I fantasmi dei Gomma siamo noi quando ci percepiamo invisibili
La Santa Messa dei Gomma si apre nel nome di fantasmatiche presenze, allo stesso modo in cui esordisce la tragedia shakespeariana dell’Amleto. Al cambio della guardia lo spettro fa la sua prima apparizione, poco dopo la mezzanotte. Rimane però muto, e poi si dilegua.
Parlano, invece, e lo fanno da subito, altri fantasmi.
Sono le voci narranti della seconda track (andate ad ascoltarla: QUI) dell’album Hanno paura di guardarci dentro (2014) firmato Le Strisce, l’ormai (ahimè) “defunta” formazione napoletana da cui ha preso le mosse l’attività di Davide Petrella, ora autore richiesto e solista più o meno improvvisato. È l’onnipresenza pervasiva di questi personaggi incorporei a farla da padrone in tutto l’arco del brano:
Siamo con te nella notte/Siamo con te sempre/Fantasmi, che/Non ti hanno lasciato mai.
L’illusione destinata a rimanere tale di riuscire, prima o poi, a liberarsene, di credere “di aver trovato te stesso, negli occhi di una donna o nelle tue canzoni”. Ma alla fine loro continuano a sapere tutto di te, continuano a essere “i tuoi sogni cancellati, il tuo lavoro sbagliato, i tuoi anni che tornando indietro”. E se non sono lì con te, lì dove sei tu, nessuna cosa “realmente” esiste. I fantasmi de Le Strisce rappresentano lo straniero che dimora dentro ad ognuno di noi e che si aggira sinuosamente nella terra di mezzo tra il corporeo e l’incorporeo, termini antonimi che sin dall’epoca degli stoici giocano un ruolo fondamentale nella definizione del microcosmo umano.
Ma fantasmi possiamo esserlo anche noi e questo accade quando ci percepiamo invisibili agli occhi degli altri e in mezzo a loro.
Un grido strozzato, “mi sa che non mi senti”. Il disagio di chi non viene o non vuole essere visto. Il piano di sopra che “non sa di noi del piano di sotto”. Nessun sospetto. La paura dell’indifferenza (o peggio ancora, della diffidenza) altrui che potremmo arditamente e provocatoriamente estendere alla situazione politica di oggi. In un certo senso è allora anche un “richiamo all’ordine” per gli inquilini dei piani alti: volgere lo sguardo, uno sguardo umano ma per davvero, ai vicini “del piano di sotto”, a chi sta ai bordi della società, agli esclusi, ai diversi.
Hanno tutti da pensare alla messa della domenica, ma oggi non è domenica e a noi non va più.