Marlene Kuntz: cosa hanno insegnato alla loro generazione
Se siete qui non è perché ascoltate i Marlene Kuntz. Se siete qui è, innanzitutto perché vi piace la musica, poi perché siete nostalgici e, infine, perché almeno una volta nella vita, avete ascoltato con stupore un brano dei Marlene. Sempre qui, ci limiteremo a raccontare non la loro storia (aprite il web, ne troverete a bizzeffe), bensì un sentimento, un’emozione, una sensazione. Le tre facenti parte tutte del cult marleniano.
Marlene Cult
Ho appreso con tempo e dedizione che ascoltare i Marlene Kuntz significa inseguire la seduzione letteraria-musicale. La generazione cresciuta con la band piemontese, infatti, è stata indottrinata precisamente verso qualcosa che andasse sempre oltre il superficiale, qualcosa che divorasse le aspettative e nutrisse lo stupore. Allo stesso tempo, questa generazione ha imparato che la musica è anche qualcosa di molto certo, nel senso che dona letteralmente certezza. Per spiegarmi meglio introduco una frase che mi tormenta da sempre, ed è quella per cui un tizio una volta mi disse che “de André racconta il dolore, ma non vi offre soluzioni”. È una verità, ahimè, tangibile, che non calza, però, poi così bene con il poeta dei poeti musicali. A tal proposito, sapete chi mi ha dato da subito sensazione di offrirmi qualche cosa certa? Eh già, proprio loro: i Marlene Kuntz.
Certezza, poesia contemporanea, musicalità brutale e scrittura d’altri tempi: sono queste le quattro caratteristiche che fanno della band un cult nella musica italiana.
L’estensione in prosa
“Dare alle canzoni un’estensione in prosa”: questa l’intenzione del frontman Cristiano Godano dei Marlene Kuntz quando nel 2019 ha scritto e pubblicato “Nuotando nell’aria“. Il libro, omonimo del noto brano, contiene racconti dietro la scrittura dei primi tre album della band: Catartica, Il vile e Ho ucciso paranoia. L’estensione in prosa di cui parla Cristiano spiega perfettamente la linea narrativa dei brani, i quali possiedono un potenziale testuale da far invidia a tanti poeti.
Tra parentesi, non figurate, “Nuotando nell’aria” è un libro di cui consiglio la lettura a prescindere da quanto si sappia dei Marlene Kuntz. È una sorta di vademecum di come si sta in una band, in tour e… dai, posso dirlo, di come si fa musica nel senso più totale del termine. Questo libro mi ha riportata alla naturalezza della musica, mi ha ricordato di quando io, tredicenne e ancora informe, giravo per le sale prova della mia minuscola città giocando a fare la rockstar. Si suonava per il semplice gusto di farlo: no autotune, no social, no Instagram stories, no like, no riduzione al minimo degli strumenti in sala, e no… money. In tasca giravamo con qualche spiccio, e quelli erano tutti i soldi che avevamo.
Testi vs musica
Ad esser sinceri, però – ricordando che questa è sempre la sede dove il “devo dirla tutta” è un impegno morale ed etico – ho preferito spesso spegnere la musica kuntziana per limitarmi a leggere i loro testi. La capacità di scrittura dei Marlene a volte ha superato quella musicale, nonostante il frontman stesso dichiara che nella composizione dei loro brani, la musica arriva sempre prima della stesura dei testi. Questo perché i loro suoni – diciamocelo – oggi (sottolineo oggi) non sono fatti per tutti e rappresentano l’esatto contrario dei loro testi. Aggressivi (per non dire cazzuti), invadenti, discordi. Ma è questa la musica del gruppo piemontese, e oggi (ripeto, oggi) la si apprezza con calma.
Cristiano Godano (di cui ne abbiamo dolcemente parlato qui) è uno scrittore più che capace. Non è questa la sede dove elogerò le sue capacità – di cui lui stesso ne è consapevole e fan – ma stiamo parlando di un fatto più che oggettivo. La sua scrittura, però, non è quella di un mero scrittore, quanto più di un artista riscopertosi, poi, scrittore. Il lato artistico di Godano è un vezzo all’interno delle sue parole e si vede tutto. Supponiamo, ad esempio, di non conoscere assolutamente nulla di lui, di non sapere nulla sulla sua carriera artistica musicale né che abbia mai cantato nei Marlene Kuntz e supponiamo, poi, di leggere un suo articolo. Alla seconda frase saremmo già in grado di percepire che quelle parole sono opera di un artista.
La seduzione delle immagini
Tutto ciò per dire che il trattare i propri brani come prosa e il saperlo fare, oltre all’avere una capacità di scrittura ricercata e a volte vezzosa, conduce verso un risultato magnifico: la seduzione poetica. Per i dizionari online la parola seduzione significa fascino, capacità di suscitare un’attrazione viva o addirittura irresistibile. La seduzione è un altro concetto con cui nella letteratura dobbiamo fare i conti esattamente come si è fatto con la “bellezza”, che erroneamente veniva e viene intesa come qualcosa di inerente solo all’aspetto esteriore delle persone. La bellezza, così come la seduzione, è uno stile di vita, è un modo di guardare le cose, di viverle, di sentirle.
Per suscitarvi quella sensazione del cult dei Marlene Kuntz, infatti, ho scelto la parola seduzione. C’è una certa tessitura nelle immagini marleniane (o kuntziane) tipica degli artigiani che trattano un prezioso materiale. Un’immagine che, ad esempio, mi sovviene pensando alla loro arte di tessere, è quella contenuta nel brano (omonimo) “Seduzione” (è un caso) dell’album “Nella tua luce“, che da anni risuona nella mia testa per la sua soffocante e analitica bellezza:
Scegliere certi colori meno audaci / per dare vita ai sogni spudorati / di chi cova rossissima passione / è un gesto che chiamo seduzione
L’immagine richiamata è troppo grande per spiegarla, implode, e di solito succede così per le cose seducenti.
Inseguire la seduzione
Ma l’inseguimento alla seduzione continua e qui, che non stiamo di certo a raccontarvi una storia, bensì una sensazione (in questo caso la seduzione), riportiamo alla luce perle che negli anni ho individuato e salvato in un taccuino. Queste perle, ovvero strofe molto belle, richiamano la seduzione perché trasportano un’attrazione verso delle immagini evocate con cui la generazione precedente è cresciuta.
1. Avere fede in sé è la priorità / illimitata e indubitabile / fede che non sa che cosa farsene /della convalida della comunità
Qui sopra, ad esempio, v’è una forma elegante e sapiente del ben parlare. La strofa offre due certezze: credere in sé è innanzitutto una priorità, e, farlo, induce intelligentemente a ignorare il parere dei molti. Il brano è “Il genio (l’importanza di essere Oscar Wilde)” dell’album “Nella tua luce”.
2. Pelle / È la tua proprio quella che mi manca / in certi momenti e in questo momento / è la tua pelle ciò che sento nuotando nell’aria
“Nuotando nell’aria” di “Catartica”, invece, offre di nuovo seduzione nell’immagine evocativa di un amore assente, ma che diventa presente al ricordo del tocco tangibile della pelle.
3. È una questione di qualità / la tua presenza rassicurante e ipnotica / mi affascina / e gioca col mio senno / e ne lascia ben poche briciole
Il brano “Musa“, dell’album “Uno”, è uno dei più sottomessi al fascino dell’amore di tutta la loro collezione. Resa è la parole chiave, quella di cui la generazione presente non è abituata a conoscervi il significato. Resa di fronte la bellezza di un sentimento, resa di fronte l’ammissione della sottomissione.
4. Noi cerchiamo la bellezza ovunque / e passiamo spesso il tempo così / senza utilità, quella che piace a voi / senza utilità, perché serve a noi
“Bellezza” di “Bianco Sporco”, il cui testo dona una seducente certezza. La certezza che al mondo esiste un gruppo di individui in cerca di bellezza, i cui membri possono essere amabili o succubi, sereni o cupi, candidi o colpevoli. Tutti possono farlo, e solo voi ritenete utile sprecare tempo a cercare l’utilità.
Il lascito alla generazione
Questo breve, brevissimo elenco di fronte la lunga lista di brani più che riusciti, contiene ripetutamente la parola seduzione che, senza neanche troppo pensarci, è stata la sensazione più comune in me provata durante l’ascolto dei Marlene Kuntz.
La generazione cresciuta con loro, è stata abituata a ritrovarsi ammaliata dal dono delle parole e di una musica a volte incomprensibile, ma proprio per questo seducente. La metà degli anni ’90 e i primi dieci dei 2000, ha affrontato quell’invidiabile fase in cui la musica ha offerto certezze. Ed esse, unendosi alla semplicità, e, appunto alla seduzione, spiegano perché quella generazione fatica ancora ad accettare la nuova musica.
La sensazione lasciata alla generazione dei Marlene Kuntz è quella di potersi sempre ed inevitabilmente fidarsi della musica. Un lascito più che indistruttibile e immortale.
Cristiana Dicembre
Ho iniziato a scrivere per pensare ai fatti miei, ora scrivo solo di quelli degli altri. Di solito mi faccio descrivere dalla musica che più mi piace, per esempio: il mio album preferito ha una banana sullo sfondo.