10° I Hate My Village – Nevermind The Tempo (72 voti)
Il laboratorio sonoro degli I Hate My Village continua in Nevermind The Tempo, citazione ai due Nevermind più famosi della storia del rock e dichiarazione d’intenti. Più dispari che pari, i tempi della seconda prova della band sono rivolti, proprio come quelli dell’omonimo esordio, ad orecchie avventurose.
Del resto parliamo di un progetto che si nutre dei componenti che ne fanno parte che rigetta i cliché della world music cercando una via personale nel far proprie le musiche del mondo.
Un eclettico mix dalle precise geometrie chitarristiche (math e prog altezza Battles), ritmi e fascinazioni africane tuareg rock/desert blues, psichedelia e naturalmente rock in cui trovano posto una molteplicità di sguardi. Poliritmie e groove alieni (Artiminime) ma anche sgrammaticature highlife (Water Tanks), un corpo sonico vivido in cui non viene mai meno lo spirito libero e divertito con il quale è stato prodotto.
9° Tre Allegri Ragazzi Morti – Garage Pordenone (73 voti)
Garage Pordenone sembra riunire due punti di partenza: il garage, luogo in cui spesso tante band esordienti hanno iniziato a provare, e Pordenone, la provincia a volte non semplice dalla quale vengono i Tre Allegri Ragazzi Morti. Nel nuovo disco, prodotto con Paolo Baldini, i tre friulani mostrano, dopo ben trent’anni di onorata carriera, una freschezza nello sguardo verso il mondo di un’attualità sconcertante.
8° Cesare Cremonini – Alaska Baby (75 voti)
Sono qui per dire che il buon Cesare Cremonini vince a mani basse tra i big della sua generazione (non farò i nomi ma saprete riconoscerli alla categoria “cantautori” classe 1980 e a seguire) che ancora sono in grado di scrivere e produrre canzoni che sono letteralmente in grado di farci volare. In Alaska Baby Cremonini non ha sbagliato neppure una canzone, continuo ad ascoltarlo in loop dalla sua uscita. Confesso che il singolo che ha anticipato l’uscita del disco Ora che non ho più te mi aveva un po’ fatto storcere il naso, poi ad un certo punto mi ha ricordato “Prendila così” di Battisti ed è stato un po’ come tornare a casa a Natale. Non a caso il progetto è nato dopo un lungo viaggio da Bologna all’Alaska passando per l’America.
Che dire poi del duetto con Luca Carboni che segna il suo ritorno sulle scene? Commovente. Ma il mio sì definitivo è per Un’alba rosa un testo poetico, indecentemente romantico che personifica le parole, le fa entrare sotto alle coperte e le fa uscire dalle finestre.
Sorrido ancora una volta ma, è già finita la musica 🙂
di Carmen Pupo
7° Coca Puma – Panorama Olivia (80 voti)
Panorama Olivia di Coca Puma è l’esordio di cui la musica italiana aveva bisogno. Edito da Dischi Sotterranei, il suo primo lavoro è il giro del mondo in 25 minuti. In dieci canzoni, Costanza compone un paesaggio sonoro transoceanico, attraversato da itinerari inaspettati e sorprendenti. La vocazione ambient, sviluppata tra produzioni elettroniche e sintetizzatori, abbraccia una certa inclinazione per la composizione strumentale, il jazz e il soul, tessendo un sound soffice e avvolgente che danza alla perfezione con la vocalità felpata di Costanza.
Pieno di battiti e pulsazioni, scanditi ora da un certo groove, ora dalla cassa dritta e da impennate di drum&bass, Panorama Olivia è un disco che si muove, come il paesaggio rarefatto che guardi dal finestrino dell’auto mentre torni a casa. Ascoltandolo, ci affondo dentro: vedo il cielo che cambia colore tra la notte e l’alba, il mattino illuminato a metà, carico di quel presentimento sciocco e contento che tutto andrà come deve andare.
di Erica Verdecchia
6° Anna Castiglia – Mi Piace (81 voti)
Immaginatevi una lavatrice di suoni e influenze: pop, R&B e swing che si mescolano in una centrifuga dal profumo fresco e sofisticato. Le 12 tracce ci guidano lungo un percorso fatto di fragilità personali, amori finiti e un legame profondo con le sue radici – il tutto impreziosito da una maturità artistica sorprendente per un primo lavoro.
Anna Castiglia non si piega a formule preconfezionate: ogni pezzo è autentico, vivo, e profondamente suo. È audace, brillante e piena di carattere. Se questo è solo l’inizio, il futuro non può che riservarci grandi cose.
di Victoria Beni
5° Vasco Brondi – Un segno di vita (85 voti)
Ascoltando i singoli e le collaborazioni rilasciate prima dell’uscita di questo disco, era lecito chiedersi se le metafore e le immagini che hanno reso i testi di Vasco Brondi l’inno di una generazione si fossero esaurite. Gli uragani con il tuo nome cominciavano a essere un po’ troppi, i futuri errori da commettere un topos ricorrente. Con l’uscita di Un segno di vita, questi dubbi sono stati, fortunatamente, fugati. Vasco Brondi ha intrapreso una strada più pop, ma di quel pop elaborato e ben costruito. Torna la produzione di Federico Dragogna, che lavorò a Costellazioni proprio 10 anni fa, assieme a collaborazioni inaspettate (ma certo non inconsuete) e speciali, come Fuoco dentro cantata insieme Nada.
Un album che svela un Vasco Brondi meno mistico e forse un po’ più mondano rispetto al passato, capace ancora una volta di fare quello che da quindici anni continua a fare in maniera ineccepibile: narrare storie vivide, precise e colme di emozioni, concedendoci di urlarle in una catarsi collettiva piena di strumenti e musicisti.
di Filippo Colombo
4° Post Nebbia – Pista Nera (86 voti)
A neanche un mese dalla sua uscita (22 novembre), Pista Nera conquista il quarto posto in classifica, confermando il posto saldo che i Post Nebbia sono riusciti a ritagliarsi nel panorama musicale italiano. Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani: per farsi coraggio, piano dopo piano, si ripete “Fino a qui tutto bene”. Come il film Le Hain di Mathieu Kassovitz, anche la giovanissima band padovana, al suo quarto lavoro, si domanda se sia possibile frenare l’inarrestabile declino sociale.
Metafora non di una discesa, ma di una rovinosa caduta, Carlo Corbellini ha scritto un disco disilluso, ma non nichilista: le 12 tracce sono istantanee del precipizio, un piano in meno che avvicina all’impatto, ma sono piene della rabbia indispensabile per invertire il senso di marcia. Con un sound sperimentale, denso di distorsioni psichedeliche, suoni acidi tra il post-rock e il krautrock, Pista Nera dipinge un paesaggio sonoro scuro ma magnetico, in cui è impossibile non perdersi. Ma alla fine della pista cosa c’è? Il problema non è la caduta, è l’atterraggio.
di Erica Verdecchia
3° Mace – Māyā (102 voti)
Sulla base del podio dei migliori dischi italiani del 2024 decretati da voi abbiamo Māyā di Mace
Non ripetersi, osare, far incontrare artisti di diversa generazione, puntare sugli emergenti, lavorare sulla musica “suonata” e strumentale, cercare un sound nuovo che non si limiti: molte delle stelle polari di Mace sono quelle, in molti casi, che non vengono seguite dal mainstream italiano, che preferisce la semplificazione alla ricerca. Eppure Māyā non è un progetto di “nicchia” o di “avanguardia”, ma è perfettamente calato nel pop (nell’accezione positiva di “popolare”) di successo dei tempi d’oggi. In poche parole: Mace che cosa ci sta dicendo? Che un altro mainstream è possibile.
2° Cosmo – Sulle Ali del cavallo bianco (109 voti)
Il secondo tra i migliori dischi italiani del 2024 se lo aggiudica il nuovo lavoro di Cosmo.
La musica di Cosmo è sempre stata diversa. È clubbing, è pop e tante altre cose. Canta e suona la sua vita, le incertezze, Ivrea e la provincia. Sulle ali del cavallo bianco è il quinto album di Marco Jacopo Bianchi ed è così diverso dagli altri. Alcuni veterani hanno storto il naso poiché il prodotto finale non è il solito materiale alla Cosmo. È un disco sperimentale che smuove corpo e mente e che porta l’ascoltatore su un pianeta tradizionale, ma allo stesso tempo eclettico. Si passa da pezzi leggeri come Gira che ti gira a pezzi come Troppo forte in vero stile Cosmo. Insomma, Sulle ali del cavallo bianco è un disco diverso che non tutti possono apprezzare. E menomale mi vien da dire.
Brani suggeriti: Talponia e Troppo Forte
di Lucrezia Costantino
1° Emma Nolde – Nuovospaziotempo (114 voti)
Il futuro musicale di questo 2025 ormai alle porte è pieno di domande inesauribili. Fra tutte, spicca l’interrogativo che Emma Nolde lancia sulle note del suo ultimo recentissimo disco, NUOVOSPAZIOTEMPO: dove saremo? Una domanda riguardante il futuro che si colloca nello spazio, in un dove ancora sconosciuto, come le persone che in quel domani incontreremo. O come quelle già incontrate ieri ma ormai dimenticate, perdute. Quest’album – votato da voi come il migliore disco italiano del 2024 – è una capsula di sonorità ipnotiche ma vibranti, capace di aprire le porte al nuovo e all’inaspettato: un Punto di vista che diventa Punto di domanda, e viceversa. Una riflessione quasi sospesa, ma già protesa in avanti, verso quel dove indefinito che ogni nuova musica attende sempre.
di Monica Malfatti
La Redazione
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