e irriverente.
Cosa è cambiato in Merifiore rispetto al tuo precedente lavoro “Dentro”? Hai smesso con le cattive abitudini? Che cosa ti ha ispirata questa volta?
Beh, qualcosina in effetti è cambiata: non mi sfogo più sulle sigarette. C’è più autocontrollo, meno istintività, più azioni controllate dalla coscienza, dipende dai contesti. Il disco, però, è molto istintivo e spontaneo, mi sono concessa di giocare. Nella musica posso esplorare e divertirmi, nella vita quotidiana sono un po’ più disciplinata.
Rispetto a Dentro, sicuramente cambia il suono: in Welcome è tutto suonato, è più analogico, al naturale, pochissimo editing. L’approccio ai testi rimane ironico e provocatorio, ma c’è anche tanta malinconia e profondità.
Mi hai detto che questo è un disco tutto suonato, c’è tanta musica e un grande team dietro. In effetti, si percepisce la varietà del sound, lasciando scorrere le tracce. Com’è stato lavorare a “Welcome” tra Roma e Lecce?
Questo è un disco corale, scritto a più mani. Quest’anno è iniziata una collaborazione con i Salento All Stars, un collettivo di produttori e autori salentini, con i quali è nata una collaborazione per il loro ultimo album e mi sono trovata molto bene con uno di loro, Peppe Levanto, così abbiamo deciso di lavorare insieme anche al mio progetto.
Grazie al supporto di PugliaSounds, in tre mesi abbiamo completato, registrato e prodotto l’opera tra Roma, da cui proviene parte del team, e la mia casa, Lecce. Oltre a Peppe Levanto alla produzione, hanno lavorato con me anche Valerio Smordoni, co-produttore e pianista, e il chitarrista Pasquale Leonardi.
“Bellissimo“: è un pezzo che fa sorridere mentre si piange: c’è tutto! Trasuda speranza anche se racconta un passato, qualcosa che è finito. Che rapporto hai con il tuo passato?
Beh, ho un rapporto positivo. Sono nostalgica ma proiettata verso il futuro. Credo che quando cresci apprezzi e guardi più facilmente al passato, quando sei piccola guardi di più al futuro. Ora abbraccio il passato con il mio romanticismo nostalgico. È vero, in Bellissimo sorridi mentre piangi: è la resistenza dell’esistenza umana, la resilienza, nonostante tutto bisogna andare. È la storia d’amore tra due amanti che sì, finirà ma se ne avrà comunque un ricordo bellissimo da onorare.
In “Nella Mia Casa” dici “ho capito che sognare non mi lascia respirare”, sognare può distrarci dal vivere?
Mi piace che tu abbia colto questa frase, perché non è immediata. Ho passato molti anni della mia vita a sognare, bramare, creare tante aspettative su quello che sarebbe successo, musicalmente parlando. Mi sono accorta di aver perso un po’ di vita nel mentre, dei piccoli dettagli, delle relazioni che non ho sviluppato per paura di distrarmi. Ero alla costante ricerca di quel sogno tanto da non riuscire a mettere radici, creare una stabilità affettiva.
Il sogno è un tranello, non è solo quella cosa attraente, che brilla, può essere anche una voragine in cui cadi. Mi riferisco a quel sognare pericoloso, ossessivo, che mi ha fatto perdere la concretezza delle cose.
Ed ecco che arriva quella donna nuova di Welcome, che se ne sbatte delle aspettative e torna alla vita autentica, semplice. Insieme a questa nuova donna che sono è arrivata anche una musica forte e più viva di prima, con un disco sincero e spontaneo. Nel lavoro precedente ero più preoccupata di raggiungere la perfezione, qui mi sono lasciata andare e mi sono goduta tantissimo tutto.
Ma vai sempre d’accordo con il regista nei tuoi jeans? Cit.
Adoro quella frase! Io mi innamoro spesso, mi piace la bellezza, quella che comunica. Jeans è il pezzo più sbarazzino che richiama un po’ la Meri ventenne, che esiste ancora e continuerà a esistere. Io sono una day-dreamer, mi piace perdere tempo (quando ce l’ho) a immaginare, a sognare, perché mi serve. Viviamo in un mondo pieno di brutture e quel momento sognante mi fa stare bene. Sono innamorata dell’amore, mi piace l’entusiasmo con cui mi approccio ad esso e a tutte le cose.
La magia che accomuna le tue canzoni è la soluzione, sempre presente, anche se fa malissimo, come in “Niente” – “non tutte le cose che hai rotto tornano a posto” e non ci possiamo fare niente. Ti capita di non accettare qualcosa che non puoi cambiare?
Prima mi struggevo molto di più, combattevo contro i mulini a vento. Negli anni ho capito che era uno sforzo totalmente inutile, così il mio mantra è diventato “stic*zzi!”. Non significa fregarsene, ma accettare di non poter modificare qualcosa che non dipende da te, accogliere la fine e il cambiamento. A volte si piange e va bene così, a volte si perde e va bene così.
E ancora, in “Anatre” trasformi le lacrime in un lago dove potersi stendere. Guardi il bicchiere mezzo pieno anche fuori dai tuoi testi?
Anatre è resilienza. Tra la mia vita e la mia musica ci sono tante cose in comune, però non penso che l’artista e la persona debbano per forza combaciare. Nella vita non sono sempre positiva, traggo ispirazione dalla mia stessa musica, prendo la forza dalla mia vita artistica per darmi la spinta quando manca nella mia vita reale. È catartico.
È evidente che nella tua musica ti esponga moltissimo. Questo ti spaventa qualche volta?
Sì, in questo disco mi sono esposta tantissimo. Quando ho risentito le voci mi sono spaventata, perché erano reali, nude e crude. Registrarle è stato molto impegnativo, era agosto ed ero chiusa in sala in fase pre-mestruale, immagina. Come ti dicevo, questo è stato un disco nato di getto, abbiamo lavorato in brevissimo tempo, quello che ho scritto l’ho cantato subito, perciò ero ancora nell’emozione e questo mi ha resa super autentica, sincera. Ho pensato “questa sono proprio io”. Così mi sono buttata, ho accettato la verità e l’imperfezione.
C’è un pezzo al quale sei più legata o semplicemente ti piace più di tutti gli altri?
Ci sono due lati di me. Jeans è la fanciulla dentro di me, Agosto invece è l’altro lato della medaglia della fanciulla, con una maturità in più che ha il coraggio di non nascondere la vulnerabilità, mostrarla come pregio e condividerla. È davvero un disco senza filtri. D’altronde, se fai arte, non ha senso farlo con protezione. Sicuramente ci sarà sempre qualcosa che mostri di meno, però è necessario condividere.
Quando potremo sentirlo live?
Stiamo lavorando adesso alle prove e sta venendo fuori un bellissimo set elettro-acustico per la stagione invernale, con Pasquale Leonardi alla chitarra e il cantautore Mox alla chitarra e ai cori. Lavoreremo anche alla full band, non useremo sequenze, quindi sarà tutto suonato: basso, chitarre, batteria, tastiera e voce. Faremo tre presentazioni a dicembre, Lecce-Roma-Milano; da gennaio si partirà con il tour invernale nei club e poi mi piacerebbe suonare nei festival.