Il cuore, unica macchina che ambisce alla perfezione di Carnot, come prisma emotivo. Lauretta Grechi Galeno è proprietaria di un abbraccio musicale più che di una struttura statica: Emilya ndMe. Dopo aver fatto esplodere le emotività più recondite con Snow, torna con Yellow Led. Laura sceglie sempre proiettili blindati.
La luce di cui si parla, puntiforme e morbida, è legata alle difficoltà della Vita, quella dei grandi passi, delle sbandature anchilosanti, delle mani lercie. Il motore della canzone, della storia raccontata nel video, è il ricordo della mamma. La fotografia, l’album dei ricordi segna una catena sanguinante che l’artista cerca di addolcire rivelando ogni difficoltà, ogni debolezza emotiva di chi ascolta. L’empatia dolorosa che si crea, enfatizzata da un video dalle grottesche tinte pastello, introduce un vuoto che cammina parallelo ad una spiazzante speranza.
La rotta è chiara: il dolore, la difficoltà è parte di noi, cammina su un binario parallelo fatto di affetti profondi e nuvolose certezze. Il rapporto con l’Eterno, con un Dio etereo e capace di prenderci per mano, è esaltato da un testo scarno e dalla struttura volutamente organizzata come una preghiera universale. È la trama del dolore personale tradotta nella positiva energia che poi siamo capaci di far esplodere nel mondo. È la Fede che chiacchiera con la Razionalità. Scalare una montagna, guardando avanti senza dimenticare l’abisso. Abbiamo fatto una chiacchierata con Laura, in un pomeriggio di fine estate.
Ciao Laura. Come nasce il progetto Emilya ndMe?
Il progetto di Emilya ndMe è nato da SNOW. Dopo averla scritta ed arrangiata ho capito che era arrivato il momento di intraprendere un percorso più personale e allora ho dato un’identità a questa idea creando Emilya ndMe , dimensione in cui posso esprimermi senza compromessi a livello musicale e di genere.
Descrivi il progetto Emilya ndMe come se fosse una definizione enigmistica. Breve, concisa.
Emilya ndMe è un flashback rock con lo sguardo inchiodato all’istante subito dopo.
Il tuo è un percorso particolare, sia umano che professionale. Sei cantante, scienziato, figlia. Come sei riuscita o non riuscita ad amalgamare te stessa?
Si è vero, ho studiato musica fin da piccola e poi ho conseguito un dottorato in ambito scientifico. Pur essendo riuscita per molti anni a lavorare di giorno e a suonare di notte, mi sono resa conto di aver coniugato le due cose solo in termini di organizzazione del tempo ma non dentro di me. Provavo un forte senso di oppressione e inadeguatezza ma l’ho capito strada facendo: nel momento in cui ho lasciato il lavoro in ambito scientifico mi sono sentita totalmente libera come non mi era mai successo prima e ho dimenticato molto di quella duplice vita precedente. Nonostante le difficoltà e i pochi soldi in tasca se paragonati allo stipendio sicuro di un paio di anni fa, non tornerei mai indietro. Essere figlia di mia madre, invece, è stato semplice e naturale, mi dispiace solo che non possa vedere quello che ho fatto negli ultimi 10 anni ma comunque nei miei pensieri c’è sempre e le dedico ogni cosa.
Parliamo di Snow ed Yellow Led. La musica come palliazione, come terapia.
La musica è la mia casa, rifugio, psicologo, farmacia e beauty farm, ahahah… Snow e Yellow Led sono la risoluzione di tante questioni in sospeso, la maturazione di un vissuto incasinato e mi sono serviti per buttar fuori un bel pò di rabbia e malinconia che mi porto dentro. Snow è il racconto delle ultime ore assieme a mia madre. Yellow led invece, racconta delle sensazioni e riflessioni nei mesi successivi, non in modo esplicito sicuramente perché non è il mio modo di scrivere.
In Yellow Led ci parli del tuo rapporto con la Fede e la razionalità. È un tema difficile…
Eh, bella questione.. è difficile ma penso che molta gente viva questo conflitto atavico. Io non ne vengo a capo: sarebbe più facile credere ad un altro mondo dove tutto si conserva al contrario del nostro, dove tutto ha una data di scadenza stampata sopra. Eppure alcuni giorni ho la freddezza di guardare la realtà con occhi critici e scettici, altre volte mi pare invece limitante perché un’energia che scorre in natura la sento e sembra trascendere dal tempo e dalla materia. Yellow led racconta di questo ma da un punto di vista strettamente personale senza grandi riferimenti a massimi sistemi filosofici.
Hai paura del dolore o del non riuscire a sentire più il dolore? Parli di cecità in Yellow Led. È una cecità anche emotiva, immagino.
Ho molta paura del dolore, ho paura di ritrovarmi di fronte a situazioni di impotenza, ho paura di dover dire addio alle persone che amo. Ho molta più paura adesso di quanto ne avessi un tempo e soffro molto più adesso di prima. Mi fa paura questo mondo, la violenza spropositata che c’è. La cecità di cui parlo in Yellow led è un riferimento all’idea religiosa di cecità come incapacità di credere in Dio, di avere fede. È una metafora spesso usata nei testi sacri. Yellow led è la luce, appunto, che mostra le cose in un’ottica a volte differente da come appaiono, in quei momenti in cui mi pare di riuscire a credere in un’altra dimensione. È a quella luce lì , “yellow led” appunto che mi rivolgo nel testo. Yellow led è quella luce che guardo alla fine del videoclip.
Il video è una giornata qualunque. Colori pastello, sorrisi e abbracci dolorosi. Se il tema è simile, come giudichi le scelte stilistiche cromatiche dei due video?
Il tema di SNOW e Yellow Led è collegato ma descrivono uno, SNOW, la convulsione di momenti veloci ed impietosi mentre l’altro, YELLOW LED, i mesi successivi a quelle ore, fatti di silenzi di piombo, giornate di solitudine, alternate a momenti più leggeri fatti di amici, concerti, famiglia, qualche viaggio, insomma il tentativo dell’essere umano di andare avanti. I colori del video clip di SNOW sono vicini a quelli della neve caduta da un pò e che si sta per sciogliere: grigio, bianco , ombre e la luce rosata sullo sfondo, là dove dovevo ancora arrivare. La color di yellow led è pastello, luminosa come una fotografia su carta KODAK, è la luce della vitalità.
Il rapporto con la tua terra.
Ho un rapporto splendido con la mia terra: cresciuta a Sarzana, ho avuto la fortuna di star sempre molto a contatto con la natura: un mare spettacolare e boschi e prati stupendi sempre a portata di mano. Ho voluto fortemente girare il video clip di Yellow Led in quei luoghi che amo tantissimo.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Un lavoro più sistematico è in previsione? Oppure vuoi creare una catena di storie?
I miei progetti futuri riguardano un disco che spero uscirà entro la fine dell’anno e che conterrà anche Snow e Yellow led. E poi l’intento è quello di suonare per la gente, in giro, tanti live!
Torniamo indietro: la gavetta, lo swing. Sei un animale da palcoscenico?
Il jazz, lo swing mi hanno insegnato molto anche dal punto di vista del saper stare sul palco, ad ascoltare i musicisti che condividono con te quelle ore di musica, a stare assieme durante la performance. Ho imparato molto anche da altri generi come l’elettronica: non affatto banale districarsi in live tra macchine e synth. Non so se posso definirmi un animale da palcoscenico ma sicuramente una volta salita sul palco, cambio di personalità e do il massimo… I momenti precedenti al live sono invece di alta tensione!
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