Willie Peyote, la “Pornostalgia” come arma contro la paura del futuro [video]
Cosa avete fatto negli ultimi due anni? Bella domanda, no? Abbiamo fatto tante di quelle cose che a volte sembra come se non avessimo fatto nulla. C’è chi si è laureato, chi ha perso un lavoro e chi ne ha trovato un altro. Chi si è lasciato e chi si è innamorato. In questi due anni in cui tutto si è fermato abbiamo capito quanto sia importante dare valore al tempo. Ci siamo guardati indietro e ci siamo resi conto di avere nostalgia di qualcosa a cui non abbiamo dato pressoché importanza. Un film che ci piaceva guardare con nostra madre o un vecchio libro ingiallito. Questo sentimento è scaturito dalla paura del futuro e di come questo ci faccia aggrappare a qualcosa che c’era già.
La nostalgia come arma contro la paura del futuro
Non a caso Willie Peyote nel suo ultimo disco ci parla di questo concetto. Si chiama Pornostalgia ed è uscito lo scorso 6 maggio per Virgin Records/Universal Music Italia. Un disco che vede la collaborazione di diversi artisti – non solo musicali – come Samuel, Jake La Furia, Speranza, Aimone Romizi dei FASK e il producer Godblesscomputers, ma anche attrici e comiche come Emanuela Fanelli e Michela Giraud.
Pornostalgia è un disco che ricorda parecchio il vecchio Willie Peyote dal punto di vista testuale. Musicalmente parlando si nota una maturità del sound che accompagna fedelmente il suo cinismo. Le parole sono sempre state importanti per Willie, seppur non ami parlare più di tanto. A volte è come se lui dicesse ad alta voce quello che pensa una buona parte di noi. Basti ascoltare il brano Fare schifo con Michela Giraud in cui (finalmente) viene messo in chiaro il concetto di non sentirsi sempre sbagliati quando non abbiamo voglia di fare ciò che ci viene imposto.
In un mondo in cui per forza devono vincere tutti / Fare schifo è una rivoluzione
Quattro chiacchiere con Willie
Willie Peyote l’ho scoperto a un concerto dei Subsonica inizi 2019. Pochi artisti come lui mi hanno coinvolta totalmente per il modo di scrivere e per la dialettica. Willie non è per tutti, ad alcuni sta antipatico, ad altri il contrario. Da sempre mi sono chiesta se lui nel privato sia come nelle sue canzoni. Siamo riusciti ad intervistarlo su Zoom dove abbiamo fatto quattro chiacchiere.
Ecco a voi un estratto dell’intervista (in fondo alla pagina troverete il video completo con l’intera chiacchierata).
“Pornostalgia”. Un album che, come si evince dal titolo, parla di nostalgia. Ti va di parlarci brevemente del disco?
Si parte dal concetto di nostalgia per raccontare delle cose. Che poi io non sono una persona nostalgica sinceramente. Parto dal racconto di situazioni di vita vissuta in questi due anni tra relazioni che finiscono, confronti con il passato, per raccontare come sono stati questi due anni. Mi sono reso conto che il sentimento della nostalgia è abbastanza pervasivo nella vita di tutti noi. Dalle rappresentazioni cinematografiche che fanno reboots di vecchi film al fatto che poi, in qualche modo quando si è fermato tutto, nel primo lockdown ci siamo trovati tutti a non avere più uno slancio verso il futuro e quindi abbiamo riletto vecchi libri, guardato vecchi film e riascoltato vecchi dischi.
Spotify diceva che dall’analisi si ascoltassero più dischi vecchi che dischi nuovi e quindi ho fatto un ragionamento su come in realtà – capovolgendo il punto di vista del disco precedente – tutti avevamo fretta di guardare al futuro. Oggi – invece – ci guardiamo alle spalle quando le cose non vanno bene e di base non riusciamo mai a vivere il presente.
Perché Michela Giraud ed Emanuela Fanelli? Che poi – a parer mio – hanno fatto degli interventi all’interno del progetto notevoli dal punto di vista testuale.
Sono due casi diversi. Sono accomunati dal fatto che provo grande stima per il loro lavoro e siamo anche amici. Nel caso di Michela, lei ha fatto un monologo sul “fare schifo” alle Iene e io stavo scrivendo il brano con quel tipo di tema lì e ho pensato che sarebbe stato bello poterla inserire perché – casualmente – stavo parlando di un concetto molto simile.
Nel caso di Emanuela – invece – le ho chiesto di – in qualche modo – di capovolgere il punto di vista del brano che fa seguito al suo skit. Lei prende il concetto di cui parlo ne Il furto della passione, lo capovolge fino a concludere con la frase: “la felicità non è un furto, piuttosto è un bel risarcimento”, che poi è una bella frase, la più bella del disco secondo me. In entrambi i casi io porto avanti un discorso di contatto che ritengo di avere con la stand up, con la satira, con la comicità italiana perché sono un grande fan e quindi cerco di prendere spunto da loro. Quindi quando posso tiro in mezzo ai miei lavori quegli artisti che fanno parte della scena lì.
Samuel, Jake La Furia e Speranza hanno un ruolo contraddittorio nel disco. Mi piaceva l’idea di mettere collaborazioni che potessero non solo ampliare il punto di vista, ma da un senso anche capovolgerlo.
Ma poi alla fine questa canzone mi sa che più / Che d’amore parla del senso di colpa di essere felici
Anche con Aimone ho visto.
Sì c’è anche Aimone, ma in realtà non mi da mai torto.
“Fare schifo” con la Giraud. “Se non fai i numeri la gente non ti calcola. È una repubblica fondata sull’algebra”. Pensi che oggi gli artisti siano attaccati più ai numeri che alla qualità del prodotto?
Secondo me non è un problema solo degli artisti, ma è un problema di tutti noi. Innanzitutto come consumatori e quindi – di conseguenza – come ascoltatori. Il meccanismo del consumo bulimico va sempre a discapito della qualità perché se devi fare tante cose fatte di fretta e fare in modo che queste funzionino – solo nell’immediato e non in senso futuribile – evidentemente si fa più attenzione ad avere un risultato subito e non a fare qualcosa che possa sedimentare.
È un discorso che dipende da noi come ascoltatori e non solo da noi come artisti. Non ne farei una colpa agli artisti. È proprio il mercato in generale che funziona così, ma funziona anche così il nostro rapporto con la produzione cinematografica, con la letteratura, con la gastronomia. È lo stesso discorso con l’all you can eat, vogliamo mangiare sushi a più non posso pagando solo venti euro ed è evidente che questo va a discapito della qualità. Sono scelte che facciamo come consumatori, quindi dipende da noi.
Un brano che tu dici che ti rappresenta è “Che bella giornata”, scritta il giorno in cui ti sei licenziato. Com’era il Willie Peyote di “Educazione Sabauda” e com’è il Willie di “Pornostalgia”?
Beh sotto tanti punti di vista perché sono passati otto anni da Educazione Sabauda e le cose cambiano. Mi sento anche vicino al livello di idea, di come vivo questo lavoro e di come voglio farlo. Ovviamente sono cambiato – nel senso – quando mi sono licenziato avevo ventinove anni e adesso ne ho quasi trentasette ed è evidente che io sia cambiato tante volte.
È cambiato il mio modo di stare al mondo perché faccio il musicista da quel giorno lì e ho sempre fatto questo nella vita. Cambia la percezione della realtà facendo un lavoro così diverso da quello che facevo all’epoca, per il resto non mi sento così cambiato nelle intenzioni. Ovviamente sono cresciuto come essere umano e questo influenza anche la scrittura.
L’intervista continua su You Tube, guardala qui.
Lucrezia Costantino
Sono una scettica nata e cresciuta in Puglia, milanese d'adozione. Nella mia borsa non mancano mai gli auricolari e le chewing gum. Amo il cinema, i tramonti al mare e i dolci.