Caro Babbo Natale, aiutaci a superare la sindrome di fine decennio

Alessandra Faccini – “Glamour” de I Cani

Caro Babbo Natale,
quest’anno il disco che vorrei trovare sotto l’albero è “Glamour” de I Cani. Ti capita mai di desiderare intensamente qualcosa senza conoscerne troppo a fondo il motivo? Beh, a me sì. Alla fine è quello che un po’ succede con l’innamoramento. Non ci si innamora mai degli occhi, delle mani, della bocca dell’altra persona, ma è solo dopo esser stati colpiti – del tutto impreparati e privi di difese – dal silenzioso lavorìo di Eros, che si cominciano ad amare proprio quegli occhi, quelle mani, quella bocca. Ecco l’Evento. Di eventi, nel corso della vita di ognuno, ne capitano tanti. Lo sappiamo sempre dopo, è questo il bello. E lasciano un segno, una traccia, in grado di modificare irreversibilmente il modo in cui vediamo le cose.

I Cani per me significano anche questo. E se, dei tre album, scelgo “Glamour” è per una sorta di compassione benevola che si ha in genere per i figli di mezzo, per via della loro delicata posizione familiare.

Non è né il primo né l’ultimo, che tipo di primato potrà allora vantare? Complesso, caleidoscopico, policentrico. Non c’è più solo Roma, Niccolò ci vuole fregare quando decide di intitolare San Lorenzo la track 9. Non si tratta di uno dei quartieri universitari della Capitale ma della notte del 10 agosto: “La mia intenzione con San Lorenzo era, visto che ho fatto un disco interamente su di me, fare un pezzo che parlasse di quanto più lontano da me”. È vero, c’è tanto Niccolò, ma ci sono anche i Nabokov, c’è l’impiegato di De André, ci sono I Baustelle, Piero Manzoni e Daniel Johnston tutti insieme, c’è la Sfortuna dei Fine Before You Came. Ci sono anche loro, c’è Niccolò in loro, loro sono Niccolò: “Io voglio raccontare e voglio che mi si racconti”. Caro Babbo Natale, io di “Glamour” mi sono innamorata, ma l’ho scoperto ora.

Roberta Campagna – “Padania” degli Afterhours

Caro Babbo Natale,
visto che la pace nel mondo mi sembra una richiesta troppo grande anche per te, ti chiedo almeno di portare a più persone possibile un regalo che a me continua a piacere anche dopo sette anni e che mi ha rimesso in pace con il mondo. Padania degli Afterhours, infatti, è uscito nel 2012 ma, per me, continua a essere un fedele compagno di vita perché, proprio come tutte le cose belle della vita, è duro, fastidioso e ti fa male all’inizio ma riesce a farti riflettere e attaccarsi a te in maniera inaspettata più passa il tempo.

Siamo tutti figli di quella “Padania della mente”, siamo tutti persi dietro a desideri che rincorriamo tutti i giorni. E, oggi, sette anni dopo, riesco ad accettarlo più di prima. Sarà che sono cresciuta, sarà che certe cose vanno guardate da lontano per apprezzarle di più, sarà che quel disco contiene il singolo omonimo manifesto di questa generazione senza certezze, ma Padania è il mio album del decennio e non è giusto che lo tenga tutto per me. Portalo in Perù, in Russia, in Finlandia… tanto Spotify è ovunque, ma la Padania ancora no. Per lo meno, una Padania così. Grazie e Jingle bell rock a te e tutte le tue renne.

Filippo x Futura1993 – “Polaroid” di Carl Brave x Franco126

Polaroid è un disco che potremmo definire generazionale. Ha rappresentato un vero e proprio spartiacque, aprendo la strada ad un genere totalmente nuovo, quello che una playlist spotify oggi potrebbe definire come Graffiti Pop. Ogni canzone dell’album è un’istantanea di vita quotidiana, dove si uniscono in modo inedito cantautorato e rap, autotune e chitarre, fra malinconia e dolcezza. Noi di Futura 1993 abbiamo seguito Carlo e Franco in tour fin dall’inizio del nostro format, incontrandoli e intervistandoli quando erano ancora in coppia e nelle successive avventure soliste.

Anche singolarmente sono stati notevolmente prolifici, con lavori capaci di alzare sempre di più l’asticella e confermare il segno indelebile da loro lasciato sulla scena musicale italiana. Non sappiamo dove li porteranno questi nuovi percorsi in futuro, quel che è certo è che non smetteremo di raccontarvi le loro avventure.

Francesco Pastore – “A casa tutti bene” di Brunori Sas

Dario Brunori inspira, cattura l’aria carica d’anidride d’odio e rilascia una boccata d’ossigeno destinata a giardini di incertezze e steppe di cinismo. “La verità”, intro e inno generazionale, appartiene alle liriche che leggono le dispnee delle anime errabonde regalando lucida paura e nitida speranza. Canzoni contro la paura sarebbe stato il titolo più appropriato se non fosse che “A casa tutti bene” rappresenta il sarcastico spaccato di una umanità troppo presa dalle proprie latitudini e aliena delle sponde controlaterali. Il canto politicizzato, letto come cura dei cittadini (e Dario, dalla Magna Grecia, ne conosce bene il significato) esplode in quasi tutte le tracce, sempre sul filo tra miele e cicuta. È un lavoro che resterà, come apocalisse di un tratto generazionale e genesi di nuove emozioni filantropiche.

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