Il “de-cretino” anti-rave incastra i più pericolosi criminali del nostro tempo: i giovani
Il giorno 1 della pandemia, di fronte a tutte le difficoltà che si stavano schiantando contro tutti e tutto, ci fu un’unica e grande certezza in Italia. Niente concerti. Locali, club, discoteche chiuse. Il nemico numero 1 era stato individuato, la maggior fonte di rischio sedata e repressa. E ci vollero mesi, molti mesi, affinché si potesse tornare a un qualcosa di anche solo minimamente vicino allo stato delle cose pre-pandemico.
Curioso, oggi, che il nuovo esecutivo decida come biglietto da visita di fare fondamentalmente una cosa simile. Puntare il dito contro i giovani, contro la loro voglia di radunarsi, divertirsi, ballare.
Era evidentemente un’urgenza che non poteva aspettare. Questo spiega la scelta del decreto come formula legislativa, se non fosse che il decreto, entrato in vigore con la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale, sia arrivato a rave sgomberato.
Oh, chiariamoci, i rave sono per definizione illegali. Si occupano spazi abbandonati e con un passaparola, ai tempi nostri grazie ai social, ci si dà appuntamento. Si approfitta di ponti, di quei momenti del calendario che permettono 2, 3, 4 giorni di festa consecutivi. Perché di questo si tratta per i ragazzi che ci partecipano, una festa. Non c’è nessun intento delinquenziale, anche se sì, si infrange la legge.
Dall’occupazione, dall’assenza di permessi e sistemi di sicurezza varia, capita vi siano minori e capita che alcuni/molti/parecchi usino ed abusino di alcool e droghe (ma questa non è prerogativa dei rave, è trasversale alla società in cui viviamo).
Sono appuntamenti che avvengono almeno una volta all’anno, e nessuno dei partecipanti si teletrasporta. Lo si sa alla fine dove e quando avverrà. A Modena le forze dell’ordine avevano bloccato l’autostrada proprio perché sapevano che ci sarebbe stata una fiumana di persone che si sarebbe diretta verso il capannone dello scandalo.
Non c’era urgenza, si poteva prevenire e/o si poteva legiferare a cose fatte, nessuna istanza che richiedesse un decreto legge.
Ma si è scelto di “dare un segnale”. Quale sia poi questo segnale è difficile da capire, se non ancora una volta dimostrare che tra mafiosi, corrotti, imprenditori che fanno bancarotta fraudolenta, truffatori, caporali, i primi a essere additati come pericolosi criminali siano i giovani che godono nel passare giornate a danzare a ritmo di musica.
Che l’occasione del rave sia pretestuosa lo si capisce poi principalmente dal dettaglio del “numero”, 50 persone sono il minimo di persone radunate al cenone della vigilia in qualsiasi casa da Procida in giù.
Un ministro degli interni che decide di entrare a gamba tesa su una questione giovanile, su un fenomeno che riguarda in qualche modo lo spettacolo; un atto di forza, di coercizione, sicuramente di legalità, ma che candidamente, evidentemente, rivela l’inefficacia delle leggi vigenti e l’incapacità delle forze dell’ordine di saperle fare rispettare.
Prendiamo atto quindi di tale deficienza da parte di agenti, prefetti, questori e legislatori.
Ho sentito anche tirare in ballo la legalità a cui sono soggetti i proprietari di locali, discoteche, etc. che si fanno in 4 per rispettare tutta la normativa vigente in materia di pubblico spettacolo: vero; a loro viene chiesto di tutto per mantenere ordine e garantire sicurezza nei propri locali, ma onestamente nessun proprietario di attività del genere vede i rave come “concorrenza sleale”. Uno o due eventi all’anno sono un unicum: è come se la UEFA si sentisse minacciata e oltraggiata dal calcio storico fiorentino.
Cosa accadrà adesso? Nulla. Semplice, come sempre questo provvedimento porta con sé solo propaganda; verrà ridiscusso in parlamento (dubito finisca nel dimenticatoio perché sarebbe troppo palese la sua inutilità), verrà modificato e diventerà qualcosa che non aggiunge nulla all’attuale legislazione in materia. Una prova muscolare dunque del nuovo esecutivo non distante (eufemismo) a tutte le altre che in questi giorni si stanno palesando.